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Premessa
L’esigenza che il Paese sappia cogliere i timidi segnali di ripresa, derivanti in massima parte da fattori esterni alla nostra economia, richiedono la definizione di un nuovo progetto di relazioni industriali per l’intero mondo del lavoro e dell’impresa, in grado di affermare il ruolo delle parti sociali come elemento fondante di democrazia, di tutela e miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, oltre che di promozione della crescita economica e sociale del Paese.
Un moderno ed innovativo sistema di relazioni industriali può consentire di fare del lavoro e dell’impresa, pienamente valorizzate nella loro funzione sociale ed economica, leve importanti sulle quali agire per un cambiamento profondo del Paese e, inoltre, confermare i corpi intermedi della società come fattori centrali della necessaria modernizzazione e crescita democratica.
Un nuovo sistema di relazioni industriali deve avere natura inclusiva, per meglio esprimere la capacità delle parti sociali di rappresentanza del lavoro e dell’impresa, profondamente trasformata nel corso di questi anni, sia con l’accentuarsi di diffusi fenomeni disgregativi, in particolare nel mondo degli appalti, delle collaborazioni e nelle forme flessibili estreme; sia con l’emergere di nuove realtà settoriali e professionali, che impongono una evoluzione delle prassi sindacali oltre i tradizionali confini culturali.
L’impianto concettuale del progetto di relazioni industriali si rivolge anche al sistema delle Pubbliche Amministrazioni, componente essenziale dello sviluppo economico e sociale del Paese, nell’ambito di una declinazione adeguata alle caratteristiche del settore.
I pilastri del nuovo sistema di relazioni industriali
Il nuovo sistema di relazioni industriali che Cgil, Cisl e Uil propongono al confronto di tutte le associazioni di impresa poggia su tre pilastri:
La contrattazione
La partecipazione
Le regole
L’esperienza del nostro Paese, dal dopoguerra ad oggi, si è sviluppata soprattutto sul terreno della contrattazione collettiva e della necessaria mediazione sociale tra lavoro e impresa. Proporre una qualificazione dell’attività contrattuale, che valorizzi le intese realizzate negli ultimi anni, comporta estendere tale esperienza, soprattutto per renderla più inclusiva, senza rinunciare per questo alle necessarie discontinuità col passato, consapevoli che si tratta di piani inscindibili, di cui la stessa Costituzione evidenzia il valore, in virtù della funzione sociale attribuita al lavoro, all’impresa ed ai loro soggetti di rappresentanza.
1 - La Contrattazione: riformare il modello per renderlo più inclusivo
Cgil, Cisl e Uil ritengono indispensabile innovare la propria esperienza contrattuale con l’obiettivo di sviluppare migliori e più elevate sinergie tra le categorie, al fine di favorire una evoluzione del modello contrattuale, nella direzione di una maggiore inclusività. Una contrattazione più inclusiva si propone l’obiettivo di esercitare la rappresentanza e la tutela di tutte le forme contrattuali presenti nello stesso luogo di lavoro, superando le divisioni tra lavoro maggiormente tutelato e le forme più precarie, per affermare una effettiva parità di diritti ed una reale stabilità dell’occupazione.
Fermo restando un modello contrattuale articolato su due livelli, non sono più immaginabili schemi rigidi ed immutabili nel tempo. L’esperienza di questi anni suggerisce piuttosto un sistema generale di regole basilari, sulle quali poter innestare in modo flessibile gli adeguamenti/aggiornamenti necessari, realizzando così una effettiva complementarietà fra tutti i livelli. Non esiste, infatti, un modello figlio della crisi, ma la definizione di regole figlie di una attenta lettura delle diverse necessità dell’attuale sistema di impresa e della diversa composizione professionale del lavoro. Diversità non solo settoriali, ma anche dimensionali, territoriali, di mercati di approvvigionamento e di vendita e, quindi, organizzative.
E’ dentro questo scenario che Cgil, Cisl, Uil intendono meglio definire vecchie e nuove tutele per le lavoratrici ed i lavoratori, più rispondenti alla realtà che cambia e, quindi, renderle effettivamente esigibili a partire dall’azienda o dal territorio interessati, attraverso un maggior ruolo contrattuale delle Rsu/Rsa.
In questo quadro, la struttura contrattuale sarà così articolata nei suoi due livelli:
- nazionale
- II livello
articolato a sua volta alternativamente in:
- aziendale
- territoriale
- distretto
- sito
- filiera
Il CCNL deve mantenere la sua funzione di primaria fonte normativa e di centro regolatore dei rapporti di lavoro, comune per tutti i lavoratori del settore di riferimento, rafforzato nel suo ruolo di governance delle relazioni industriali.
