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Nel 2014 occupati al Sud come nel 1977: "5,8 milioni, sotto la soglia psicologica dei 6 milioni; il livello più basso almeno dal 1977". E' quanto si legge nel Rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2015.
"Tornare indietro ai livelli di quasi quarant'anni fa - si legge nel testo - testimonia, da un lato, il processo di crescita mai decollato, e, dall'altro, il livello di smottamento del mercato del lavoro meridionale e la modifica della geografia del lavoro". Il tasso di disoccupazione arriva nel 2014 al 12,7% in Italia, quale media tra il 9,5% del Centro Nord e il 20,5% del Sud. Nel 2014 i posti di lavoro in Italia sono cresciuti di 88.400 unità, tutti concentrati nel Centro Nord (133 mila), mentre il Sud ne ha persi 45 mila. Segnali di un debole miglioramento solo nell'ultimo periodo: tra il primo trimestre del 2014 e quello del 2015 gli occupati sono saliti in Italia di 133 mila unità, di cui 47 mila al Sud e 86 mila al Centro-Nord.
Rimane il dato che tra il 2008 e il 2014 delle 811 mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro ben 576 mila sono residenti a Sud. Situazione difficile in particolare per le donne che, tra i 15 e i 34 anni sono occupate al Sud solo una cinque. Per quello che riguarda i giovani Svimez parla di una "frattura senza paragoni in Europa": il Sud negli anni 2008-2014 ha perso 622 mila posti di lavoro tra gli under 34(-31,9%) e ne ha guadagnati 239 mila negli over 55, con un tasso di disoccupazione under 24 che raggiunge il 56%. Questa situazione porta a credere che studiare non paghi più, "alimentando così una spirale di impoverimento del capitale umano, determinata da emigrazione, lunga permanenza in uno stato di disoccupazione e scoraggiamento a investire nella formazione avanzata".
Lo stesso rapporto svela poi che "dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto del 13% la metà della Grecia che ha segnato +24%: oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell'Europa a 28 (+53,6%)". Preoccupante anche l'andamento demografico: "Nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174mila nascite, livello al minimo storico registrato oltre 150 anni fa, durante l'Unità d'Italia: il Sud sarà interessato nei prossimi anni da uno stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili".
Dal 2008 al 2014, d'altronde, il settore manifatturiero al Sud ha perso il 34,8% del proprio prodotto, contro un calo nazionale del 16,7% e ha più che dimezzato gli investimenti (-59,3%), tanto che nel 2014 la quota del valore aggiunto manifatturiero sul Pil è stata pari al Sud solo all'8%, ben lontano dal 17,9% del Centro-Nord. Dato che fa il paio con la caduta delle esportazioni che in nel Centro-Nord salgono del 3% e al Sud crollano del 4,8%.
Il Sud sconta poi un forte calo sia dei consumi interni che degli investimenti industriali. I consumi delle famiglie meridionali sono infatti ancora in discesa, arrivando a ridursi nel 2014 dello 0,4%, a fronte di un aumento del +0,6% nelle regioni del Centro-Nord. Se si guarda dall'inizio della crisi al Sud i consumi sono scesi del 13,2%, oltre il doppio che nel resto del paese. Anche peggiore la situazione degli investimenti che nel 2014 scendono di un ulteriore 4%, portando il dato dal 2008 a un calo del 38%, con picchi del 59% per l'industria, del 47% per le costruzioni e del 38% nell'agricoltura.
Non è immune dal crollo nemmeno la spesa pubblica. A livello nazionale dal 2001 al 2013 la spesa pubblica in conto capitale è infatti diminuita di oltre 17,3 miliardi di euro da 63,7 miliardi a 46,3 ma al Sud il calo Š stato di 9,9 da 25,7 a 15,8. Scendono soprattutto al Sud i trasferimenti in conto capitale a favore delle imprese pubbliche e private: tra il 2001 e il 2013 si è registrato un calo del 52%, pari a oltre 6,2 miliardi di euro.