Se tutto fosse accaduto solo quaranta minuti dopo, la storia da raccontare sarebbe stata un’altra. L’una di quel 3 ottobre 2011, infatti, era l’ora della pausa di pranzo, il momento in cui Antonella andava a comprare i panini, Giovanna a prendere i caffè e Mariella si allontanava per la sua abituale telefonata. Il maglificio al pianterreno della palazzina di via Roma sarebbe stato vuoto. E invece no, alle 12 e 21 lo stabile nel centro storico di Barletta si è letteralmente sbriciolato, collassando su se stesso e lasciando solo un buco nero. Sotto i calcinacci, i sogni e le speranze di quattro operaie tessili e di una ragazzina, la figlia del titolare dell’opificio. Cento anni prima, nel 1911, furono in 146, la maggior parte donne – immigrate italiane ed ebree dell’Europa orientale –, a morire nell’incendio divampato in una fabbrica all’ottavo piano di un grattacielo di New York.

Nel docufilm Triangle di Costanza Quatriglio – il titolo riprende il nome della fabbrica americana – c’è il racconto delle due tragedie, realizzato attraverso l’intreccio di immagini e testimonianze, nel tentativo di accostare la vicenda delle operaie pugliesi a quella delle protagoniste, loro malgrado, di uno dei più gravi incidenti della storia del lavoro. La pellicola viene proiettata per la prima volta a Barletta oggi, giovedì 12 febbraio, presso il cinema Opera, alla presenza dei familiari delle vittime, della regista, del sindaco della città Pasquale Cascella, del segretario generale della Cgil Susanna Camusso e del sottosegretario alle Riforme Ivan Scalfarotto.

A New York decine di operaie morirono tra le fiamme
, altre persero la vita perché si lanciarono dalle finestre nel disperato tentativo di sfuggire all’incendio, qualcuna ce la fece. A Barletta a salvarsi è stata solo Mariella, l’unica operaia estratta viva dalle macerie. Antonella, Giovanna, Matilde e Tina, le sue colleghe, non ce l’hanno fatta. È Mariella ad affidare il suo racconto alla macchina da presa della Quatriglio e a chiedersi perché sia toccato proprio a lei sopravvivere. “Una domanda alla quale Mariella non troverà mai una risposta – spiega la regista –, se non nel fatto che deve continuare a vivere per chi l’ama e per se stessa. Mariella mi ha insegnato che si può e si deve ricominciare, e che la dignità del lavoro vince sulla morte.

Di Mariella mi resta nel cuore il suo rapporto con la macchina da cucire, lei dice addirittura di parlarle e di conoscerla. È lo stesso rapporto che ho io con la mia macchina, quella da presa, un legame d’amore e di riconoscimento reciproco, lo stesso rapporto che ognuno di noi ha con la propria occupazione perché il lavoro, per un operaio o per un intellettuale, è un aspetto fondante della persona. Per questo proteggere il lavoro non significa solo mettere una scala antincendio, ma salvaguardare la dignità dell’individuo”.

Mariella nel film racconta di “aver visto una luce tra le macerie”
. E quindi, dice, “dove c’è luce c’è aria, e se c’è aria non posso morire”. Come chiunque sia sfuggito a una tragedia, anche Mariella si porta dentro ferite che probabilmente non si cicatrizzeranno mai. “Quello che a lei serve – spiega la regista – è trovare le parole per dire quello che ha dentro, e io spero che il film serva a dare occasioni di confronto ed elaborazione comune di ciò che è accaduto”.

L’idea di realizzare questo lavoro è venuta alla Quatriglio nella primavera del 2012, quando alla regista è stato proposto un progetto che partiva dalle immagini della tragedia newyorchese. “In quel momento ho capito che raccontare una storia di un secolo prima aveva senso solo se fatto alla luce dell’oggi. Da qui la molla: mettere insieme passato e presente in un docufilm. Attraverso l’aspetto figurativo delle due città potevo ritrovare una lettura della modernità che, da un lato, fa delle promesse alle persone in cerca di un futuro migliore, com’è accaduto agli inizi del Novecento a New York, dall’altro, non solo non tiene fede alla parola data ma addirittura la tradisce”.

La storia di Barletta ha subito profondamente colpito la regista, perché “era la tragedia di un’intera comunità
che a un certo punto si rende conto di avere qualcosa, al suo interno, che dovrà essere curato”. Un altro aspetto che mi aveva colpito, prosegue, era “il fatto che sentivo spesso dire che il lavoro nero non c’entrava niente, e che la palazzina sarebbe crollata lo stesso”. Anche Mariella nel film ne è convinta: “Se fossimo state in regola il palazzo sarebbe crollato comunque. Chi lo frenava?”. In Triangle si comprende che le conquiste del lavoro non sono mai scontate. Dopo l’incendio di New York la legislazione sulla sicurezza è stata un tema decisivo delle lotte sindacali. In Italia le leggi ci sono, ma la tragedia di Barletta ha mostrato che comunque non bastano. “Stare davanti alle macerie di via Roma – conclude Costanza Quatriglio – è come stare davanti a un buco nero della nostra civiltà. Nel 2011, a Barletta, non è crollato solo un palazzo ma un’intera civiltà”.