"La notizia del sequestro dell'€™area ex Italsider, ed ex Eternit, conferma preoccupazioni e valutazioni, riguardo alla mai avvenuta bonifica e riconversione di un'™area, che dopo la chiusura degli stabilimenti che hanno fatto la storia operaia per quasi un secolo a Bagnoli, doveva rappresentare il simbolo della rinascita, ridare speranza, occupazione e futuro alle giovani generazioni". È quanto affermano, in un comunicato odierno, Giovanni Sannino, segretario della Fillea Campania e Paolo Giugliano, presidente dell'associazione 'Mai più amianto'€.

"Questa ulteriore tegola giudiziaria compromette e rallenta il processo di bonifica e riconversione, ed è senza dubbio un ostacolo allo sviluppo, ma rappresenta anche un elemento di revisione del processo Eternit€, che ha visto la prescrizione del reato per l'€™area di Bagnoli, aprendo una ulteriore ferita nell'animo dei lavoratori, colpiti da patologie legate alla lavorazione dell'€™amianto, e dei familiari delle numerose vittime decedute per mesotelioma, contate negli anni fino ad oggi per le stesse patologie", dicono ancora Sannino e Giugliano.

"Abbiamo ritenuto, all'epoca della celebrazione del primo grado del processo e relativa sentenza, con la quale furono condannati a 16 anni di reclusione per disastro ambientale e consapevole inosservanza delle norme di sicurezza sul lavoro i padroni svizzeri e belgi  della holding, inaccettabile e incomprensibile, e per certi aspetti iniqua, la prescrizione del reato per l'€™area di Bagnoli. Per questo, decidemmo di ricorrere in appello, così come deciso dallo stesso pm Raffaele Guariniello, rispetto a questa decisione del presidente del tribunale, che tra le altre cose impediva il risarcimento materiale dei lavoratori e dei familiari delle vittime. In quel caso,€““ fu evidente la disparità di valutazione rispetto a due aree geografiche interessate dallo stesso fenomeno, Casale Monferrato e Bagnoli", aggiungono Sannino e Giugliano.

"Le notizie di oggi, riguardo al sequestro dell'€™area di Bagnoli e all'™ipotesi di reato, costituiscono elementi imprescindibili per una riconsiderazione della prescrizione del reato. Riteniamo –“ concludono Fillea e €œMai più amianto€ – che le indagini appena avviate debbano proseguire con rapidità  e determinazione, identificando
precise responsabilità  e devono rappresentare un elemento non trascurabile nella revisione della sentenza di primo grado del processo di Torino, che alla luce delle notizie apprese, risulta ancora più ingiustificata e inaccettabile. Immaginiamo e auspichiamo che il presidente della Corte di appello di Torino, debba tenere in
considerazione i nuovi sviluppi, che confermano quanto è stato negato nella fase preliminare del processo, e cioè che a Bagnoli esistono tutti gli elementi analoghi a quelli ravvisati a Casale Monferrato, con precise
responsabilità da parte delle imprese che hanno operato colposamente e con l'€™inosservanza delle norme sulla sicurezza, considerando anche la mancata bonifica dell'€™intera area"€.