Oggi nuova giornata di mobilitazione per il clima lanciata dal movimento globale dei Fridays For Future. Sono passati cinque anni dal 15 marzo 2019, data del primo sciopero globale per il clima, più precisamente dal 19 aprile 2019 giorno in cui Greta Thunberg riceveva dal segretario generale Maurizio Landini la tessera onoraria della Cgil prima di partecipare alla manifestazione sul clima di piazza del Popolo a Roma.

Cinque anni di mobilitazioni per il clima, di azione per la giustizia climatica e sociale, di convergenza delle lotte per il clima, l’ambiente, il lavoro, la pace e il disarmo, la giustizia sociale, i diritti umani. Da parte dei governi, invece, solo promessi e false soluzioni sul fronte climatico, in un contesto globale sempre più segnato dalle guerre e dalla corsa al riarmo.

State of Global Climate, il rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) ha lanciato l’allarme sulle temperature medie globali, che nel 2023 sono state di 1,45°C superiori rispetto ai livelli pre-industriali, avvicinandoci pericolosamente al limite di 1.5°C e causando aventi estremi, come inondazioni, cicloni tropicali, ondate di calore, siccità e incendi, che hanno aggravato l’insicurezza alimentare, le migrazioni e gli impatti sulle popolazioni vulnerabili.

Il comunicato stampa di presentazione del rapporto, a proposito del caldo estremo che ha colpito molte parti del mondo, cita anche l’Italia che, nella seconda metà di luglio dell’anno scorso ha raggiunto temperature di 48,2°C. Il caldo estremo dell’estate scorsa sarà la normalità degli anni a venire, le alluvioni nei nostri territori sono sempre più frequenti, in Sicilia è già stato dichiarato lo stato di crisi idrica da tempo preannunciando i problemi idrici che dovremo affrontare quest’estate in ampie zone del Paese.

Il nostro Paese dovrebbe mettere in atto azioni concrete e ambiziose, per onorare le proprie responsabilità storiche e pro-capite rispetto alle comunità e alle aree più colpite dal cambiamento climatico ma che hanno responsabilità irrisorie. Dovrebbe farlo anche perché siamo un Paese ad alto rischio, perché abbiamo una dipendenza energetica insostenibile e perché, invece, potremmo trarre enormi benefici economici e sociali dalla transizione, se governata con politiche di giusta transizione.

L’Italia ha infatti le capacità finanziarie, tecnologiche e manifatturiere per guidare questo processo e puntare alla piena e buona occupazione. In questo periodo in cui presiede il G7 il nostro Paese dovrebbe avere un ruolo guida spingendo per l’assunzione di impegni esemplari. Invece, il governo sta aggiornando un Pniec fallimentare, con una strategia energetica incentrata prevalentemente sull’incremento delle importazioni e le infrastrutture per le fonti fossili, con un’ipotesi di riduzione delle emissioni al 2030 del 40% a fronte di un target europeo del 55%.

Al tempo stesso il governo promuove un Piano Mattei, proprio di questi giorni le intese con il governo tunisino, mirato allo sfruttamento delle risorse naturali dei Paesi africani in un’ottica colonialista e di criminalizzazione delle migrazioni, che non tiene in alcun conto il tema dei diritti umani, dei bisogni e della partecipazione delle popolazioni locali, della necessità, e delle responsabilità anche del nostro Paese, di riparare i danni e di ridurre le disuguaglianze, attraverso misure come la cancellazione del debito.

Anche in Europa le cose stanno cambiando: Il green deal ha subito gravi battute di arresto e di arretramento, il governo italiano si è opposto a tutte le disposizioni del green deal, e la politica europea è sempre più orientata alla difesa e alla spesa militare che non alla transizione ecologica e alla spesa sociale. Per tutti questi motivi, anche in considerazione dell’avvicinarsi delle elezioni europee, portare avanti la lotta per una giusta transizione che metta al centro il lavoro, il clima e la pace è essenziale.

Oggi saremo in piazza con tutto il movimento per il clima per rivendicare una giusta transizione, un’economia di pace al servizio delle persone e non del business e del profitto: politiche pubbliche fondate sul lavoro, cooperazione, sostenibilità, lotta alla crisi climatica con l’uscita dai combustibili fossili, superamento dei divari tra Nord e Sud del mondo, diritti, giustizia sociale e piena e buona occupazione, partecipazione e solidarietà, il cessate il fuoco in tutte le guerre, il disarmo.

Simona Fabiani è responsabile Cgil nazionale delle Politiche per il clima, il territorio, l'ambiente e la giusta transizione