I contratti nazionali stabiliranno linee guida per lo sviluppo della contrattazione di secondo livello, assumendo una nuova e maggiore titolarità nel definire le norme di rinvio.
Le trasformazioni intervenute nei mercati e, conseguentemente, nei sistemi produttivi impongono, a questo proposito, una riconsiderazione della composizione quantitativa e qualitativa dei Ccnl. Occorre per questo, sulla base delle reali esigenze di tutela di specifiche realtà produttive, conseguire un processo di razionalizzazione e diminuzione del numero dei contratti nazionali, consapevoli che in parte essi rappresentano un processo di frammentazione della rappresentanza associativa dell’impresa.
Contemporaneamente, l’obiettivo di Cgil, Cisl e Uil è quello di rafforzare, quantitativamente, attraverso una sua maggiore estensione e, qualitativamente, attraverso un regolato trasferimento di competenze, la contrattazione di secondo livello, con l’obiettivo di realizzare il miglioramento delle condizioni di lavoro con la crescita della produttività, competitività, efficienza, innovazione organizzativa, qualità, welfare contrattuale, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Tali obiettivi vanno perseguiti anche attraverso il beneficio delle agevolazioni fiscali e contributive previste dalla legge.
In questa direzione, lo sviluppo della contrattazione di secondo livello si caratterizza come fattore di competitività e volano di sviluppo economico e sociale, in quanto solo attraverso la partecipazione dei lavoratori è possibile cogliere gli obiettivi condivisi di cui sopra.
Occorre, quindi, prevedere opportuni percorsi e strumenti per valorizzare l’esperienza e la conoscenza delle lavoratrici e dei lavoratori nell’ammodernamento dell’organizzazione del lavoro, accorciando le filiere gerarchiche e promuovendo la capacità di autodeterminazione di forme innovative, quali i gruppi di lavoro, di progetto, e i team.
Per contribuire all’implementazione della pratica della contrattazione di secondo livello, in termini sia quantitativi, che qualitativi, va prevista da parte dei Ccnl –in corrispondenza delle specificità dei singoli contesti settoriali- la possibilità di effettuazione della contrattazione a livello aziendale, di gruppo, di sito, di unità produttiva/operativa. Per le aziende di natura transnazionale andranno previsti gli opportuni raccordi tra le realtà dei paesi interessati, ad esempio, attraverso lo sviluppo di strutture di coordinamento e/o lo sviluppo dei CAE.
In tutti i settori va prevista la possibilità di contrattazione territoriale (alternativa a quella aziendale), da sviluppare in particolare nelle realtà caratterizzate da micro, piccole e/o medie aziende, in cui è poco praticabile lo sviluppo della contrattazione aziendale. I contratti nazionali potranno prevedere lo svolgimento del livello territoriale, non solo in corrispondenza della dimensione istituzionale (ex provincia, regione…), ma anche – a seconda delle specificità dei singoli contesti- in termini di settore, comparto, filiera, distretto.
Gli assi tematici della contrattazione
La crisi di questi anni si è ripercossa nel mondo del lavoro rendendo più disagiate le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori, estendendo la precarietà, mantenendo elevati i livelli della disoccupazione, in particolare giovanile, ma anche degli over 50, per effetto delle innumerevoli crisi aziendali.
Nonostante la pesante crisi occupazionale, la situazione infortunistica registra un nuovo peggioramento, a conferma che la ricerca di una maggiore produttività non è avvenuta in questi anni attraverso un investimento sulla risorsa lavoro, ma, al contrario, svalorizzandone il contenuto.
La contrattazione, nazionale e di II livello, anche se parzialmente, ha svolto una funzione di freno alla caduta verticale del potere d’acquisto, attaccato non solo dalla disoccupazione, ma da politiche fiscali e tariffarie che hanno scaricato sul lavoro, oltre che sui pensionati, il costo prevalente della crisi.
In questo quadro, la contrattazione, a tutti i livelli, deve assumere come prioritari gli obiettivi della difesa e della crescita dell’occupazione, in particolare femminile, del miglioramento delle condizioni di sicurezza sul lavoro, di incremento del valore aggiunto dei prodotti, dei servizi e del lavoro, di difesa e rafforzamento dei livelli salariali, di miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, attraverso l’estensione della conciliazione dei tempi.
