“La sentenza della Cassazione non dice da nessuna parte che il Jobs Act si debba applicare al pubblico impiego”. Per Rossana Dettori, segretaria generale della Funzione pubblica Cgil, “di Jobs Act i giudici di Roma non parlano mai. Guarda caso, però, si parla di licenziabilità dei lavoratori pubblici due giorni dopo la nostra manifestazione per il contratto”. In un’intervista al Manifesto, la leader sindacale sottolinea che “oggi licenziarci per giusta causa è già possibile. Ma dall'altro lato, come dice la stessa ministra Marianna Madia, se il provvedimento è ingiusto c'è diritto al reintegro”. La sentenza della Cassazione “ha annullato il licenziamento del dirigente di Agrigento per motivi procedurali: la commissione disciplinare che gli ha inferto la sanzione era composta da una sola persona, mentre dovrebbero essere minimo tre. E poi, in un altro punto, ha confermato che per noi vale ancora l'articolo 18”.

La Cgil, spiega Dettori, ritiene che “il diritto al reintegro quando si è licenziati ingiustamente debba valere anche per i privati. E se la ministra Madia, nella sua riforma, vuole confermare che il reintegro per noi c'è ancora, fa bene: ma le suggerirei di parlarne pure a Poletti, perché lo estenda a tutti”. La Cgil intanto prepara “una proposta di legge di iniziativa popolare: un nuovo Statuto delle lavoratrici e dei lavoratori. Per abrogare poi tutte le norme che entrino in contrasto con la nostra proposta, ci faremo dare il mandato dai lavoratori per costruire anche dei referendum”.

Tornando ai licenziamenti, Dettori ribadisce che oggi è già possibile licenziare un dipendente pubblico per giusta causa. “Dal Comune alla Asl, fino ai ministeri, si nomina una commissione disciplinare, con minimo tre componenti, cui arrivano eventuali segnalazioni da parte di dirigenti o colleghi” spiega Dettori: “Il lavoratore, quando viene chiamato a rispondere dell'abuso di cui è accusato, pub farsi affiancare da un avvocato o da un delegato sindacale. La commissione alla fine decide, in base alle fattispecie elencate nel contratto (dai ritardi alle assenze ripetute, dall'aver maltrattato gli utenti ai furti, o aver accettato dei regali) la pena da comminare: dal richiamo alla sospensione senza stipendio, fino appunto al licenziamento. Il lavoratore ha diritto a presentare ricorso. Nel 2014 ci sono stati più di cento licenziamenti per giusta causa”.

In conclusione, la segretaria generale della Fp Cgil si dice sostenitrice “del licenziamento senza se e senza ma, quando si accerta un reato. Perché si danneggia l'amministrazione, ma anche l'immagine di tutti i dipendenti pubblici italiani. Io ho fatto la caposala per 20 anni, al Policlinico Umberto I e poi all'Odontoiatrico. Cercavo di motivare la mia squadra, e tutto funzionava. Ma poi mi sono trovata davanti a un caso di molestie sessuali: non ho esitato a denunciare, ed è stato aperto un procedimento disciplinare. Non ho mai saputo come è andata a finire perché dopo la denuncia mi hanno cambiato di reparto”.