A connettere gli ultimi provvedimenti del Governo Meloni si scopre che idea di Paese hanno: rimodulazione del Pnrr, abolizione del reddito di cittadinanza, no al salario minimo sono un attacco senza quartiere al Sud, ai poveri, a chi è in difficoltà. Un vero e proprio manifesto ideologico e di classe della destra italiana. Questa è la riflessione che ci consegna Isaia Sales, meridionalista e grande conoscitore della camorra e in generale delle mafie.

Per anni ha insegnato Storia delle mafie all’Università Suor Orsola Benincasa, presso il Dipartimento di Giurisprudenza. La sua passione per il Mezzogiorno l’ha portato in passato all’impegno politico: è stato infatti parlamentare e sottosegretario al ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica nel primo Governo Prodi.

Ridurre i divari di genere, di generazioni, di territorio, è uno degli obiettivi di Next Generation Eu. Nei provvedimenti contenuti nel piano di rimodulazione del Pnrr sembra ci sia l'intenzione non dichiarata di ridurre, a volte annullare, proprio quei progetti volti a ridurre quei divari. È un'impressione o una realtà?
Una realtà, la riduzione di quei divari non è più una priorità.  Rispetto a quando il Piano è partito con l'obiettivo strategico di ricucire l'Italia, cioè ridurre i divari di genere, territoriali, economici, oggi quest'obiettivo non c'è. L'obiettivo del governo è non perdere le risorse, fare i lavori nei tempi necessari, ma soprattutto la priorità sembra essere dare incentivi alle imprese. Questa strategia penalizza due volte il Sud. Da un lato perché per gli incentivi non vi è l’obbligo di destinarne il 40% al Mezzogiorno, dall'altro perché – anche questa cosa nota - essendo meno le imprese al Sud, inevitabilmente non si raggiungerebbe questa percentuale. La verità è che stiamo sprecando la possibilità di utilizzare il Pnrr come grande occasione per ricucire l'Italia. E che a orchestrare tutto ciò sia un ministro meridionale lo rende ancora più grave.

L’esecutivo Meloni afferma che a rendere necessaria la rimodulazione è il ritardo nella realizzazione di questi progetti. Questo contrasta con le affermazioni, ad esempio dei sindaci, che si dicono pronti ad aprire i cantieri per alcuni di questi interventi, e che non si sa che fine faranno. Quindi c'è anche l'inganno?
Ho letto numerose lettere, l'ultima è quella del sindaco di Casal di Principe, Renato Natale, che dice di esser pronto a spendere nei tempi dovuti le risorse che erano state assegnate. Quindi una serie di segnalazioni e proteste arrivate al ministero ci dicono il contrario: anche questo è un mistero. Certo, in passato, in alcuni casi, si è fatta fatica a mettere a terra le risorse disponibili, ma in questa circostanza sembra davvero un pretesto per rimodulare il Piano. Soprattutto, è inaccettabile che vengano cancellati interventi per i settori più a rischio dal punto di vista della tenuta sociale del Paese, soprattutto le periferie.

Quali, ad esempio?
Alcuni grandi progetti sulle periferie di Napoli, Roma Palermo, Bari e di altre città sono esclusi dal finanziamento. Parimenti sono cancellate le risorse per i beni confiscati dei Comuni e quelli per finanziare le ferrovie più periferiche. Insomma, ci sono interventi che avrebbero dato un senso di attenzione agli ultimi dal punto di vista sia sociale sia territoriale, e questi sono scomparsi. Il ministro Fitto afferma che la rimodulazione è dovuta al ritardo, ma se i sindaci affermano il contrario, qualcuno sta mentendo.

S'intravede un secondo inganno alle popolazioni meridionali. Sempre Fitto afferma che le risorse per completare gli interventi che vengono ridimensionati verranno presi dai Fondi di coesione. Questi stanziamenti europei sono, per loro finalità, destinati a progetti per il Mezzogiorno. Se questi fondi venissero utilizzati per compensare le risorse sottratte, potrebbero andare anche a territori non meridionali.
Assolutamente sì. Occorre tener presente che da decenni le risorse ordinarie vengono destinate quasi esclusivamente al Nord, mentre al Sud vengono destinate solo quelle dei Fondi di coesione. Che però dovrebbero essere utilizzate per ridurre i divari, non per l’ordinarietà. Adesso sembra quasi venga legittimata questa pratica sbagliata, che condanna il Sud a rimanere indietro. E la beffa, lo dicevo, è antica: sono anni che non si rispetta l'obiettivo principale dei fondi comunitari pensati come aggiuntivi a quelli ordinari proprio per ridurre i divari.