Elevare il profilo della contrattazione significa andare oltre un’impostazione meramente difensiva, molto spesso imposta dalla crisi. La contrattazione deve rappresentare sempre più strumento di inclusione del lavoro frammentato, per fare della stessa crisi occasione di cambiamento dei modelli produttivi e del lavoro.
Anche per questo i contenuti della contrattazione debbono guardare alla tutela in modo più ampio, offrendo un insieme di strumenti in grado di rispondere ad una nuova complessità del mondo del lavoro subordinato ed autonomo. Politiche attive, processi formativi e welfare contrattuale rispondono a questa esigenza, non come strumenti alternativi alla tutela salariale né sostitutivi dei sistemi universali di tutela sociale, ma come complementari ad un nuovo sistema di diritti di cittadinanza.
Cgil, Cisl e Uil ritengono fondamentale essere soggetti attivi nel governo dei processi legati al rapporto di lavoro, a fronte di scelte politiche tendenti a vanificare il ruolo della contrattazione, a partire dai contenuti delle leggi, là dove queste hanno indebolito le norme contrattuali.
In questo senso, la contrattazione a tutti i livelli dovrà esercitarsi lungo alcuni assi in grado di operare un salto di qualità nella capacità di intervento sindacale.
Politiche attive per la valorizzazione del lavoro e gestione negoziata dell’organizzazione del lavoro
La valorizzazione del lavoro si realizza assumendo il diritto all’apprendimento e alla formazione permanente come uno dei riferimenti principali della nuova fase contrattuale che Cgil-Cisl-Uil vogliono costruire per il futuro.
A sostegno di tale obiettivo, attraverso lo sviluppo di nuove e più efficaci politiche attive, la contrattazione, in particolare di secondo livello, deve essere sinergica con la formazione continua gestita dai Fondi Interprofessionali. L’obiettivo è quello di aumentare la quantità e la qualità degli accordi aziendali/settoriali/territoriali/di distretto e dei progetti formativi delle aziende. Lo stesso confronto preventivo tra le parti, prima della definizione dei progetti formativi delle aziende, costituisce una delle principali materie della partecipazione.
La crescita del valore aggiunto delle produzioni e dei servizi, condizione indispensabile per uno sviluppo competitivo fondato sulla qualità, impone un forte investimento in ricerca, innovazione e nelle risorse umane. La formazione professionale, per questo, rappresenta una delle leve principali per l’innovazione, da utilizzare non solo come diritto individuale all’apprendimento, ma come crescita complessiva della componente lavoro, recuperando e innovando la migliore esperienza unitaria del sindacato confederale italiano, come lo è stata quella delle 150 ore.
In questo ambito, vanno anche sperimentati percorsi di alternanza scuola/lavoro.
La formazione può, inoltre, rispondere efficacemente ad un ruolo di promozione culturale rispetto ad un innovativo sistema di relazioni industriali. Vanno, a tal fine, promosse, attraverso la contrattazione ai vari livelli, iniziative formative che coinvolgano in modo più diffuso il maggior numero possibile di delegati sindacali nelle aziende e nei territori.
In questo quadro, un versante di sperimentazione può essere quello della formazione congiunta: iniziative co-progettate e co-gestite tra le parti ai vari livelli e che si rivolgano sia ai delegati sindacali che al management aziendale.
La legislazione di sostegno ai processi di partecipazione organizzativa può, in particolare, sostenere quei progetti di cambiamento organizzativo di impresa che contengano una componente formativa e si basino sul modello dell’apprendimento permanente. Cambiamento organizzativo e apprendimento permanente costituiscono strumenti essenziali per affrontare anche la fase di digitalizzazione dei sistemi produttivi, che segnerà nel profondo il futuro del nostro sistema industriale, dei servizi e della Pubblica Amministrazione.
Tale politica di valorizzazione delle risorse umane, che richiede significativi investimenti in termini di innovazione, ricerca e formazione, risulta incompatibile con la mera strategia di riduzione del costo del lavoro perseguita in tutti questi anni.
La contrattazione, in particolare di secondo livello, deve recuperare la capacità di intervenire sui processi organizzativi del lavoro, a partire dalle politiche dell’orario, della riforma degli inquadramenti, della sicurezza.
Il governo e la ridistribuzione del tempo di lavoro, nella direzione di una maggiore conciliazione con i tempi di vita, è elemento indispensabile per qualificare la condizione di lavoro, realizzare pari opportunità tra le lavoratrici ed i lavoratori e favorire la crescita di nuovi posti di lavoro.
