Il Working Title Film Festival 5 prosegue fino al 15 ottobre, ma i premi sono stati già assegnati nel corso del week end. Il Festival, promosso dall’associazione Laboratorio dell’inchiesta economica e sociale - LIES, con il contributo di, Cgil, Cisl e Uil Vicenza, continuerà online per un’altra settimana. Sulla piattaforma stream.workingtitlefilmfestival.it sono ancora visibili tutti i 59 film in concorso.

Il premio per il miglior lungometraggio è andato a “En busca del Óscar”, il documentario del regista spagnolo Octavio Guerra Quevedo, che racconta una storia sui generis. E’ quella del critico Óscar Peyrou, presidente della principale associazione dei giornalisti cinematografici spagnoli, che ha teorizzato un metodo di lavoro molto particolare: per lui non è necessario guardare i film, è sufficiente analizzarli attraverso le loro locandine. La macchina da presa lo segue tra i festival di mezzo mondo, mostrandone le uscite spiazzanti e taglienti. La sua scelta è una provocazione  permanente rispetto ai meccanismi massificanti dell’industria dello spettacolo. Questa sua piccola rivoluzione assume un valore aggiunto in questa fase storica del cinema ai tempi del Covid, che impone un ripensamento delle logiche produttive e di mercato che stanno dietro ai film. Due le menzioni speciali assegnate nella categoria Lunghi: a “Malacqua” di Giuseppe Crudele (Italia) che racconta la vita di Anna e Salvatore, due disoccupati dell’entroterra salernitano che si ingegnano per riuscire ad acquistare un’auto, mezzo essenziale per poter tornare a lavorare, e a “Sisterhood” di Takashi Nishihara (Giappone), opera ibrida tra finzione e documentario il cui protagonista, un regista che sta girando un film sul femminismo, intervista delle giovani donne e mette in scena le loro vite frammentate.

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Nella sezione Corti+ vince la regista tedesca Ronja Hemm, per il documentario “For your sake”. Al centro della narrazione due giovani nepalesi che,  prima di trasferirsi in Giappone per studiare, trascorrono alcuni giorni nella casa di famiglia, sulle montagne del Nepal, confrontandosi con la madre e la nonna.

La storia di due giovani expat a Berlino è stata premiata invece nella sezione Corti (entro i venti minuti).  “Of Not Such Great Importance”, film di finzione del regista belga Benjamin Deboosere. Protagonisti sono Davide, giovane italiano emigrato a Berlino dove sbarca il lunario incollando poster ai muri, e il vagabondo Sebastian. Il corto è il tentativo di interrogarsi su come globalizzazione e immigrazione possano diventare, nell’Europa di Schenghen, due facce della stessa medaglia.

Tra le sezioni più innovative del Working Title Film Festival, c’è sicuramente il premio Extraworks, che punta alla ricerca delle opere in cui cinema, video arte e linguaggi di sperimentazione si incontrano, attraverso la ricerca. Il film vincitore della categoria è il belga “Waiting Working Hours” di Ben De Raes, che segue alcuni lavoratori migranti che ogni mattina sostano in una strada di Bruxelles aspettando che il “caporale” li raccolga per la giornata di lavoro. Il regista li ha avvicinati – affittando per qualche settimana un negozio nella via e facendone un piccolo punto ristoro – e ha raccolto le loro storie con audio interviste, montandole poi con immagini tratte da Google Street View, che ha casualmente catturato queste persone in attesa, oscurandone i volti.

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