Nulla di fatto, l’azienda è rimasta sulle proprie posizioni. È il giudizio dei sindacalisti presenti, questa mattina, dalle 10.30 fino a dopo le 14, all’incontro in Confindustria con i rappresentanti della dirigenza Triumph. Sul tavolo, i 56 posti di lavoro a rischio, dopo che l’azienda ha annunciato il 12 gennaio l’intenzione di chiudere il magazzino di Trescore Balneario. Mentre all’interno della sede degli industriali si teneva il confronto, fuori si è svolto un presidio dei lavoratori.
“Se il presidio è riuscito, visto che quasi tutte le lavoratrici del magazzino hanno partecipato, il confronto con Triumph è finito in un nulla di fatto, la situazione non si è mossa di un solo centimetro” commentano Fulvio Bolis, segretario generale provinciale Filtea Cgil e Cristian Verdi della Femca Cisl. “Noi abbiamo ribadito le nostre posizioni, rendendoci disponibili a valutare il ricorso ad ammortizzatori sociali, nello specifico ai contratti di solidarietà, strumento utile anche nella gestione degli orari per tentare di attenuare le difficoltà aziendali. Tutto, però, a condizione che il magazzino resti in piedi, che l’attività non venga spostata a Obernai, in Alsazia, come invece intende fare l’azienda. Insomma, le lavoratrici sono disposte a fare sacrifici, purché il centro logistico di Trescore resti aperto”.
Di fronte alle ipotesi sindacali dell’utilizzo di contratti di solidarietà, l’azienda ha ribadito la scelta compiuta dal gruppo, cioè quella di cessare la logistica in bergamasca per rendere più efficace ed efficiente la struttura internazionale. “Riteniamo di non aver avuto risposte sufficienti” continuano i sindacalisti, “in merito alle nostre domande sui risparmi che deriverebbero dalla chiusura e sull’effettivo vantaggio dello spostamento logistico in Francia. Insomma, non ci convincono. Dunque continuiamo a ritenere miope la scelta dell’azienda. Per Triumph l’Italia continua ad essere mercato importante: nel 2008 il fatturato aziendale nel nostro Paese è stato di oltre 77 milioni di euro, mentre lo scorso anno, ci dicono dall’azienda, ci si attende d’aver raggiunto e forse superato i 74 milioni. Il Paese in cui si opera non può essere solo un mercato di sbocco; è per noi soprattutto un luogo in cui esercitare una responsabilità per la tenuta dell’occupazione. Lo sappia l’azienda, che è arrivata all’incontro per illustrare un ‘piano sociale’ che, a suo dire, dovrebbe contribuire ad attenuare le difficoltà dei lavoratori. Lo abbiamo ascoltato, ma non siamo entrati nel merito: abbiamo preso atto di quello che Triumph propone in cambio della chiusura del magazzino. Chiusura a cui non smettiamo di opporci, soprattutto visto i miseri contrappesi messi sul piatto dall’azienda”.
La sede logistica è, insieme agli uffici, quanto rimane in bergamasca dopo i tagli e lo spostamento della produzione che risalgono al 2004. In quell’anno l’azienda leader di abbigliamento intimo annunciò 113 esuberi causati dalla cessazione della produzione Sloggi. Fra trattative e cassa integrazione gli esuberi, allora, scesero a 88.
Triumph (Bg), azienda conferma volontà chiusura
22 gennaio 2010 • 00:00