L’economia, per ripartire, ha bisogno di potenti iniezioni di investimenti pubblici, dalle infrastrutture materiali e immateriali alla sanità e alla scuola solo per fare qualche esempio. Investimenti che si finanziano con le tasse, oltre che con i fondi europei, non sarebbe giusto che chi può, chi ha fatto profitti anche nelle settimane del tutti a casa, paghi?

Non solo è giusto, ma è ciò che prescrive la Costituzione. La Carta fondamentale prevede che l’imposizione sia progressiva, che ciascuno paghi non proporzionalmente ma in modo progressivo rispetto a quanto può. Sicuramente la leva fiscale è uno strumento importante, in questa fase tutti abbiamo scoperto quanto sia rilevante in relazione alla sanità, è, quindi, necessario che qualunque intervento venga fatto in queste settimane abbia questo quadro di riferimento: un’idea di fisco pensato per sostenere i diritti fondamentali previsti dalla Carta e per sostenere le prospettive di sviluppo del Paese. Per questo è stato positivo che la Legge di bilancio abbia accolto la proposta unitaria di Cgil Cisl e Uil di ridurre il cuneo fiscale per redistribuire un po’ di risorse. E per questo penso che nonostante siamo in emergenza una delle questioni da affrontare prioritariamente sia proprio la riforma fiscale complessiva, e contemporaneamente il contrasto vero all’evasione fiscale accelerando gli interventi già previsti a cominciare dalla riduzione del limite di utilizzo del contante.

Seguendo il filo del tuo ragionamento, allora come valuti la sospensione della rata di giugno dell’Irap a tutte le imprese con un fatturato fino a 250 milioni?

È un provvedimento sbagliato. Sbagliato politicamente e sbagliato socialmente. Per altro in un articolato che ha come obiettivo quello di sostenere economicamente, lo fa con ben con 130 miliardi, le imprese e i lavoratori colpiti dal Coronavirus, un intervento di questa natura è del tutto improprio. L’impressione è che sia voluta fare una operazione “politica”. La seconda ragione per cui lo ritengo sbagliato è che quella è la tassa che finanzia il Sistema Sanitario Nazionale. Insomma mentre è sotto gli occhi di tutti le carenze del Ssn si elimina l’imposta che lo finanzia: un contro senso. Infine, un intervento di questa natura in qualche modo prefigura un intervento strutturale di riforma fiscale. Più che un intervento sull’Irap mi sarei aspettata una forte azione di contrasto all’evasione, o mi sarei aspettata che quei 4 miliardi fossero destinati allo sviluppo per creare lavoro e magari finanziare interventi assolutamente importati: dalla messa insicurezza alla digitalizzazione di tutte le scuole visto che mancano all’appello delle lezioni online quasi 2 milioni di ragazzi e ragazze. Tanto più che sul sostegno alle imprese sia con il Decreto Rilancia Italia sia con quello Liquidità il governo ha fatto e sta facendo davvero molto

Nel Decreto Rilancia Italia ci sono una sera di eco bonus per l’efficientamento energetico sia per le prime case che per i condomini e i luoghi di lavoro. Positivo? E si può parlare di inizio di una politica industriale green?

È certamente un intervento positivo ma non fa politica industriale. Stiamo ragionando di provvedimenti che defiscalizzano i lavori di miglioramento energetico ma contemporaneamente non si investe nella riconversione green delle produzioni del Paese. Ovviamente per un giudizio preciso mi riservo di leggere attentamente il testo che dovrebbe essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale in queste ore, ma tutto questo dovrebbe essere accompagnato da un forte protagonismo dello Stato nel governo delle politiche industriali per sostenere e indirizzare alcune finire produttive, nell’incentivare l’economia circolare. Insomma questo intervento attiene alle condizionalità che vengono messe per indirizzare la grande massa di risorse che vengo immesse nel sistema. Davvero una quantità enorme ed allora, oltre che sostenere le imprese, soprattutto le piccole e medie, occorrerebbe utilizzare questa leva per costruire finalmente una politica industriale, Rischiamo di sprecare una opportunità storica. Se una critica muoviamo al governo è che si stanno mettendo in campo tante risorse, assolutamente necessarie, manca invece una traiettoria di quello che dovrà essere lo sviluppo del Paese. Questa è la ragione che ci fa chiedere di discutere assieme di quali elementi di condizionalità si possono mettere in campo affinché si esca da questa fase con qualche certezza in più sul versante di politica industriale.  

Insomma torna di grandissima attualità l’idea lanciata tempo fa dalla Cgil di una Agenzia per lo sviluppo?

Torna tutto di grandissima attualità, dalla necessità di mettere in campo una leva di investimenti pubblici – e lo chiediamo da tempo – per creare lavoro. Lo dicevamo nella fase post 2008 e adesso lo continuiamo a gridare perché l’impatto della crisi sanitaria sul versante del lavoro sarà molto più ampio rispetto ad allora. E ritorna di grandissima attualità il tema delle politiche industriali perché purtroppo negli ultimi vent’anni non si sono fatte. Stiamo assistendo – in Italia perché altrove non è così - ad una discussione un po’ fuori contesto e anche anti storica e provinciale sul ruolo dello Stato in economia e sul sostegno pubblico ad alcune filiere strategiche, e non si comprende come questo tema è la questione di fondo rispetto al futuro e a dove vogliamo portare il Paese. Vorremmo ci fosse un minimo di concretezza e soprattutto vorremmo si abbandonasse l’idea che le politiche industriali le fanno solo le imprese attraverso gli incentivi dello stato erogatore ma che non regola nulla. Questa logica ordo liberista non è utile né al Paese e nemmeno alle imprese. È necessario che lo Stato, oltre a mettere a disposizione risorse, sia in grado di indirizzare, governare, condizionare l’utilizzo delle risorse avendo in mente una idea di Paese da contribuire a realizzare.