Il 24 settembre del 1961, su iniziativa di Aldo Capitini, si svolgeva tra Perugia ed Assisi la prima Marcia per la pace. Sfileranno quel giorno circa 20.000 persone tra le quali Norberto Bobbio, Renato Guttuso, Italo Calvino. Con loro l’ideatore della marcia, Aldo Capitini.

“A una marcia della pace - scriverà tempo dopo - pensavo da anni e una volta ne detti anche l’annuncio, d’accordo con Emma Thomas, tanto che l’Essor ginevrino pubblicò la notizia. Ma l’idea non si concretò per varie difficoltà. Quando, nella primavera del ‘60, feci a Perugia insieme con amici un bilancio delle iniziative prese e di quelle possibili, vidi che l’idea della marcia, soprattutto popolare e regionale, piacque. Ma solo nell’estate essa prese un corpo preciso in riunioni apposite, che portarono alla fondazione di un comitato d’iniziativa. Ebbi pronte adesioni come quella del maestro Gianandrea Gavazzeni; passarono mesi di spedizione di circolari e di lettere personali; dall’on. Pietro Nenni1 ebbi nel novembre 1960 una lettera molto favorevole. Ma debbo dire che oltre quel primo carattere, di iniziativa non dei partiti, che avrebbe dovuto assicurarmi una più facile adesione da tutte le persone e associazioni operanti in Italia per la pace, io tenevo sommamente a un secondo carattere, che anzi era stato il movente originario del progetto: la marcia doveva essere popolare e, in prevalenza, regionale”.

In cammino, scrive Gianni Rodari, “C’è gente d’ogni condizione sociale; il deputato cammina fianco a fianco al mezzadro, lo scrittore famoso accanto al professionista, al contadino umbro, allo studente romano. Delegazioni sono giunte da Cosenza, da Messina, da Palermo, da Trento, da Pescara, da Torino, da Genova, da Milano, da Taranto. Professori universitari, artisti, dirigenti sindacali si mescolano alle famiglie venute al completo, con la borsa per la merenda, alle ragazze in costume, agli sportivi. Vedremo apparire un grande ritratto di Lumumba, l’eroe dell’indipendenza congolese, tra quello di Dag Hammarskjold e quello di Gandhi, l’apostolo della nonviolenza. Dietro gli stessi cartelli, con lo stesso passo sostenuto e pieno d’ottimismo, camminano i rappresentanti di un gruppo teosofico e quelli degli esperantisti, gli obiettori di coscienza e gli invalidi di guerra, operai di fabbrica e mutilati”.

 Quel giorno “(…) Il cielo umbro risponde con un azzurro sorriso. Due giovani e già famosi scrittori, Italo Calvino e Giovanni Arpino, aprono il corteo reggendo lo striscione che reca la scritta: Marcia della Pace e della Fratellanza. Il corteo si snoda di colle in colle come un discorso nel quale confluiscano argomenti diversi (…) Così sarà, del resto, se vorremo la pace: essa potrà essere soltanto la somma e la moltiplicazione di volontà diverse, e non già il frutto uniforme dell’imposizione di una sola volontà sulle altre”.

“Questa marcia - diceva lo stesso Capitini a commento dell’iniziativa - era necessaria ed altre marce saranno necessarie nel nostro e negli altri paesi, per porre fine ai pericoli della guerra, per liberare i popoli dai mali dell’imperialismo, del colonialismo, del razzismo, dello sfruttamento economico”.

 Il Movimento nonviolento fondato all’indomani della prima Marcia (una mozione conclusiva riassume così i suoi obiettivi: cessazione degli esperimenti nucleari di ogni genere, disarmo universale, aiuto reciproco tra i popoli, alleanza di tutti gli uomini che vogliono la pace) rifiuterà di rendere annuale la sua periodicità per evitare - si disse - di trasformarla in uno stanco rituale.

 La seconda Marcia (1978, Mille idee contro la guerra) sarà organizzata in occasione del decimo anniversario della morte di Capitini, mentre la terza (1981, Contro la guerra: a ognuno di fare qualcosa) avverrà per commemorare il ventesimo anniversario della prima. “Ho partecipato anch’io a marce per la pace negli anni della guerra fredda - ricordava un ormai anziano Norberto Bobbio - Se le gambe mi reggessero lo farei ancora. Lo farei ancora perché? Ma perché so che se tutti i cittadini del mondo partecipassero ad una marcia per la pace, la guerra sarebbe destinata a scomparire dalla faccia della terra”.

 Le bandiere hanno il colore dell’arcobaleno, ma il richiamo alla natura ha un suo significato speciale: l’arcobaleno, questa volta, lo vogliamo prima della tempesta, non dopo. La pace deve precedere, impedire la guerra, per non essere soltanto un doloroso bilancio di rovine.



1È morto il prof. Aldo Capitini -  scriveva qualche giorno dopo la sua morte Pietro Nenni sul suo diario personale - Era una eccezionale figura di studioso. Fautore della nonviolenza, era disponibile per ogni causa di libertà e di giustizia. (...) Mi dice Pietro Longo che a Perugia era isolato e considerato stravagante. C’è sempre una punta di stravaganza ad andare contro corrente, e Aldo Capitini era andato contro corrente all’epoca del fascismo e nuovamente nell’epoca post-fascista. Forse troppo per una sola vita umana, ma bello”.