“Siamo stati traditi da chi doveva stare al nostri fianco. Gli impegni presi non sono stati mantenuti, coloro che ricoprono incarichi di governo non sono stati all'altezza del loro ruolo”. A dirlo, tra gli applausi della piazza, è il presidente dell'associazione dei parenti delle vittime del 2 agosto 1980, Paolo Bolognesi, dal palco allestito davanti alla stazione per la commemorazione del 37esimo anniversario della strage di Bologna (qui l’audio del discorso trasmesso da RadioArticolo1). "In un Paese normale che voglia definirsi democratico, il percorso di giustizia e verità intrapreso dalla nostra associazione avrebbe dovuto essere costantemente sostenuto e agevolato dalle istituzioni e dallo Stato”. Invece, sferza il presidente, "troppo spesso ciò che avrebbe dovuto costituire una risorsa si è rivelato un ostacolo, a volte persino un nemico da contrastare”.

La storia non si archivia. La forza della verità non si può fermare. La giustizia faccia la sua parte" è la frase impressa sul manifesto del 37esimo anniversario richiamata anche dal rappresentante dei familiari. "Non si può chiedere, sulla base di vecchi esiti giudiziari, di archiviare l'indagine sui mandanti della più grave strage del dopoguerra e, soprattutto, del più grave tentativo di rovesciare l'impianto costituzionale senza scomodarsi a indagare sui nuovi elementi che abbiamo dettagliato in più memorie depositate in Procura che, evidentemente, o non hanno letto o non hanno compreso. Non si può ignorare la rilevanza dei nuovi elementi e il verdetto di condanna per la strage di Brescia”.

 

Il fascicolo dell'inchiesta sui mandanti, sempre rimasto contro ignoti, fu aperto dalla Procura felsinea nel luglio 2011 in seguito a un esposto depositato proprio dall'Associazione dei familiari poi integrato da ulteriori memorie (indicando nomi e cognomi e capi di imputazione) per far emergere eventuali complici, finanziatori o mandanti della strage attraverso una approfondita rilettura di atti processuali di altri attentati come, ad esempio, le stragi di piazza Fontana, del treno Italicus, di piazza della Loggia e le indagini sui diversi movimenti neofascisti presenti sul territorio nazionale. I magistrati bolognesi non hanno accolto le ipotesi avanzate dagli autori dell'esposto e, dopo quasi sei anni di indagini (esami di documenti, audizioni, informative di Digos e Ros) hanno chiesto al gip l'archiviazione dell'inchiesta.

Minacciando di disertare la cerimonia del 9 maggio scorso, per la Giornata della memoria delle vittime del terrorismo, "abbiamo voluto richiamare alle proprie responsabilità di trasparenza e di impegno del governo – ricorda Bolognesi –, perché il rispetto delle istituzioni nei confronti delle vittime di terrorismo e stragi si deve dimostrare concretamente non solo una volta all'anno, con una commemorazione, ma realizzando tutte le promesse fatte e adempiendo comunque al dovere di fare sino in fondo chiarezza". Anche i rinnovati impegni dell'esecutivo, però, “non sono stati mantenuti. Siamo stanchi dell'immobilismo e delle mancate risposte. E siamo anche stanchi dell'ambiguità che mostrano troppo spesso gli uomini che sono stati chiamati a presiedere le istituzioni".

"Noi – ha concluso Bolognesi – continueremo a impegnarci per liberare il nostro Paese dall'occultamento del proprio passato, perché la storia eversiva non sia archiviata, censurata o chiusa nei cassetti degli apparati. Dopo 37 anni di battaglie contro depistaggi e apparati per arrivare alla verità, se qualcuno crede di scoraggiarci può darsi pace, perché non ci arrenderemo. I familiari delle vittime non si accontentano delle sentenze sugli esecutori: perché oggi sanno che ai mandanti si può e si deve arrivare, anche per liberare il nostro Paese da logiche inaccettabili sul fronte dei ricatti e patti stretti in quella stagione che condizionano la nostra vita democratica".

Dopo il discorso è stato rispettato un minuto di silenzio alle 10 e 25 in punto, ora in cui avvenne lo scoppio della bomba, per commemorare le 85 vittime.