In Italia gli stipendi pubblici, tra congelamenti salariali e aumenti minori rispetto al tasso di inflazione, sono diminuiti in media di circa 4 mila euro annuali pro capite. A dirlo è il Sindacato europeo dei servizi pubblici (Epsu), che oggi celebra la Giornata dei servizi pubblici (come stabiliuto dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite). “Public sector workers needs a pay rise” (I lavoratori dei settori pubblici hanno bisogno di un aumento dei salari), questo lo slogan della Giornata e della campagna per l’aumento dei salari (con l’hashtag #OurPayRise), che vede in Italia il forte impegno della Fp Cgil.

“Gli attacchi alla remunerazione e ai servizi del settore pubblico hanno colpito l'obiettivo sbagliato” spiega il segretario generale della Epsu Jan Willem Goudriaan: “I circa 20 milioni di lavoratori del settore pubblico continuano a pagare il prezzo, mentre i banchieri responsabili della crisi finanziaria vedono un ritorno ai profitti e bonus sempre più generosi. È tempo per gli investimenti pubblici di affrontare la carenza di personale e di garantire servizi pubblici di qualità per tutti in Europa”.

Per stare al caso italiano, spiega la Fp Cgil ripercorrendo i dati del conto annuale della Ragioneria generale dello Stato, emerge come le retribuzioni medie nella pubblica amministrazione siano addirittura calate dal 2009 (anno all’origine del blocco contrattuale) al 2015.  “Si è passati – spiega un comunicato - da 34.522 euro per il 2009 a 34.146 euro per il 2015. Un arretramento da leggere parallelamente all’aumento del costo della vita registrato in questi stessi anni. L’inflazione è di fatti cresciuta, nello stesso segmento di tempo, del 9,4 per cento”. 

Tornando all’analisi della Epsu, il sindacato europeo sottolinea come “l’austerità abbia assunto un impatto significativo sui posti di lavoro, sulle retribuzioni e sulle condizioni dei dipendenti pubblici in tutta Europa”. I governi “non hanno esitato a salvare le banche per stabilizzare l'economia mondiale dopo la crisi finanziaria”. E, nello stesso modo, non hanno esitato “a imporre i tagli alla spesa pubblica, avendo come obiettivi principali i lavoratori e i servizi che essi forniscono ai cittadini”.

Il problema delle retribuzioni, aggiunge il Sindacato europeo dei servizi pubblici, riguarda numerosi paesi: in Italia e nel Regno Unito “i dipendenti pubblici hanno perduto in media 4 mila euro annui, in Grecia si registra una perdita del 40 per cento, in Spagna e in Portogallo i sindacati stanno negoziando per ripristinare, rispettivamente, il 15 e il 9 per cento del potere d'acquisto”.

Il sindacato europeo rimarca anche “l’aumento del lavoro precario” nel mondo pubblico e la crescita “della pressione su coloro che sono ancora in attività per offrire di più, mentre vengono pagati di meno”. Nella pubblica amministrazione italiana la questione del precariato si pone in maniera abnorme: i recenti dati Istat hanno mostrato che si contano quasi mezzo milioni di precari. Da qui la richiesta della Fp Cgil di “associare allo sblocco del turn over, insufficiente per affrontare il fenomeno, un piano di assunzioni straordinario da portare avanti parallelamente alla trattativa per il rinnovo dei contratti. Trattativa, sostenuta dalla campagna #ContrattoSubito, arrivata finalmente a un punto di svolta con il tavolo convocato dall’Aran per martedì 27 giugno”.

(con la collaborazione di Giorgio Saccoia)