Basta con la campagna denigratoria nei confronti dei dipendenti pubblici. A dirlo sono Fp Cgil, Fp Cisl, Uil Pa, Salfi Confsal e Flp delle Agenzie delle Entrate dell’Umbria, commentando l’avvenuta recente divulgazione su internet del video inerente i cosiddetti “fannulloni della D.P. di Perugia”. “Avvenimenti come questo – spiega un comunicato unitario – e, ben più grave, gli omicidi di Daniela e Margherita il 1° marzo 2013, sono figli, in parte, di una campagna denigratoria portata avanti con cura sistematica, in questi ultimi20 anni, da chi voleva solo un palcoscenico da cui motivare la propria carica, ma il cui operato niente ha avuto che vedere con “semplificazione amministrativa” né tantomeno con il dovuto rispetto delle regole da parte dei cittadini e dei lavoratori pubblici. Tant’è che nulla è cambiato, se non l’insofferenza verso i pubblici dipendenti”.

Attraverso tale video è stata “violata la normativa vigente in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196) e negata la tutela della libertà personale di circolazione nei luoghi pubblici
. Le stesse riprese, commentate con didascalie grondanti di disprezzo verso i lavoratori dell’Agenzia Entrate, comunque, non risultano avere alcuna valenza probante di inattività lavorativa o illiceità comportamentale. Al fine di evitare l’ennesima intromissione ingiustificata nei diritti e nelle libertà fondamentali dei lavoratori, urge la necessità di far rispettare le norme del codice penale che vietano le intercettazioni di comunicazioni e conversazioni”. Non a caso, continua la nota, la stessa attività di videosorveglianza “viene svolta per la prevenzione di pericoli concreti o di reati specifici e molte di queste attività, competono solo ad organi giudiziari o di polizia giudiziaria oppure a forze armate o di polizia”.

L’art. 4 della legge 300/1970 impartisce il rispetto scrupoloso del divieto di controllo a distanza dei lavoratori
. Il sistema delle garanzie della privacy, posto a tutela della riservatezza, nella sua accezione tradizionale di diritto al segreto, in modo così ampiamente regolamentato, ha un significato ben più ampio della preservazione della sfera intima dell’individuo. “Se il legislatore – conclude il comunicato sindacale – ha inteso tutelare il cittadino dalle minacce del cosiddetto potere informatico e mediatico, l’Italia dovrebbe essere uno dei paesi all’avanguardia in questo settore. In un momento in cui c’è un diffuso senso di insicurezza, bisogna stigmatizzare che è un diritto del lavoratore sentirsi protetto dallo Stato e non essere alla mercé di un fantasioso regista del niente”.