Flessibilità dei rapporti di lavoro
Nel ribadire la centralità del contratto a tempo indeterminato, la flessibilità dei rapporti di lavoro deve essere ricondotta alle sue autentiche finalità, relative allo sviluppo della produttività e di una competitività fondata sulla ricerca, sull’innovazione, sulla qualificazione e valorizzazione delle risorse umane e sulla crescita del valore aggiunto delle produzioni e dei servizi.
Flessibilità in entrata
Ricondurre alla contrattazione i rimandi previsti dalla legge su: apprendistato, disciplina delle collaborazioni, part-time, contratti a termine, somministrazione e lavoro stagionale;
Flessibilità in uscita
Ricondurre alla titolarità della contrattazione sia le procedure, ex art.3 L.223/1991, in materia di licenziamenti economici collettivi, sia i licenziamenti disciplinari, per aggiornarli secondo il principio della proporzionalità tra mancanza e sanzione.
A partire da quanto già disciplinato dai Ccnl, è necessario ricondurre alla contrattazione le norme sulle mansioni, che il D. Lgs81 ha affidato ad accordi individuali.
È opportuno, inoltre, definire contrattualmente, tramite accordi con la Rsu/Rsa o, in assenza, con le OO.SS., i meccanismi certi di preventiva informazione del lavoratore circa le regole interne e l’utilizzo dei dati acquisiti, alla luce delle nuove norme sui controlli a distanza ed escludendo, comunque, l’utilizzo dei dati per fini disciplinari.
Gestione delle crisi aziendali
Il contesto dentro il quale favorire l’innovazione delle politiche contrattuali non può che essere quello dello sviluppo attraverso nuove politiche industriali. Senza crescita economica e produttiva, senza l’obiettivo di un significativo aumento dell’occupazione, la stessa contrattazione rischia di restare circoscritta alla difesa dell’esistente. Per questo contrattazione e politiche di sviluppo costituiscono due fattori indivisibili di un nuovo modello di relazioni industriali, tanto più, a fronte di un ciclo economico che non può considerare superata la fase di crisi di questi anni.
In questo quadro, Cgil-Cisl-Uil considerano necessario, anche congiuntamente alle Associazioni Imprenditoriali, richiedere e sostenere una vera riforma degli ammortizzatori sociali, in termini di estensione universale e di riduzione dei costi per il loro utilizzo.
In tal senso, gli obiettivi da perseguire sono:
il potenziamento dell’utilizzo del contratto di solidarietà espansiva;
il rafforzamento dell’utilizzo dei fondi interprofessionali per la formazione continua, in modo da
la definizione, nel caso di ricorso ai licenziamenti collettivi, di criteri condivisi per l’individuazione dei lavoratori interessati,
(sulla base di parametri di natura sociale, economica e normativa).
Appalti
Una nuova politica di sviluppo fondata sulla qualità del lavoro e delle imprese non può prescindere da un deciso cambio di rotta nella politica degli appalti. Il settore degli appalti rappresenta il 15% del Pil, ma è, al tempo stesso, fonte di potenziale corruzione ed illegalità, la cui diffusione rappresenta un freno ai processi di innovazione, di trasparenza del mercato e di corretta concorrenza.
Cgil-Cisl-Uil hanno svolto una importante funzione di confronto in occasione della discussione sul ddl di recepimento delle direttive comunitarie in materia di appalti, per recuperare la centralità del lavoro, dei diritti e delle sue tutele, lavoro che nel settore rappresenta la parte più consistente del capitale di impresa.
Contemporaneamente alla prosecuzione dell’iniziativa sindacale nella fase successiva di approvazione delle deleghe attuative, la contrattazione dovrà agire, a tutti i livelli, per recuperare e consolidare il sistema delle tutele, ai fini della salvaguardia occupazionale e della dignità del lavoro.
In proposito, gli obiettivi prioritari sono:
applicazione del contratto prevalente;
mantenimento della clausola sociale nei cambi di appalto;
sterilizzazione art.7 Dlgs. 23/2015 (tutele crescenti), per la difesa dei diritti acquisiti;
ricomposizione della rappresentanza (Rsu/Rsa) e mantenimento dei Ccnl di riferimento, ricomponendo le differenze attraverso la contrattazione di II livello;
responsabilità solidale in capo alla ditta appaltante per l’intero ciclo lavorativo.