Non solo: le parole di Fitto sembrerebbero addirittura legittimare che, non solo al meridione non vengano assegnati i fondi ordinari, ma che quelli straordinari a loro destinati potrebbero essere dirottati al Nord.
Lei si meraviglia che l'accoppiata Giorgetti-Fitto abbia immaginato cosa del genere? Io no, affatto.

Vorrei porre l'attenzione su un altro tema. Se si leggono insieme la rimodulazione degli interventi sul Pnrr, l'eliminazione del reddito di cittadinanza, la contrarietà al salario minimo legale, sembra venir meno l’ipotesi che il governo non abbia un'idea di Paese.
Se aggiungiamo anche l'ipotesi dell'autonomia differenziata, il quadro è completo. Questa è una destra a-sociale, smentisce clamorosamente l’idea che – soprattutto Fratelli d'Italia - sia una destra interessata alle condizioni di vita della parte di popolazione più bisognosa. Possiamo anche dire di una certa cattiveria: quando si elimina il reddito di sopravvivenza (non chiamiamolo di cittadinanza), quando non si vuole introdurre il rapporto tra lavoro e dignità che sarebbe garantito da un salario minimo sotto il quale non c'è la dignità del lavoro, quando si rimodula nel modo che abbiamo detto il Pnrr, quando si vuole fare l'autonomia differenziata per sancire definitivamente che il Sud non ha diritto ai servizi essenziali, siamo di fronte all'idea che gli ultimi debbano restare ultimi. Gli ultimi, che siano territori del sud, famiglie senza reddito, lavoratori con salari da fame o i meridionali che non hanno i servizi essenziali. La parola d’ordine di questo governo è “guai agli ultimi”.

Guai agli ultimi e favori alle varie criminalità organizzate. Non è soltanto per il taglio dei 300 milioni ai beni confiscati, ma eliminare gli interventi sulle periferie, togliere il reddito di cittadinanza, conservare il lavoro povero, significa mortificare quanti cercavano di emanciparsi dalle mafie come unica fonte di sopravvivenza.
Ma certo. Se si tolgono i fondi ai Comuni per riutilizzare i beni confiscati, dimostro che con le mafie le cose funzionano. Se non si finanzia il riuso di quei beni, si lancia un segnale distorto alla collettività e non si aiutano i Comuni a ripristinare la legalità anche come convenienza per la comunità in cui si vive.

Quali sono i rischi che si stanno correndo nelle regioni meridionali e in Italia? e quali sarebbero gli strumenti da mettere in campo per arginare questa deriva?
Dobbiamo anzitutto prendere atto che siamo di fronte a un manifestarsi pieno dell'ideologia di questo governo. Per la maggioranza la povertà è un demerito individuale, non il prodotto di determinate condizioni economiche e sociali: hanno l'idea che chi non lavora è un ozioso. Siamo tornati all’Ottocento, a quando l’accattonaggio era un reato da perseguire. Si sta manifestando l’impostazione della destra: il Nord è avanti al Sud e deve restarci per sempre, altro che riduzione dei divari territoriali. Chi è senza lavoro deve restare tale e deve essere anche additato come uno che se lo merita, chi è povero non deve essere aiutato a emanciparsi. Come reagire? Le opposizioni debbono mettersi insieme ed essere all’altezza di questa sfida, contrastare l’attacco di classe più consistente degli ultimi decenni.

Le opposizioni sono solo quelle politiche o c'è un ruolo per i soggetti sociali?
Assolutamente sì, anzi, è questo il momento perché tutti i soggetti sociali, oltre che politici, a partire dal sindacato, riscoprano il ruolo di soggetto generale. Per il sindacato significa non difendere unicamente quelli che lavorano, anche se in questo momento lavorare non necessariamente significa essere fuori dal rischio povertà. C'è un grande spazio per i soggetti sociali, oltre che politici, quello di dare vita a una grande alleanza di classe.