Il 2026 non sarà un anno qualsiasi in Corea del Sud. Da marzo entrerà in vigore l'emendamento al Trade Union and Labour Relations Adjustment Act (Tulraa), che per la prima volta r iconosce il diritto alla contrattazione collettiva anche ai lavoratori precari , subappaltati e camuffati dietro contratti atipici. Una conquista attesa da oltre vent'anni, ottenendo al prezzo di scioperi, manifestazioni e sacrifici enormi.

Una marcia lunga vent'anni

L'approvazione da parte dell'Assemblea nazionale segna il compimento di una battaglia che ha visto centinaia di migliaia di lavoratori scendere in piazza, sfidando repressione, licenziamenti e cause civili per danni. “Fine alle richieste di risarcimento e ai sequestri provvisori usati per sopprimere i sindacati” è stato lo slogan che ha attraversato le generazioni. Dietro ogni passo avanti c'è stato il sangue e il sudore di chi non si è piegato all'arroganza padronale , rendendo possibile un risultato che oggi la Confederazione Coreana dei Sindacati (Kctu) definisce “storico e frutto di un nobile sacrificio”.

Non una fine, ma un inizio

La Kctu accoglie con profonda emozione questa svolta, ma avverte che la partita non è chiusa. Molti lavoratori restano esclusi dalla protezione legislativa, mentre le imprese continuano a sperimentare nuove forme di elusione e precarizzazione. L’obiettivo, sottolineano i sindacati, non è la semplice approvazione della legge, ma la sua piena attuazione in ogni luogo di lavoro. Per questo è stata annunciata l'apertura della “sede della campagna per la realizzazione del diritto alla contrattazione collettiva con i principali datori di lavoro”.

Un monitoraggio al governo e alle imprese

Il messaggio della Kctu è chiaro: senza linee guida e misure concrete, la legge rischia di restare lettera morta. Al governo guidato da Lee Jae-myung viene chiesta responsabilità e coerenza. Alla comunità imprenditoriale viene invece ricordato che l’emendamento è irreversibile, frutto della pressione congiunta di lavoratori e cittadini. Qualsiasi tentativo di svuotarne la portata sarà contrastato con la lotta organizzata. “Obbligheremo la responsabilità del datore di lavoro attraverso il potere sul posto di lavoro che trascende la legge”, dichiara la Confederazione.

Il 2026 come “anno inaugurale dei diritti fondamentali”

La prospettiva è ambiziosa: fare del 2026 l’anno in cui i lavoratori precari conquistano finalmente dignità e diritti sostanziali. Significa non solo estendere lo status di lavoratore a chi oggi ne è escluso, ma soprattutto garantire che la contrattazione collettiva diventi strumento reale di riequilibrio del potere tra capitale e lavoro. I sindacati coreani si dicono pronti a una “lotta totale” per dare vita e respiro ai diritti sanciti sulla carta.

Marra, Cgil: “Un risultato storico”

Soddisfazione arriva anche dall’Italia. Salvatore Marra, responsabile Politiche europee e internazionali Cgil nazionale parla di “risultato storico”. E aggiunge: “Dopo anni di mobilitazione e dopo aver resistito a veri e propri atti di intimidazione e persecuzione da parte dei governi neoliberisti, i sindacati sudcoreani e in particolare il sindacato progressista Kctu aprono la strada per il riconoscimento delle vere organizzazioni sindacali e gettano le basi per un vero sistema di contrattazione collettiva nazionale”. L’obiettivo primario, aggiunge Marra, “è fermare lo strapotere e l’arroganza delle multinazionali e dei grandi gruppi industriali che hanno sempre fatto leva su una legislazione a loro favore per reprimere, talvolta con violenza, il diritto di libera associazione sindacale nel Paese”.

Un messaggio che parla al mondo

La vicenda coreana non è un fatto locale. In ogni parte del globo il lavoro precario cresce ei diritti arretrano. La storia di vent'anni di resistenza contro la repressione sindacale, culminata con questa vittoria, rappresenta un faro per tutti i lavoratori e le lavoratrici . “Non è una fine, ma un inizio” afferma la Kctu. Un inizio che può ispirare altri a non arrendersi, credere che anche le battaglie più lunghe e difficili possono essere vinte.