Bilateralità
Nel quadro di una evoluzione positiva del sistema di relazioni industriali, la bilateralità può rappresentare un modello originale di partecipazione, in particolare nei sistemi diffusi di impresa, finalizzato all’estensione delle tutele e della qualificazione del lavoro, contribuendo, altresì, alla realizzazione di un welfare contrattuale integrato e coordinato.
La fonte della bilateralità è costituita dai contratti collettivi nazionali di lavoro che definiscono livelli e modalità della contribuzione, nonché le finalità e le condizioni di sostenibilità, favorendo i necessari processi di omogeneizzazione e di riaggregazione del sistema, a fronte di una eccessiva proliferazione, che ne indebolirebbe l’efficacia e la qualità.
L’articolazione territoriale e/o regionale della bilateralità (e dei fondi contrattuali), che intendesse realizzare maggiori aderenze con le specifiche realtà, deve essere compatibile con obiettivi, finalità e condizioni di sostenibilità dell’intero sistema.
In questo senso, occorre perseguire i seguenti obiettivi:
Realizzare in tutti i settori intese in materia di Governance (come, ad esempio, Confcommercio, 20 febbraio 2014, Codice Etico Ccnl edili, ...) . L’obiettivo è la razionalizzazione, per rendere finanziariamente sostenibile il sistema; la trasparenza, della gestione; la coerenza con la missione, destinando alle prestazioni la quota prevalente delle risorse derivanti dalle contribuzioni definite contrattualmente.
Aggiornare la “missione” della bilateralità per renderla più aderente ai bisogni del mondo del lavoro, sia in relazione alle crisi, che ai processi di stabilizzazione occupazionale (politiche attive, sostegno al reddito, integrazione ammortizzatori).
In questa direzione, potranno essere previsti, a fronte di complessi processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, forme di integrazione degli ammortizzatori sociali ordinari in ragione di specifiche necessità, nel quadro di un’estensione dei sistemi universali di tutela, con l’obiettivo della difesa occupazionale e dei livelli di reddito.
Parallelamente, potranno essere sperimentati accordi relativi a percorsi flessibili di entrata/uscita dal lavoro, al fine di garantire una maggiore stabilità occupazionale e una corretta gestione del turn-over.
Welfare Contrattuale
Lo sviluppo del welfare contrattuale, sia a livello nazionale che aziendale e/o di territorio, può rappresentare un terreno di crescita del “benessere organizzativo” e di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nel quadro di un miglioramento complessivo della produttività e delle condizioni di lavoro.
Occorre, per questo, puntare allo sviluppo esteso di una contrattazione delle forme di welfare, piuttosto che assecondare la diffusione di forme unilaterali promosse dalle imprese. In questo senso, la gestione contrattuale del welfare deve avvenire in modo mirato rispetto alle caratteristiche dei singoli contesti, partendo dai bisogni reali delle persone, delle aziende, dei territori e dei settori.
Previdenza complementare Nel quadro della vertenza generale di Cgil-Cisl-Uil sulle pensioni, occorre rilanciare il ruolo del secondo pilastro, in particolare nei confronti delle giovani generazioni a rischio-pensione, per assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale.
Occorre favorire la diffusione della previdenza complementare in tutti i settori, favorendo lo sviluppo di condizioni che consentano di contemperare l’obiettivo dei fondi pensione di migliorare ulteriormente la tutela e la redditività dei patrimoni dei propri aderenti, in un orizzonte temporale di lungo periodo, con l’interesse generale a convogliare una quota maggiore del risparmio previdenziale a sostegno dell’economia reale e dell’occupazione, per rinnovare e rafforzare la crescita delle infrastrutture sociali e produttive del Paese, anche in un’ottica di sostenibilità e riconversione ambientale.
Cgil-Cisl-Uil rafforzano il proprio impegno a tutti i livelli contrattuali per la promozione delle adesioni e per un processo che favorisca l’accorpamento dei fondi pensione, per meglio tutelare il risparmio previdenziale dei lavoratori.
Sanità integrativa Lo sviluppo dei fondi di sanità integrativa conferma la forte domanda legata alla tutela della salute. I fondi contrattuali di sanità integrativa non possono rappresentare una scelta di indebolimento del sistema universale di tutela. Al contrario, attraverso il convenzionamento con le strutture pubbliche, possono a loro volta interagire e rappresentarne un fattore di sostegno.
La sostenibilità finanziaria dei fondi sanitari integrativi impone un forte processo di razionalizzazione e di riordino dell’esistente, contro ogni spinta all’eccessiva frammentazione degli stessi.
