La questione Alitalia investe in pieno anche il mondo del turismo che comincia a interrogarsi con preoccupazione su quello che succederà a uno dei settori strategici dell’economia italiana (il turismo vale l’11 per cento del Pil) se non sarà supportato da una compagnia di bandiera. Alitalia è un partner commerciale di primaria importanza per i tour operator italiani che generano, insieme al vettore, centinaia di milioni di euro di fatturato e, arrivati a questo punto, un’alleanza con una compagnia estera è indispensabile per far sopravvivere Alitalia.

Dieci anni fa il governo guidato da Romano Prodi individuò come partner ideale la Cina proprio perché sarebbe stato un vantaggio enorme il fatto che il più grande generatore di turisti del mondo avesse l’Italia come porta di accesso all’Europa. Per la Cina l’Italia era inoltre lo snodo ideale per i voli verso l’America del Sud e del Nord e, soprattutto, l’hub più adatto ai legami cinesi con l’Africa, perché localizzato in un paese sicuro, vicino al continente africano ma fuori dal continente stesso. È chiaro che si trattava di una strategia conveniente per entrambi i paesi. Prodi ne parlò col primo ministro cinese che rispose in modo positivo dando l’autorizzazione a trattare con l’Air China, la maggiore delle tre compagnie aeree nazionali autorizzata ai voli all’estero. Air China esaminò in modo favorevole il dossier ma rispose di non essere pronta a gestire un affare così importante: occorreva ancora qualche anno (1).

Dopo dieci anni però molte cose sono cambiate: i cinesi, oltre a essersi comprati l’Inter e il Milan acquisendo una fortissima visibilità nella popolazione italiana, oggi hanno partecipazioni in 417 imprese italiane, di cui 313 dal Paese di Mezzo e 104 da Hong Kong. È un grande salto in avanti rispetto alle sei dell’inizio del secolo. Il 90 per cento delle 313 imprese legate a Pechino non sono solo partecipate, ma sono sotto il controllo del partner del Dragone, come Pirelli che è stata acquisita da ChemChina, mentre circa un terzo di Cdp Reti, la holding che controlla Terna (elettricità) e Snam (gas) è nelle mani dei cinesi, che siedono anche nei consigli d'amministrazione di Eni, Enel, Ansaldo Energia, Generali, Fca, Mediobanca, Saipem e Telecom: Peoples Bank of China, la Banca centrale cinese, detiene il 2,1 per cento di Eni e il 2 per cento di Enel.

Un’alleanza con una compagnia aerea cinese dunque potrebbe essere matura e potrebbe rappresentare la soluzione auspicabile per Alitalia, anche tenendo conto del fatto che gli arrivi e le presenze di turisti cinesi nel nostro Paese sono in fortissima crescita, rispettivamente del 45 e del 55 per cento nel 2014/2015 (2). Al contrario, è sconsigliabile un’alleanza con una compagnia europea perché ci sarebbe una sovrapposizione e una concorrenza implicita che fagociterebbe e svuoterebbe l’Alitalia.

Il trasporto aereo dall’estero dovrebbe essere parte di un sistema integrato di trasporti in cui giocano un ruolo fondamentale il trasporto ferroviario tra le regioni e il trasporto su strada all’interno delle regioni. Il sistema integrato di trasporto, a sua volta, deve essere collegato con i tour operator e le strutture ricettive e alberghiere proprio per favorire gli afflussi e la permanenza dei turisti nel nostro Paese. Dunque, è arrivato il momento di operare con una visione sistemica al fine di sfruttare nel migliore dei modi il nostro immenso patrimonio artistico e culturale che, insieme alle risorse naturali, fa dell’Italia un monopolio a livello mondiale.

(1) http://www.romanoprodi.it/strillo/alitalia-non-e-risanabile-senza-sacrifici-e-senza-una-strategia-per-il-futuro_14081.html

(2) http://www.enit.it/it/studi.html