Dopo vent'anni torna a scioperare il settore-tessile abbigliamento. Il motivo è la rottura della trattativa tra sindacati e Smi-Confindustria per il rinnovo del contratto nazionale, scaduto lo scorso 31 marzo, che riguarda 420mila lavoratori in circa 50mila aziende. Il 90% sono donne. Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil hanno avviato la mobilitazione con 8 ore di sciopero che si articoleranno a livello territoriale entro il 21 novembre. Una manifestazione nazionale è prevista entro il 20 dicembre. Obiettivo della protestare è portare la controparte a cambiare posizione e creare le condizioni per riprendere il confronto. Lo hanno spiegato oggi i sindacati in una conferenza stampa congiunta, nella sede della Cisl a Roma in via Po.

Alla base dello stop c'è l'atteggiamento delle aziende, soprattutto nella parte salariale. Sistema Moda Italia ha proposto infatti una verifica dell'inflazione "ex post", ovvero al termine di ogni anno, invece di anticiparla nell'aumento in busta paga come prevede l'attuale modello contrattuale. Il tavolo non è andato oltre: dinanzi a tale ipotesi i sindacati hanno rilevato l'impossibilità del confronto e interrotto la trattativa. Una richiesta inaccettabile, a loro avviso, perché rischia di uscire dal rinnovo triennale e tenta di introdurre un nuovo modello con eventuali aumenti - solo se spettano ai lavoratori - che vengono definiti a fine di ogni anno sulla base dell'inflazione reale. Non solo: la controparte chiede anche la restituzione di 72 euro del precedente rinnovo, che risultano dallo scostamento tra inflazione programmata (indice Ipca) e quella effettiva. Di fatto, la somma non viene restituita in busta paga ma le imprese ma vogliono fare "pari e patta" con l'indice dei prezzi al consumo stimato nei prossimi tre anni.

"Sistema moda Italia sembra interessata esclusivamente a ridurre diritti e salari, attraverso l'affermazione di un modello contrattuale che definisca ex post i minimi e non dia all'atto della sottoscrizione nessuna certezza sugli aumenti". Queste le parole dei segretari nazionali di Filctem, Femca e Uiltec, Stefania Pomante, Mario Sivieri e Riccardo Marcelli. Un'ipotesi, fa notare Marcelli, "che ricorda molto la vecchia scala mobile". In ogni caso, riprende Pomante, "i sindacati al tavolo non hanno questo mandato. I lavoratori tessili non possono certamente cambiare modello contrattuale, se ne può discutere solo a livello confederale: noi come rappresentanti del settore non abbiamo questa disponibilità". Lavoratori, tra l'altro, "che malgrado i loro bassi salari hanno fatto grande la moda italiana nel mondo: non meritano questo trattamento".

Non va meglio nel capitolo normativo. Qui le aziende vogliono intervenire sugli istituti contrattuali della malattia e delle ferie - particolarmente delicati in un settore di lavoratrici donne - e mettere mano alla legge 104 che regola i permessi retribuiti. Per Stefania Pomante la posizione di Smi-Confindustria "è incomprensibile e inaccettabile - ha detto -. Gli addetti del tessile-abbigliamento sono tra i meno pagati in Italia, i loro stipendi medi si aggirano intorno ai mille euro, sono quasi tutte donne. Hanno tenuto duro negli anni della crisi: è scorretto non concedere aumenti".

"L'obiettivo è riprendere la trattativa. Ma se non cambia qualcosa - ha avvertito - a gennaio metteremo in campo nuove mobilitazioni nelle principali città italiane della moda". Il riferimento è a possibili iniziative durante Pitti Uomo a Firenze e la settimana della moda a Milano. In conclusione, così Pomante, "non è nostra intenzione lasciare i lavoratori senza contratto".