Politica Salariale e produttività
In una prospettiva generale di rilancio della crescita, alla quale deve contribuire un rinnovato esercizio contrattuale, il processo ridistributivo della ricchezza prodotta deve intervenire a tutti i livelli della contrattazione, in modo da realizzare una crescita dei salari, non solo riferita alla tutela del potere d’acquisto, che si rivolga alla generalità delle lavoratrici e dei lavoratori.
In questo quadro, la contrattazione, nel rendere coerente la politica rivendicativa con gli obiettivi della tutela e del rafforzamento del potere d’acquisto delle retribuzioni, deve svolgere una funzione efficace per il rilancio della domanda interna e per stimolare la crescita della produttività. Sono obiettivi tra loro connessi, che fanno della politica salariale una leva della crescita e dello sviluppo, tanto dei settori, quanto dell’economia generale.
Il contratto nazionale, con la determinazione delle retribuzioni, dovrà continuare a svolgere un ruolo di regolatore salariale, uscendo dalla sola logica della salvaguardia del potere d’acquisto, che nasceva da un’esigenza di contenimento salariale in anni di alti tassi di inflazione, per assumere nuova responsabilità e ruolo.
Le dinamiche salariali dovranno, così, contribuire all’espansione della domanda interna, a contrastare le pressioni deflattive sull’economia nazionale, a stimolare la competitività delle imprese e la loro capacità di creare lavoro stabile e qualificato, nonché a valorizzare, attraverso una equa remunerazione, l’apporto individuale e collettivo delle lavoratrici e dei lavoratori.
L’esigibilità universale dei minimi salariali definiti dai Ccnl, in alternativa all’ipotesi del salario minimo legale, va sancita attraverso un intervento legislativo di sostegno, che definisca l’erga omnes dei Ccnl, dando attuazione a quanto previsto dall’Art. 39 della Costituzione.
A tal fine, il salario regolato dal contratto nazionale, sarà determinato sulla base di opportuni criteri guida ed indicatori, che tengano conto:
delle dinamiche macroeconomiche, non solo riferite all’inflazione, in particolare per quanto riguarda il valore reale dei minimi salariali valevoli per tutti i dipendenti;
degli indicatori di crescita economica e degli andamenti settoriali, anche attraverso misure variabili, le cui modalità di erogazione e di consolidamento nell’ambito della vigenza contrattuale saranno definiti dagli specifici Ccnl di categoria, anche in relazione allo sviluppo del secondo livello di contrattazione.
Nel quadro dello sviluppo della partecipazione, i Ccnl stabiliranno opportuni strumenti e sedi di verifica e di monitoraggio al fine di poter disporre, in tempi adeguati, di elementi oggettivi e condivisi di valutazione rispetto all’andamento delle retribuzioni, in relazione alle variabili economiche e sociali dei singoli contesti settoriali.
Al fine di poter svolgere i cicli negoziali, primo e secondo livello, evitando forme di sovrapposizione e, al contempo, per favorirne lo sviluppo, alla luce di una verifica sull’esperienza degli ultimi anni, potrà essere riconsiderato il periodo della vigenza contrattuale, anche nella direzione di una durata quadriennale.
Al fine di poter disporre di un quadro di riferimento utile allo sviluppo della contrattazione, sarà necessario individuare momenti e sedi di confronto tra le parti sociali sulle grandi variabili economico-sociali. Il venir meno del CNEL rende ancor più evidente questa esigenza, non in termini di surroga o supplenza, quanto rispetto alla necessità di avere un organismo, snello ma strutturato, di lettura omogenea e condivisa dei fenomeni che possono divenire indicatori di riferimento per la contrattazione.
Il secondo livello di contrattazione si inserisce a pieno titolo nella finalità di rendere le politiche salariali un fattore di crescita. Il gap di produttività del nostro Paese va combattuto perseguendo l’innovazione organizzativa, di processo e di prodotto, la scelta della qualità piuttosto che quella del mero taglio dei costi, l’internazionalizzazione e l’ampliamento dei mercati, una nuova e più significativa politica degli investimenti pubblici e privati invece della delocalizzazione.
Dovrà, quindi, essere ampliata l’esperienza compiuta in questi anni sul salario di produttività attraverso l’individuazione di obiettivi trasparenti e condivisi, nella consapevolezza, tuttavia, che il deficit di produttività del nostro sistema ha origini innanzitutto nelle diffuse diseconomie esterne e nella carenza di investimenti per l’innovazione, sulle quali occorre intervenire con politiche strutturali, senza le quali il mero intervento aziendale rischia di risultare scarsamente efficace.
