Il Veneto presenta molte difficoltà nell'intervento di interruzione volontaria della gravidanza. Dopo il caso della signora di Padova, che è stata costretta a rivolgersi a diverse Ulss per ottenere l'intervento, la Cgil regionale ha fatto il punto oggi in conferenza stampa. Nel Veneto il 76% dei ginecologi e l’80% del personale sanitario sono obiettori di coscienza e la regione si trova in coda tra tutte quelle italiane (assieme a Calabria, Umbria e Valle d’ Aosta) per la lunghezza dei tempi di attesa tra il rilascio della certificazione e l’intervento di interruzione di gravidanza, che in molti casi viene effettuato al limite dei tempi (3 mesi dal concepimento) oltre i quali non sarebbe più possibile.

Dopo la vicenda della signora, osserva il sindacato, il problema non è affatto smentito dalle conclusioni dell’indagine della magistratura, che ha archiviato il caso perché il reato non sussiste. L'intervento alla fine c'è stato, quindi la legge 194 non è stata violata. Ma se sul piano giuridico non si sono avute conseguenze, ciò non significa negare un problema che è ben presente e che la stessa Regione ha riconosciuto.

Queste le considerazioni della segretaria generale della Cgil del Veneto, Elena Di Gregorio, che ha parlato con la segretaria della Cgil di Padova, Alessandra Stivali, affiancate da alcune componenti dei coordinamenti donne della Cgil regionale e padovana. In particolare, Di Gregorio ha ripercorso le tappe di un confronto con la Regione, avviato da tempo ma reso più stringente dopo una lettera spedita al Presidente Zaia mentre la vicenda della signora padovana occupava le cronache dei giornali. È stato a seguito di questa che il 23 marzo si è tenuto un incontro tra la Cgil e gli assessori regionali alla sanità e al sociale, Coletto e Lanzarin, durante il quale tutti hanno convenuto sulla necessità di ovviare a una situazione che vede nel Veneto persistere condizioni di difficoltà nell’applicazione della legge (vi sono addirittura Ulss con il 100% di obiettori e molti consultori sotto organico).

Da parte loro, gli assessori si sono impegnati ad effettuare monitoraggi sullo stato sia delle strutture ospedaliere che dei consultori, di lavorare per una rete integrata e di riconvocare una nuova riunione con il sindacato per valutare i passi da intraprendere e le strategie da adottare. A fronte di questo spirito costruttivo, ha destato un certo stupore l’attacco che l’assessore Coletto ha fatto alla Cgil dopo l’archiviazione del caso da parte della magistratura. Non è stato certo con la lama dell’indagine puntata contro la Regione che la Cgil è andata al confronto, tanto più che questa è stata effettuata d’ufficio, non su denuncia di qualcuno.

La preoccupazione della Cgil riguarda i destini di tante donne, che rischiano di trovarsi sole ad affrontare problemi così gravi e riguarda la capacità delle strutture socio sanitarie di operare sul piano fondamentale della prevenzione, oltre che della congruità degli interventi e dell’assistenza. Oggi nel Veneto è in corso una riorganizzazione nella sanità con una riduzione drastica del numero delle Ulss che vengono accorpate. Ciò non deve in alcun modo rappresentare un aggiramento del problema che va affrontato per quello che è: anche, secondo la Cgil, assumendo personale non obiettore. La Regione ha assunto degli impegni, avviando un percorso. Ora si attendono i prossimi passi.