Invisibili, intermittenti, saltuari. In tutti i casi, precari, a volte per l'intero arco della loro attività. Lo sono molti dei lavoratori dei settori coperti dall'Slc Cgil, ovvero telecomunicazioni, servizi postali, editoria, spettacolo, emittenza. Un mondo di persone spesso prive dei più elementari diritti e di ogni forma di tutela, che sopravvivono come possono sottoposte al ricatto e alle minacce di aziende senza scrupoli, dentro i vari call center o negli studi di montaggio audiovisivo da sottoscala, dove l'illegalità diventa regola, soprattutto negli appalti. A tutti costoro, complessivamente 380.000 unità, di cui 250.000 solo nel comparto dello spettacolo, il sindacato cerca da tempo di dare risposte, le più esaurienti possibili. Se n'è avuta una riprova oggi, 21 ottobre, all'atto dell'iniziativa indetta dall'Slc a Roma presso la sede della Cgil nazionale, che ha fatto incontrare precari e lavoratori autonomi e mondo della stampa.

Massimo Cestaro, segretario generale Slc, introducendo i lavori, ha ricordato il cammino fatto dal sindacato per l'inclusione e la regolarizzazione di quei lavoratori. "E ci sentiamo particolarmente offesi dalle parole di Renzi, quando ci chiede dov'era il sindacato quando si precarizzava il mondo del lavoro. Noi rispondiamo che fin dal 1997, dai tempi del Pacchetto Treu, eravamo e siamo in prima linea a combattere le svariate forme di flessibilità introdotte da apposite leggi del Parlamento. Anche perché, sotto mentite spoglie, altro non sono che il vecchio precariato di sempre. Quelle norme hanno sottratto a milioni di persone diritti di cittadinanza fondamentali, compresi quelli sindacali. Col risultato che quei lavoratori oggi non sono in grado di esprimersi come gli altri. E per dare loro qualche garanzia in più, abbiamo messo in campo azioni negoziali e contrattuali ad hoc".

Il leader del sindacato della comunicazione Cgil ha elencato i più significativi accordi stipulati negli ultimi tempi: dal primo contratto per le figure tecniche e artistiche del comparto della cooperazione della produzione culturale, settore costituito per la stragrande maggioranza da lavoratori intermittenti, con rapporti di lavoro direttamente connessi all'inizio e alla fine delle singole produzioni, che si affianca ai ccnl di compagnie teatrali, doppiaggio e cineaudiovisivo; all'accordo, siglato nel dicembre scorso, di emersione e stabilizzazione di alcune migliaia di lavoratori autonomi dei servizi postali, passati al rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Degna di nota anche l'intesa con la Rai del luglio 2013, che stabilisce un percorso di stablizzazione di circa 3.000 precari, in parte compromessa dalla sottrazione di 150 milioni dal canone operata dal governo.

Senza dimenticare i due accordi raggiunti proprio negli ultimi giorni nell'editoria – comparto largamente attraversato da lavoro precario professionalizzato – in relazione al rinnovo dei grafici editoriali: il primo, riguardante l'estensione del fondo sanitario integrativo agli atipici; il secondo, oltremodo importante, è sui criteri per la determinazione dei trattamenti economici minimi per le collaborazioni autonome. Infine, i call center, percepiti come i luoghi del nuovo precariato e del lavoro povero, dove il 1° agosto 2013 i sindacati hanno sottoscritto un accordo per i lavoratori a progetto, il primo concordato con le associazioni datoriali aderenti a Confindustria: oltre a definire trattamenti economici orari, collegati in percentuale crescente nel tempo (il 100% dal 1° gennaio 2018) al ccnl del settore delle tlc. Completano il quadro, le convenzioni definite da Slc con i traduttori e con l'associazione degli addetti stampa.

