Cinque anni fa il rogo nello stabilimento ThyssenKrupp di Torino, una delle maggiori tragedie sul lavoro della Storia italiana. Era la notte tra il 5 e 6 dicembre 2007. Nello stabilimento avviene un incidente: da una vasca fuoriesce una quantità di olio bollente in pressione, che in pochi attimi sviluppa un incendio. Non è la prima volta che accade: si era già verificato un episodio simile, senza vittime. Stavolta è un rogo: gli operai tentano di avvertire la sicurezza e domare le fiamme, ma vengono travolti dal fuoco. Un lavoratore muore dopo pochi minuti, altri sei perdono la vita nei giorni successivi. Si chiamano Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Bruno Santino, Antonio Schiavone, Roberto Scola.

I giornali e l'opinione pubblica si occupano subito del rogo della Thyssen: insieme al dolore arriva una coda di polemiche, legata all'orario di lavoro - alcune vittime erano in servizio da 12 ore: otto più quattro di straordinari - e alla presunta violazione delle norme di sicurezza. Molti lavoratori hanno assistito alla morte dei colleghi, senza la possibilità di intervenire.

IL PROCESSO

Il processo di primo grado è lungo e segnato da molti colpi di scena.
Sono emerse le carenze nel sistema di sicurezza, attraverso una serie di testimonianze, che hanno spiegato come la protezione fosse subordinata al costo economico. Non sono mancate altre polemiche: per esempio, quando i legali dell'azienda hanno indicato possibili "colpe" degli operai nel rogo dell'impianto. Salvo poi smentirsi: gli addetti hanno compiuto "errori dovuti a circostanze sfavorevoli", si è corretta la Thyssen, ma alle vittime non sono imputabili responsabilità precise.

Il procedimento si è aperto il 15 gennaio 2009 nella maxi aula 1 del Palazzo di giustizia di Torino. Sul banco degli imputati l'amministratore delegato della multinazionale tedesca, Harald Espenhahn, accusato di omicidio volontario con dolo eventuale. Secondo l'accusa Espenhahn conosceva le carenze nella sicurezza dello stabilimento, ma aveva stabilito di posticipare i lavori di adeguamento. Insieme a lui, imputati anche l'azienda come persona giuridica e altri cinque dirigenti, accusati di omicidio colposo aggravato: Cosimo Cafueri, Daniele Moroni, Gerald Prigneitz, Marco Pucci, Raffaele Salerno. Il pubblico ministero è Raffaele Guariniello. Da quel momento in poi, parte una lunga battaglia tra accusa e difesa.

Tanti i momenti importanti del procedimento. Per esempio le parole di Giovanni Pignarosa, delegato Rsu delle acciaierie, rivela che l'impianto si fermava solo per problemi alla produzione: "Se i problemi intaccavano la qualità del materiale allora si bloccava l'impianto, altrimenti no e si interveniva a linea di movimento". E ancora: "I colleghi subivano pressioni psicologiche dall'azienda per non premere il pulsante di allarme".
 
Nel corso dei mesi si ascoltano testimonianze che ribadiscono la stessa situazione: il capoturno nella notte del disastro, responsabile delle squadre di emergenza, si dichiara "assolutamente impreparato" a fronteggiare i rischi derivanti dalla produzione. Le assicurazioni Axa riferiscono che la Thyssen rifiutò un impianto antincendio da 20mila euro. Molti anche i particolari tecnici: dei 32 estintori sequestrati sulla linea 5, soltanto 18 avevano il cartellino previsto e 13 avevano le etichette illeggibili. Il 40% degli estintori era quindi irregolare.

Molte voci si susseguono nell'aula torinese. Un ex capoturno: "Nell'ultimo anno era un'anarchia: era calata la manutenzione, si spostavano i lavoratori di continuo, quando qualcuno andava via lo rimpiazzavano con un ragazzino". Una decina di lavoratori, dopo aver visto morire i compagni, ha riportato danni psichici difficilmente cancellabili. Lo ha detto nella sua testimonianza il medico neurologo Roberto Galli Della Loggia.

LA SENTENZA

L’amministratore delegato della ThyssenKrupp, Harald Espenhahn, viene condannato dalla Corte di Assise di Torino a 16 anni e mezzo di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale per i sette morti del rogo alla Thyssenkrupp.

Al termine di un processo durato quasi 100 udienze, i giudici hanno accolto la richiesta dei pm Raffaele Guariniello, Francesca Traverso e Laura Longo. Non solo per quanto riguarda i capi d’accusa imputati al manager tedesco, ma anche per tutti gli altri imputati nel processo.

Il 28 novembre si è aperto il processo d'appello. Davanti alla corte d'assise d'appello presieduta dal giudice Gian Giacomo Sandrelli ci sono i tre pm che hanno sostenuto l'accusa in primo grado Raffaele Guariniello, Laura Longo e Francesca Traverso, gli avvocati della difesa e quelli delle parti civili.

“Sono passati cinque anni dal gravissimo incidente
che causò la morte di sette operai dello stabilimento della ThyssenKrupp di Torino. Il loro ricordo, le condizioni di lavoro e lo stato di insicurezza in cui persero la vita devono essere un severo monito per tutti. In questo, siamo confortati dall’operato della magistratura, che ha severamente e coraggiosamente sanzionato i comportamenti dell’azienda con una storica sentenza”. Lo afferma il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ricordando le vittime dello stabilimento siderurgico.