Dal caso Moro alla prima strage di Fiumicino, da Ustica all’attentato a Giovanni Paolo II, il giudice Rosario Priore ha curato inchieste di grande importanza, approfondendole nei minimi dettagli, sempre con grande umiltà, per cercare di far luce demolendo i luoghi comuni. Partendo dalla vicenda della P2, gli abbiamo rivolto delle domande su alcune questioni di rilievo della nostra storia passata e recente.

Rassegna Come definirebbe la P2 e l’influenza di alcuni personaggi i cui nomi continuano a circolare anche nelle inchieste su P3 e P4?

Priore La loggia massonica P2 fu un grumo di potere molto forte, con persone dei più disparati ambienti. I capi dei servizi segreti, quelli che vennero fuori dalla riforma, nata da un accordo consociativo tra le vecchie forze di centro e quelle di sinistra – il senatore Ugo Pecchioli del Pci diede una mano enorme per farla passare –, erano iscritti alla P2. Alla P2 era iscritto anche il generale Dalla Chiesa. Ed erano associati dei giovani ufficiali che lo facevano per non sentirsi soli in un mare di aspiranti agli stessi posti. Le persone potenti hanno la tendenza a mettersi insieme – una tendenza che c’è anche oggi – e questi ambienti accorciano le distanze, permettendo di interloquire più facilmente.

Rassegna Ha mai creduto ai servizi deviati?

Priore Io ho sempre sostenuto che i servizi non possono prescindere dal livello politico. I servizi realizzano quello che vogliono i governanti, si muovono a fronte di scelte che restano monopolio della classe politica, la quale decide a sua misura i capi dei servizi, i generali che contano, e i capi di alcune amministrazioni civili. Tutte queste persone sono molto abili, molto intelligenti, però mettono in atto le decisioni dei governi. Il generale Santovito del Sismi, ad esempio, che ho conosciuto prima che morisse nel 1984, non credo si sarebbe mai mosso se non avesse avuto l’input del livello politico.

Rassegna E se nascono dei contrasti?

Priore Ce ne sono stati.Ad esempio fra Andreotti e l’ammiraglio Fulvio Martini. Succede che il filo di fiducia si spezza e l’uomo dei servizi è costretto a dimettersi. Altre volte l’uomo dei servizi finisce per essere denunciato, come credo che sarebbe accaduto a Santovito se non fosse morto prima che cominciassero le indagini su tanti fatti, tra cui la scomparsa dei due giovani giornalisti De Palo e Toni (vedi il secondo articolo, ndr).

Rassegna Con l’attuale riforma della giustizia i giovani magistrati avranno maggiori mezzi a disposizione per condurre le inchieste?

Priore I giovani magistrati hanno minore esperienza e questo a volte è perfino un vantaggio nell’affrontare le inchieste. Io sono convinto che uno deve capire il contesto che ha determinato i fatti. Noi spesso ci siamo limitati soltanto a quello che stava attorno al delitto, alla strage, indagando intorno al luogo dove succedeva il fatto. E ci siamo dimenticati che tante vicende hanno invece origine in altri paesi, in altri continenti.

Rassegna Si riferisce a qualcuna delle sue inchieste, che magari oggi affronterebbe con un diverso approccio?

Priore Ho istruito la prima strage di Fiumicino, quella del ’73, pensando si trattasse di un “normale” atto di terrorismo. Poi, ma a distanza di tempo, ho riflettuto sul contesto. Ricordo che in quel periodo a Ginevra c’era una conferenza per la soluzione del conflitto arabo-israeliano e contemporaneamente c’era il Fronte del rifiuto, l’insieme delle organizzazioni palestinesi che si opponevano a qualsiasi ipotesi di accordo con Israele, e che avevano collegamenti con i fedayyn di Settembre nero, autori della strage alle Olimpiadi di Monaco del ’72. C’era un conflitto che si è giocato a lungo anche sul nostro territorio e da cui sono nate diverse stragi, perché in questa “arte della guerra” si sono esercitati in tanti.

Rassegna Ha indagato anche sul traffico d’armi fra l’Italia e i paesi della black list?

Priore Quello delle armi è un traffico importantissimo e determina la politica estera di molti stati. L’Italia è stata anche il terzo produttore mondiale di armi e le fabbricavamo, ovviamente, per venderle. Ma siccome c’erano paesi a cui era proibito venderle, si adottavano vari stratagemmi “bypass”, come quello cosiddetto dell’end-user. Gli acquirenti erano quasi sempre ed esclusivamente paesi sotto embargo. Questi paesi – ad esempio Sudafrica e Israele – si rivolgevano a noi perché le armi di produzione italiana erano ottime.

Rassegna Cosa pensa dell’attuale guerra in Libia e del protagonismo della Francia?

Priore I francesi sono diventati acerrimi nemici di Gheddafi perché lui aveva fatto una scelta a favore dell’Italia. Non credo che la guerra in Libia nasca per scopi umanitari, a me pare un regolamento di conti. Leggendo un libro di memorie di Giscard d’Estaing ho trovato un passaggio in cui l’ex presidente francese afferma che il principale problema della politica estera della Francia in Africa era Gheddafi e che quindi si doveva eliminarlo. Quando leggo la parola “eliminare” in quel tipo di contesto non mi viene affatto in mente un sistema elettorale democratico che possa dare come esito l’elezione di un nuovo leader. In questi contesti si esce di scena con l’eliminazione fisica.

Rassegna Pensa che l’obiettivo dei francesi abbia a che fare con il disastro aereo di Ustica? Qualcuno, però, insiste sulla presenza di una bomba all’interno del velivolo dell’Itavia.

Priore L’obiettivo di Giscard d’Estaing è stato confermato anche con Mitterrand e oltre, e se è successo qualcosa in questo senso nel cielo di Ustica, ciò risale al tempo di d’Estaing (rimasto in carica fino all’81, ndr). Nel cielo di Ustica tutto ci ha fatto pensare che fosse avvenuta una vera e propria battaglia aerea. Sull’opzione bomba tutto può essere (il giudice Priore sorride ironicamente, ndr): può darsi che sull’aereo ci fosse una bomba che è esplosa proprio nel momento in cui c’è stata un’aggressione a un velivolo che sicuramente viaggiava sotto o in coda al nostro. E, quindi, questo può essere avvenuto per realizzare un sogno che ha dominato la politica francese in Africa: eliminare Gheddafi, deporre Ben Ali e cambiare Mubarak.