Nel quadro di una generale riforma fiscale, che sostenga i redditi da lavoro, superando la mera logica dei bonus e agevolando forme di riduzione del prelievo, la detassazione, rappresenta una delle leve per incentivare la contrattazione di secondo livello. Essa va resa strutturale per favorirne lo sviluppo ed il sostegno delle forme di partecipazione, per finalizzare le risorse finanziarie alla crescita della qualità e dell’innovazione dell’organizzazione del lavoro.
2 - La Partecipazione
CGIL CISL UIL, in materia di Partecipazione, assumono a riferimento applicativo la centralità del valore e dei principi del dettato costituzionale.
L’art. 46 della Costituzione, infatti, dato il fine dell’armonia tra elevazione economica e sociale del lavoro e le esigenze della produzione, cita esplicitamente “…, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.”
Rappresentano altrettanti riferimenti nell’attuazione del principio costituzionale anche la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, che all’art 231 sancisce il diritto di ogni persona a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro, e la Carta dei Diritti Fondamentali della Unione Europea, che all’art.31 sancisce il diritto di ogni lavoratore a condizioni “sane, sicure e dignitose”.
All’interno di un equilibrio condiviso tra interessi diversi, il diritto costituzionale di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori a partecipare alle scelte produttive e organizzative delle imprese, deve essere applicato considerando le esigenze della sostenibilità complessiva e della inclusione economica e sociale, affidando ai sistemi negoziali e contrattuali collettivi i processi di definizione e di sperimentazione delle forme e degli strumenti adeguati.
CGIL CISL UIL sono consapevoli della esigenza ineludibile per l’intero sistema di imprese del nostro paese di assumere e governare scelte strategiche e complesse di lungo periodo per misurarsi in termini competitivi in uno scenario globale, caratterizzato, in particolare, da una “rivoluzione tecnologica e digitale permanente” che abbatte i cicli temporali tradizionali, che richiede velocità decisionale e gestionale e processi continui di trasformazione e adattamento delle imprese stesse.
L’innovazione sarà uno dei fattori primari e distintivi sui mercati nazionale e globale, cartina di tornasole della capacità e della qualità delle scelte di investimento nei processi produttivi, nella struttura organizzativa e nel lavoro, della produttività e della competitività, indipendentemente dai settori merceologici, dalla tipologia di impresa, dal core business, dalla dimensione delle imprese e dal territorio
In relazione a ciò, l’intero modello delle relazioni industriali deve evolvere con una scelta strategica di partecipazione, che restituisca al mondo del lavoro e al sindacalismo confederale la sua vocazione naturale di forza propulsiva dello sviluppo economico e sociale, che elevi la partecipazione dei lavoratori a valore fondamentale per la crescita democratica, politica e sociale dell’intera collettività nazionale.
La scelta di partecipazione deve concorrere alla qualificazione organizzativa, professionale e salariale del lavoro nell’ambito della innovazione dei processi produttivi, alla qualificazione strategica, competitiva e socialmente responsabile della produzione.
In base a tale scelta, CGIL CISL UIL – considerando prioritario il riferimento ai modelli di democrazia industriale attinenti i diritti di tutti i lavoratori, al modello duale, anche se non esclusivo, e al ruolo regolatore dei Contratti Collettivi Nazionali – individuano tre Aree di Partecipazione:
PARTECIPAZIONE ALLA GOVERNANCE – si tratta di un’area strategica ai fini delle scelte economiche e socialmente responsabili e dei relativi investimenti, da indirizzare allo sviluppo sostenibile, attraverso la necessaria riconversione ecologica dei prodotti e dei sistemi produttivi, alla inclusione e
In quest’area CGIL CISL UIL considerano fondamentale la partecipazione nei Consigli di Sorveglianza, che devono essere sede di reale condizionamento della gestione aziendale anche se in un equilibrio non necessariamente paritario, nei quali siano chiaramente distinti i ruoli del management e dei lavoratori ma in cui sia anche data piena e formale cittadinanza nelle decisioni ai rappresentanti espressi / eletti dai lavoratori.
In assenza di strutture duali di impresa vanno previste altre modalità di partecipazione alla governance.
