Ci risiamo. Cronaca di un incendio annunciato da anni di fiamme e incuria. Una vergogna che nessuno cerca di nascondere perché lo Stato e le istituzioni la tollerano senza intervenire. E così nel ghetto di Borgo Mezzanone, una striscia di terra brulla tra Foggia e Manfredonia, nella notte tra il 19 e il 20 dicembre è scoppiato un altro rogo. Nessuno tiene più i conti di questi episodi, che nel degrado di questa piccola grande baraccopoli possono accadere in ogni stagione, per il caldo d’estate, per i bracieri con cui i migranti tentano con difficoltà di riscaldarsi d’inverno. E il vento, che spazza di continuo la distesa di quella piana, propaga in un attimo le fiamme. Stavolta sono state otto le baracche distrutte. E solo per il proverbiale miracolo non ci sono stati feriti o, peggio, non c’è scappato il morto. Ma quello che continua ad accadere è uno schiaffo alla memoria dei tanti che in quelle condizioni disumane sono morti. Spesso anche per gli incendi. Un insulto pretendere che questo Paese, dove si tollerano ormai in molti luoghi situazioni simili a questa, si possa considerare un paese civile. 

Gli unici a considerarlo ancora uno scandalo, a lottare contro questa condizione e contro il silenzio e l’indifferenza che la circonda, sono i sindacalisti della Cgil e della Flai, la federazione che difende i braccianti. Per questo, mentre nessuno si muove, il segretario generale della Flai Cgil, Giovanni Mininni, ha deciso, come gli è capitato spessissimo anche nel recente passato, di viaggiare da Roma a Borgo Mezzanone e far sentire la propria voce e quella del sindacato per protestare contro questa situazione e testimoniare solidarietà alle persone che ne sono vittime.

Giovanni Mininni in visita al ghetto di Borgo Mezzanone

Mininni, Flai Cgil: “Non ci si può voltare dall’altra parte aspettando l’inevitabile, prossima tragedia. Questa condizione è una vergogna”

“Solo per caso non ci sono state vittime – le parole del segretario generale della Flai Cgil –. Secondo i primi accertamenti l’incendio sarebbe divampato in una baracca per poi propagarsi alle altre, i materiali altamente infiammabili, perlopiù tavole di legno e teloni, utilizzati per trovare riparo, sia in inverno che in estate, rendono esplosiva una situazione che pure persiste, stagione dopo stagione. Una vergogna”.

“Non ci si può voltare dall’altra parte aspettando l’inevitabile, prossima tragedia. I finanziamenti per uscire dai ghetti ci sono, perché non sono stati ancora utilizzati? La Prefettura aveva preso impegni che devono essere rispettati”. 

“Bisogna intervenire subito nel segno del rispetto di donne e uomini che scappano dai loro paesi, da guerre, carestie, miseria, violenze di ogni tipo, in cerca di un futuro migliore. Donne e uomini che arrivano in Italia e vengono sfruttati, schiavizzati per produrre ricchezza per noi”.

“A cinque mesi dall’incontro che abbiamo avuto in Prefettura dopo la manifestazione e il presidio con gli operai agricoli costretti a vivere nel ghetto – la denuncia di Giovanni Mininni – la situazione è ancora bloccata. Sono stati assegnati alcuni container, un paio di centinaia di persone sono ormai nella zona Cara, ma tutto il resto rimane come prima”.

Mininni: “In questo territorio manca lo Stato, il presidio dello Stato”

“Le assegnazioni si sono interrotte – sottolinea il segretario Flai –, sembrano essersi fermate definitivamente. Anche gli altri servizi concordati con le autorità, come la fornitura di acqua potabile in maniere continuativa, si stanno diradando. L’acqua arriva a giorni alterni, una due volte a settimane. Siamo scoraggiati, davanti all’ennesima dimostrazione che in questo territorio manca lo Stato, il presidio dello Stato. E anche quando delle istituzioni importanti, autorevoli come la Prefettura sottoscrivono degli impegni, poi questi si perdono nelle tante altre attività quotidiane”. 

Mininni: “Queste persone hanno diritto alla dignità e sono quelle che contribuiscono alla nostra ricchezza e a fornirci i beni alimentari”

“Qui ci sono ancora migliaia di persone, di esseri umani che hanno diritto alla dignità. Sono lavoratori che contribuiscono all’innalzamento del nostro Pil, della nostra ricchezza, oltre a fornirci i beni alimentari e il cibo che mettiamo sulle nostre tavole”.

Mininni: “Tutto questo ci indigna, continueremo a organizzare questi lavoratori perché possano alzare le loro grida di protesta”

"Questa situazione ci indigna, continueremo a organizzare questi lavoratori perché possano alzare le loro grida di protesta di fronte a una situazione indecente, indegna per un un paese civile, che si vuole chiamare civile ma che umilia gli esseri umani semplicemente perché vengono da un’altra parte di mondo”.

“Con le prospettive di una denatalità galoppante in Italia – conclude Giovanni Mininni – questi ragazzi dovrebbero essere subito integrati nel nostro sistema produttivo. La litania che spesso fa questo governo, ma che hanno fatto anche altri governi, è che manca personale nel mondo del lavoro. Questa ci sembra l’ennesima grande contraddizione di un paese che diventa sempre più insostenibile, insopportabile da vivere”.

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