Secondo i dati contenuti nell’ultimo rapporto Oxfam l’80% delle dosi di vaccino è stato utilizzato nei Paesi del G20, mentre meno dell’1% delle dosi ha raggiunto i Paesi a basso reddito. Sostiene sempre l'organizzazione internazionale che si batte per ridurre la povertà globale: “In alcuni Paesi, le persone più povere hanno avuto quasi quattro volte più probabilità di morire di Covid-19 rispetto alle persone più ricche. Nuovi dati suggeriscono che il tasso di mortalità per contagio da Covid nei Paesi a medio-basso reddito è in realtà circa il doppio di quello dei Paesi ricchi”. Insomma, i poveri muoiono di più dei ricchi e la pandemia fa aumentare i poveri.

Inevitabile? No, non è inevitabile anche se siamo di fronte a una contraddizione violentissima: da un lato l’esigenza di salvaguardare noi stessi e gli altri che vivono vicino a noi, dall’altro la consapevolezza che lo facciamo a scapito di altri e altre. Non solo. Le diseguaglianze non sono un dato di natura, sono le conseguenze delle scelte di modello economico si sceglie. La proprietà intellettuale e i brevetti, così come vengono usati in campo farmaceutico e sanitario, sono la massima affermazione del modello di sviluppo basato sul mercato e sullo sfruttamento per la massimizzazione del profitto.

Tutelare il lavoro intellettuale è certamente giusto e opportuno. Si tratta di definire come, in che termini, a favore di chi. Altra cosa è quel che sta accadendo e accade con vaccini e farmaci, realizzati grazie a un grande finanziamento pubblico che produce enormi profitti privati, il cui accesso non è affatto universale. Soprattutto è corretto, dal punto di vista della proprietà intellettuale, equiparare un libro, un brano musicale, un’invenzione che avrà effetti sulla produzione di beni, a un diritto umano come la salute?

Peraltro, se è vero che povertà e diseguaglianze si alimentano anche di deficit di conoscenza individuale e collettiva, allora occorre domandarsi anche quando la proprietà intellettuale, se eccessivamente remunerata, non divenga anche lei concausa di impoverimento o di esclusione.

Nella realtà siamo nel pieno del capitalismo dei monopoli intellettuali. La conoscenza, quella scientifica e tecnologica, prima di tutto, è la vera materia prima il cui valore non è stimato in Borsa ma nutre e fonda il capitalismo del secondo millennio. La privatizzazione e la mercificazione sono tali che non si riesce nemmeno a sospendere le licenze sui brevetti anti-Covid 19. E, come denunciato dalla campagna europea "Right2cure no Profit on Pandemic", il compromesso avanzato dall’Unione europea di sospendere i brevetti solo per i vaccini e tenerli inalterati sui kit diagnostici e sui farmaci è indecente.

I diritti umani e i diritti di cittadinanza non sono merce, preservarli non deve essere mercificato. Così come i vaccini non dovrebbero essere usati, oltre che per far profitto, anche per giochi geopolitici non del tutto chiari. Perché i vaccini cubani non sono arrivati in Europa? Perché di quelli russi si sa poco? E quelli cinesi? E quelli italiani che fine hanno fatto e perché?

Ma in questa contraddizione nella quale siamo immersi c’è un elemento che la rende più stridente: la pandemia, soprattutto il primo anno, quello dei lockdown rigidissimi, ha portato con sé una crisi economica e sociale terribili. Il mondo, e noi con lui, stenta a riprendersi e ogni nuova ondata di contagi aggrava la situazione. Se non si mette in sicurezza la parte del mondo più povera la spirale delle varianti non si fermerà. E allora, meramente dal punto di vista del mercato e dell’economia, quale follia alberga nelle menti dei potenti del mondo al punto da creare un sistema che si autoalimenta in negativo?

Inoltre, se di diritto alla salute vogliamo parlare, occorre pensare anche a esportare servizi sanitari, magari senza utilizzare le bombe come si fece quando si disse di voler esportare la democrazia. Infine, solidarietà, dono e in alcuni casi anche la carità sono certamente valori. Ma prima e più forte, perché affermato dalla Costituzione e non solo, c’è il valore dei diritti.

E la salute è un diritto – probabilmente sarebbe più giusto dire "dovrebbe" essere un diritto - nel mondo e anche in Italia. Un diritto per tutte e tutti i cittadini del pianeta e come tale deve essere garantito. Allora la solidarietà in alcuni casi è la benvenuta ed è inevitabile, ma non si può trasformare un diritto in beneficenza. L’accesso a farmaci e vaccini non può e non deve essere legato alla pseudo-generosità dei ricchi.

La Carta dei diritti universali dice che gli uomini e le donne nascono liberi e uguali. La società li trasforma in ricchi e poveri: povertà non soltanto economica ma anche culturale e cognitiva. E anche la povertà contribuisce a scatenare le guerre che sono tutte orrende, non ne esistono di giuste. I diritti sono diritti e come tali vanno affermati, difesi, resi esigibili.