"Abbiamo vissuto una giornata che consegna alle organizzazioni sindacali una grande responsabilità. Una giornata che dice dell’urgenza di un confronto con il mondo imprenditoriale per chiudere rapidamente e positivamente una trattativa durata decisamente troppo”. Lo afferma Massimo Cestaro, segretario generale Slc Cgil, parlando dello sciopero nazionale odierno delle telecomunicazioni indetto dalle categorie di Cgil, Cisl e Uil per chiedere il rinnovo del contratto nazionale e parlando di "alta adesione" allo stop.

Dieci mesi di discussione, prosegue il leader della Slc, “fanno torto a un sistema di relazioni sindacali che, nelle telecomunicazioni, è ampiamente consolidato. Non è ammissibile che un settore sempre più strategico e centrale nel sistema paese si regga su forme di deregolamentazione dei rapporti di lavoro e che consegni a tutti noi precarietà ed espulsioni dal lavoro”.

“Il tema delle clausole sociali – dice ancora Cestaro – è per noi un nodo fondamentale e la nostra richiesta è improntata, sostanzialmente, su criteri elementari di tutela dell’occupazione lì dove il lavoro lo consenta. È una norma di civiltà e perciò appaiono totalmente incomprensibili le resistenze opposte dalla controparte”. “Nessuno ha in mente di porre limiti alle prerogative e alle titolarità delle aziende – conclude il dirigente sindacale –, ma nessuno può chiedere al sindacato di non tutelare, in tutte le forme possibili, l’occupazione, i diritti e le condizioni contrattuali dei lavoratori”.

Alcuni lavoratori dei call-center piemontesi hanno manifestato stamani in piazza Castello, nel centro di Torino, nel giorno dello sciopero nazionale delle telecomunicazioni per chiedere il rinnovo del contratto. "L'esternalizzazione dei servizi ci trasformerà sempre più in operatori-fantasma", dicono i manifestanti. "Siamo già sottopagati e precari - aggiungono - e con il mancato rinnovo del contratto e con i ricatti sui diritti da parte delle associazioni datoriali, rischiamo di diventare una specie in via di estinzione, in quanto licenziabile perché troppo costosa rispetto ai colleghi sfruttati di Romania, Tunisia, Egitto e Argentina, pagati ben 200 euro al mese". Altre manifestazioni si sono tenute nel centro di Roma e di Palermo.