"Siamo sconcertati dalla superficialità con cui si tiene conto del lavoro in questo paese. Se mai Rai e Comune di Torino comprendessero che la trattativa è sulle condizioni di lavoro e non sulla retribuzione, lavoratori e sindacato sarebbero disponibili anche a uno start up che consideri l'estrema flessibilità richiesta. Vogliamo lavorare in modo sostenibile e dignitoso". Così la Rsu Slc Cgil del Centro produzione Rai di Torino, a proposito della vertenza sindacale sulla fiction "Il paradiso delle signore". Spiega il sindacato: "La proposta aziendale, discussa anche col Comune di Torino, aveva visto impegnati i sindacati nel tentativo di trovare una mediazione, un equilibrio tra condizioni di lavoro e acquisizione di una lavorazione importante per il Centro di produzione Rai di Torino. Rai e Comune di Torino non comprendono come i lavoratori possano non accettare un impegno lavorativo che, per qualche soldo in più, li obbligava per 38 settimane consecutive a un ritmo di lavoro di cinque giornate a dieci ore, salvo straordinari che nelle precedenti esperienze, come 'Non uccidere uno e due', 'Romanzo familiare' e 'Topi', si sono regolarmente concretizzati e una ulteriore giornata lavorata, sempre di dieci ore, il sabato, anche questa concretizzatasi nelle precedenti realizzazioni quasi sempre".

Per la Slc Cgil "Rai e Comune sono stupiti che i lavoratori, molti di loro donne, operai, tecnici, non volessero lavorare per 38 settimane (nove mesi) per 60 ore, con un impegno a non andare in ferie nel periodo estivo se non per una settimana di agosto decisa dall'azienda". Prosegue la nota: "In Italia, almeno per il momento, l'orario di lavoro è di 40 ore, estensibile a 48 ore, con dei limiti sia settimanali sia annuali di utilizzo di straordinari, che ad esempio sono previsti tassativamente stacchi orari tra un turno e l'altro, periodi di ferie obbligatori. Potremmo affermare che la mancanza di conoscenza dei limiti previsti dalla legge, ci sconcerta" ha messo in chiaro il sindacato. "Airola, Appendino e Rai, dovrebbero anche sapere che i lavoratori e il sindacato avevano accettato di partire anche ai ritmi richiesti dalla produzione, chiedendo un'unica garanzia cioè la possibilità, nel mese di settembre, di modificare il modello produttivo, ridurre le ore lavorate aumentando l'organico e creando l'alternanza tra più squadre alla lavorazione. A questo è stato risposto di no. Questo sconcerta veramente, mentre non sconcerta che i lavoratori, nelle prossime 38 settimane, vogliano poter vivere oltre che lavorare! Vogliamo lavorare in modo sostenibile e dignitoso" conclude la nota del sindacato.