Riparte a Palermo la mobilitazione dei lavoratori di Almaviva Contact. Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl Telecomunicazioni hanno proclamato lo stato di agitazione dei 2.800 dipendenti, dopo il drastico taglio dei volumi di traffico dei principali committenti del colosso dei call center, quali Tim, Wind-Tre e Sky. A cui la società ha reagito annunciando una “ristrutturazione inevitabile”. Per oggi (mercoledì 15 gennaio) è prevista nel capoluogo siciliano una conferenza stampa (appuntamento alle ore 11 all'Hotel Plaza Opera, in via Nicolò Gallo) indetta dai sindacati per comunicare “le iniziative e le azioni di lotta da intraprendere non più procrastinabili”. Assemblee, intanto, sono state programmate per giovedì 16, venerdì 17 e lunedì 20 gennaio, all'ordine del giorno c'è proprio la mobilitazione di settore.

La crisi è iniziata con il taglio della commessa di Tim e Wind-Tre, cui di recente si è aggiunto quello di Sky: il 19 dicembre scorso, con la nota di pianificazione per i primi tre mesi del 2020, la piattaforma televisiva ha annunciato la riduzione dei propri volumi di traffico del 36 per cento (rispetto alla media dell’ultimo trimestre del 2019). Attualmente sono 2.552 i lavoratori che usufruiscono fino al 31 marzo prossimo della cassa integrazione in deroga al 35 per cento: un accordo che per ora ha scongiurato i 1.600 esuberi annunciati (pari al 57 per cento del personale) dopo la perdita delle commesse dei gestori telefonici. Al tavolo di crisi attivato presso il ministero Tim si è detta disponibile a riportare alcune commesse nel nostro Paese, mentre Wind-Tre vorrebbe vincolare il possibile ritorno in Italia dei volumi dall'estero con un progetto di defiscalizzazione delle chiamate che rientrano e con il pagamento del servizio clienti per alcune tipologie di chiamate.

Venerdì 10 gennaio si è tenuto a Palermo (presso la sede di Sicindustria) un incontro tra sindacati e azienda, che però non ha portato ad alcuna soluzione positiva. Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil, Ugl Tlc e Rsu aziendali hanno ritenuto “insostenibili” le ricadute che arriverebbero dal prosieguo dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali dal 1° aprile. In particolare, i sindacati hanno chiesto che siano condivise in ambito nazionale e “spalmate equamente su tutti i lavoratori”. Per le organizzazioni è “inaccettabile sottoporre i lavoratori a tali perdite economiche e contestualmente rilevare sui siti web internazionali la ricerca di personale da destinare alle attività di Sky in Albania, lavoro che fino a pochi giorni fa veniva assicurato al sito palermitano di Almaviva”.

Da parte propria, Almaviva ha sottolineato che “pur comprendendo le motivazioni che la muovono, l’odierna posizione di difficoltà rappresentata dalle organizzazioni sindacali ad attivare nel medio periodo un percorso sostenuto da specifici ammortizzatori sociali necessari a fronteggiare la gravissima realtà degli esuberi strutturali, percorso indirizzato al tavolo istituzionale riunito negli ultimi mesi, in assenza di strumenti diversi, rende allo stato impercorribili soluzioni alternative alla ristrutturazione del centro”. L’azienda, infine, ha rimarcato di aver sempre “condotto, sostenuto e condiviso, fino a oggi e in tutte le sedi, ogni iniziativa e confronto utile ad assicurare le indispensabili condizioni di stabilità occupazionale e di sostenibilità economica per il centro produttivo di Palermo, colpito dal drastico taglio dei volumi di attività deciso, e confermato, ancora negli ultimi giorni, da alcuni dei principali committenti”.

Interlocutorio era stato anche il vertice romano di mercoledì 8 gennaio, presso la sede del ministero del Lavoro. Da segnalare, però, una novità: il tavolo di crisi istituito presso il dicastero è diventato permanente, come hanno espressamente detto i rappresentanti del governo presenti all'incontro. L’esecutivo, inoltre, ha assicurato che entro gennaio sarà convocato il tavolo di settore che dovrebbe portare le risposte necessarie e le misure strutturali a sostegno del comparto. Riguardo al summit, una nota ministeriale ha evidenziato che il management di Almaviva “ha manifestato l’esigenza che sia avviato un confronto con le organizzazioni sindacali per condividere il ricorso ad ammortizzatori sociali conservativi, per il periodo necessario a superare l’attuale riduzione dei volumi di traffico”, quegli ammortizzatori le cui ricadute sono state definite “insostenibili” dai sindacati.

Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil sono tornate a chiedere regole certe per il comparto, un ammortizzatore strutturale, il pagamento dei servizi e la defiscalizzazione sui volumi di traffico rientrati in Italia. La richiesta ad Almaviva è di “non far precipitare la situazione con l’apertura di procedure di ristrutturazione e di continuare a utilizzare il sostegno dell’ammortizzatore nell’attesa di un intervento strutturale anche sotto il profilo della riconversione, in quanto il settore è, comunque, sovradimensionato. Il reshoring dei volumi è la misura che deve dare l’ossigeno per avviare il necessario percorso di riconversione per il quale necessitano tempo e risorse economiche”.

Per il segretario generale della Slc Cgil palermitana Maurizio Rosso, se non si mettono “a fuoco, come base, tre-quattro regole fondamentali, non cambierà mai nulla, e questo settore sarà sempre precario, vivrà sempre nel terrore. Questa di Sky è solo l’ultima tegola”. Rosso evidenzia la necessità di “far rispettare le tariffe contrattuali, che sono fondamentali” e di una severa “lotta alle delocalizzazioni: c’è un enorme traffico fuori dalla comunità europea”. Per il segretario Slc “questo potrebbe diventare il settore principe dei servizi, con livelli occupazionali destinati a crescere. Ma senza stabilire delle regole non si potrà mai cambiare nulla, così questo comparto non ha dove andare”.

Maurizio Rosso evidenzia che “il costo del lavoro di un call center non può essere inferiore a 0,55 centesimi al minuto, invece ancora si fanno appalti a 0,36 centesimi al minuto, così non si possono pagare nemmeno i lavoratori. Se il governo non fa rispettare questo limite, non c’è speranza. Sono anni che diciamo queste cose, ma da parte delle istituzioni non c’è alcun impegno”. Per l’esponente sindacale “bisognerebbe anche creare un fondo strutturato dedicato al settore, in modo da poterci difendere, da poter creare i presupposti per una sua trasformazione. In questo comparto lavorano quasi 100 mila persone, oggi il rischio è che scompaia del tutto”. La soluzione, conclude Rosso, è che “il governo imponga a questi colossi di rispettare contratti e tariffe, facendo nello stesso tempo una lotta feroce alle delocalizzazioni”.

(mt)