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Vasco ha fatto cantare, commuovere, innamorare generazioni di mamme, papà, figlie e figli, ma forse non tutti sanno che anche lui aveva un papà speciale, Giovanni Carlo Rossi, uno dei 650 mila militari italiani che, dopo l’8 settembre ‘43, preferiscono la prigione piuttosto che aderire alle truppe nazifasciste.
Militare di leva in forza al 17° reggimento fanteria di Modena, catturato dai tedeschi all’isola d’Elba il 17 settembre 1943 e deportato nel campo di prigionia a Dortmund fino all’ottobre del ‘45, da qualche tempo ‘Carlino’ è stato insignito della medaglia d’onore.
“Durante la guerra - racconterà Vasco - dopo l’8 settembre il Carlino Rossi era stato preso prigioniero dai tedeschi all’isola d’Elba e portato in Germania, a Dortmund, in un campo di lavori forzati, dove si è fatto quasi oltre due anni ed è stato uno di quei seicentomila soldati italiani che non hanno accettato, per evitarlo, di combattere per i tedeschi contro i loro fratelli per la Repubblica sociale italiana. Quando lo hanno liberato, era quasi morto, pesava 37 chili, ed è tornato a casa minato fisicamente. Per quello è morto giovane, credo, perché non ha mai avuto vizi. Mi raccontava che nel campo di concentramento morivano di fatica e non gli davano da mangiare, sopravviveva con delle bucce di patate. Aveva scritto un diario, che mia madre ricopiava, nel quale raccontava delle scene pazzesche a cui aveva assistito. Gli amici pestati a sangue e morti davanti ai suoi occhi. E dopo aver visto questo, tutta la vita gli è sembrata una passeggiata”.
Mi chiamo Vasco - aggiungerà - “come un compagno di prigionia di mio padre che lo aveva aiutato ad uscire da una buca in campo di concentramento durante il bombardamento finale. Anche il nonno ha fatto la Grande Guerra, doveva essere fucilato con il suo reparto per diserzione, ma è scappato e si è rifugiato in un convento. Quando, per provocarlo gli facevo notare che se tutti i soldati avessero fatto come lui… Mi rispondeva che quella era una guerra per ammazzare i poveretti. Poi è andato a fare il camionista in Africa rischiando la vita per mantenere moglie e tre figli, salvare il podere e aprire la sua osteria”.
“Sono orgoglioso e fiero, e anche un po’ commosso per questo riconoscimento - commentava il giorno della consegna della medaglia da Los Angeles il Blasco attraverso delle storie su Instagram - E’ molto importante ricordare gli orrori, le sofferenze, le vite che sono state sacrificate per la libertà e per la democrazia, soprattutto in questi periodo nei qual le sirene autoritarie e demagogiche tornano a farsi sentire così forte per incantare le masse con i loro slogan facili. Ecco ricordiamo che la democrazia e la libertà è stata conquistata a prezzo di grandi sofferenze. E non vorrei che i miei figli dovessero rivedere cose così orribili. Meditate gente, state svegli. Ecco non fatevi incantare”.
Una racconto commovente, una scelta di campo chiara e netta che Vasco aveva già fatto qualche tempo prima quando nel settembre del 2016 il leader della lega Matteo Salvini aveva fatto propria canzone del roker C’è chi dice no per sostenere il no al referendum costituzionale. “La propaganda politica stia alla larga dalle mie canzoni”, aveva tuonato all’epoca l’autore di Vita spericolata.
“Mi dispiace - tornerà a dire sempre senza citare nessun nome nello specifico nel 2019 - che il nostro meraviglioso Paese sia così preda di rabbie e paure fagocitate da irresponsabili politici in cerca di consenso e potere”, aggiungendo: “Direi che da Obama a Trump è stata una bella caduta di tutto: stile, tono e sostanza. Una esplosione di ignoranza, egoismo e qualunquismo che non mi aspettavo. Un preoccupante ritorno al passato”.
Un passato che il più famoso e amato dei “signor Rossi” conosce bene e che non può e non deve tornare.
Non deve tornare e non tornerà, perché - nonostante tutto - Siamo ancora qua… e già.