PARTECIPAZIONE ORGANIZZATIVA – si tratta di un’ area che riguarda anche e in particolare le PMI e le Reti, nella quale concorrere alla innovazione dei processi produttivi e alla qualificazione del lavoro ( collaborazione sui piani progettuali e organizzativi funzionali alle scelte di business e commerciali, sulla innovazione tecnologica e digitale, sulla diversificazione / specializzazione / implementazione / diffusione delle capacità e delle competenze professionali innovative in particolare delle nuove generazioni ).
Le peculiari dimensioni delle imprese e la tipologia del rapporto tra queste e il territorio impongono la certezza formale del ruolo delle lavoratrici e dei lavoratori, della presenza e funzione del sindacato, innanzitutto sul piano contrattuale e negoziale della bilateralità, rendendo pienamente agibili i diritti di informazione e consultazione attraverso la proceduralizzazione di sedi, tempi e strumenti.
PARTECIPAZIONE ECONOMICA/FINANZIARIA – si pensa ad un’area complementare alla evoluzione e allo sviluppo della scelta di partecipazione che può essere oggetto di innovative sperimentazioni, in grado di valorizzare in termini compiuti e complessivi l’apporto del lavoro allo sviluppo dell’impresa.
A tale scopo, sono da considerare parametri fondamentali di valutazione:
la modalità di adesione nel rispetto della volontarietà dei singoli;
le modalità attuative che valorizzino il ruolo della rappresentanza sindacale in azienda
;.
Per realizzare tale scelta è fondamentale avviare un confronto con l’intera rappresentanza del mondo delle imprese, che permetta la condivisione di “Linee Guida” per la definizione di forme e sistemi strumentali adeguati, ispirati ai principi della diversificazione, della flessibilità e della gradualità, sperimentali, negoziate e regolate dalla contrattazione collettiva, con la consapevolezza che il confronto in materia di forme, strumenti e modalità attuative può comportare e / o richiedere adeguati sostegni normativi.
Il valore e i principi di tale scelta vanno inquadrati nell’ambito dello scenario europeo, che necessita di un forte rilancio del Dialogo Sociale, innanzitutto allo scopo di consolidare e sviluppare l’informazione e la consultazione.
Il perseguimento dell’equilibrio condiviso tra le esigenze di sviluppo e di competitività delle imprese e la salvaguardia dei diritti del lavoro e della coesione sociale a partire dalle retribuzioni, si fonda sulla partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori e del sindacato alla costruzione della solidità e della efficacia, a tutti i livelli, dei liberi e autonomi istituti negoziali tra le parti sociali.
3 - Le regole
La novità della stagione contrattuale è senza dubbio rappresentata dal varo delle norme sulla rappresentanza contenute nel Testo Unico firmato da Confindustria e, successivamente, da Confservizi, Alleanza delle Cooperative e Confcommercio.
Tali accordi vanno ad aggiungersi a quanto già da tempo unitariamente definito in materia di regole nel settore delle Pubbliche Amministrazioni in materia di regole.
Questo risultato va esteso a tutti gli altri settori individuando – in particolare per le realtà caratterizzate da piccole e medie imprese – forme e modalità specifiche di applicazione delle regole rapportate alle oggettive peculiarità dei diversi contesti. La scelta di definire un quadro generale di regole esprime e dimostra la volontà del sindacato confederale di rispondere alla crisi di rappresentanza con una scelta di grande coraggio e discontinuità verso l’innovazione, la trasparenza e la democrazia.
Su queste basi è possibile rilanciare un progetto di unità sindacale, a partire dai luoghi di lavoro, che faccia delle nuove regole il terreno sul quale esercitare liberamente e rendere pienamente esigibile la contrattazione a tutti i livelli.
Per questo occorre rendere pienamente attivo il nuovo sistema della rappresentanza, monitorando costantemente l’iter della certificazione dei dati, attraverso il coinvolgimento di tutte le parti firmatarie degli accordi.
Un compiuto processo di riforma e misurazione della rappresentanza dovrà necessariamente coinvolgere le stesse associazioni datoriali, per superare condizioni di monopolio o di arbitrio estranee ad un moderno sistema di relazioni industriali e per affermare il ruolo primario ed autonomo delle parti sociali in una materia nella quale non sono condivisibili interventi esterni da parte del Governo.
In questo quadro, un eventuale intervento legislativo non potrebbe che essere di recepimento di quanto definito dalle parti sociali, assumendone coerentemente le intese raggiunte e ponendo l’obiettivo della misurazione della rappresentatività alle stesse associazioni di rappresentanza dell’impresa.
Roma, 14 gennaio 2016