"Tutte le conquiste elencate – ha precisato Cestaro –, nel corso della crisi, hanno permesso di focalizzare precise rivendicazioni, come il corretto recepimento della direttiva Ue 23/2001 sugli appalti, che il nostro Paese ha trasposto in maniera incompleta, non prevedendo la tutela occupazionale per i lavoratori nei casi di successione di appalto, a differenza di quanto avviene negli altri paesi europei, e causando quotidianamente vertenze che vedono migliaia di licenziamenti, soprattutto nei call center. O, ancora, l'inclusione nella contrattazione collettiva, con specifiche modalità a seconda delle tipologie di lavoro, di tutti i lavoratori, incluse le figure genuinamente autonome. Nonché la proposta di adottare o ripristinare specifiche norme di legge in materia di previdenza e ammortizzatori sociali per i lavoratori strutturalmente intermittenti del mondo dello spettacolo".

"E non intendiamo fermarci qui – ha aggiunto il dirigente sindacale –, anche perchè il nostro è un mondo del lavoro complesso e diseguale al suo interno, che richiede attenzione, oltre che risposte articolate, che di certo non possono essere né il decreto Poletti, che ha liberalizzato i contratti a termine, né il Jobs act, con la cancellazione dell'articolo 18, che non creerà occupazione, ma farà esattamente il contrario. Molto spesso noi abbiamo a che fare con professioni che hanno bisogno di essere tutelate, in quanto strategiche per il sistema Paese. Ad esempio, nel campo della produzione culturale, c'è necessità di una legislazione che garantisca tutele previdenziali e assistenziali ed eviti la reiterazione dei contratti a termine. E, sempre in quel campo, occorre assicurare la qualità del lavoro, che mal si concilia con la tendenza in atto a precarizzare tutto, come sta avvenendo nel comparto delle troupe cinematografiche. Per non parlare di traduttori e doppiatori, che hanno una missione fondamentale, in quanto contribuiscono a formare il linguaggio dei bambini: per essi, la professionalità del lavoro è davvero indispensabile. Nei call center, invece, dove il 21 novembre organizzeremo la 'Notte bianca', fatta di dibattiti e confronti con i lavoratori appartenenti a un mondo che ha bisogno di diritti e garanzie, stiamo provando ad aprire il confronto con il governo, che però finora stenta a decollare: è nostra intenzione superare le regole vigenti degli appalti al massimo ribasso, che buttano fuori spesso le aziende più serie e in regola".

La parola è passata poi ai diretti interessati, i lavoratori, presenti alla conferenza stampa, che hanno raccontato le loro storie, a volte drammatiche. Come quella di Maurizio Bufalini, 39 anni, di Palermo, che per vivere è costretto a svolgere due lavori in altrettanti call center: "Nel primo caso, sono un lavoratore subordinato part time di Wind-Infostrada, nel secondo un lavoratore a progetto di Almaviva, dove il contratto mi viene rinnovato mese dopo mese, con un salario minimo di 4,72 euro lorde all'ora. Non c'è differenza di lavoro, solo che è pagato e concepito in modo diverso. Alla fine, sto anche 13 ore fuori casa, e malgrado ciò non riesco a mettere assieme uno stipendio decente di almeno 1.000 euro: per arrivarci, devo sommare gli 80 euro di Renzi e gli assegni familiari per la mia bambina".     

Giovanna Marano, 51 anni, di Catania, sta in un altro call center in condizioni ancora peggiori: "mi spostano da un servizio all'altro, di continuo, uno specie di jolly, e ultimamente sono diventata interinale. E tutto questo per sole 350 euro. Posso vivere così? Vorrei fare un minimo di carriera, ma non si tutela neanche il diritto al lavoro. Cosa può fare il sindacato per quelli come me?" Una risposta positiva in merito l'ha avuta invece Luciano Biondo, 45 anni, che lavora per una società di Poste italiane ed è tra i 90 lavoratori che di recente sono stati stablizzati e passati a tempo indeterminato grazie a un accordo sindacale con l'azienda.

Claudio Vedovati, 50 anni, una vita passata in Rai come consulente programmista e autore a Radiotre, ha un contratto a tempo determinato e guadagna 15.000 euro lordi l'anno: "La mia condizione è peggiorata nel corso degli anni. Nel '93, quando ho iniziato, lavoravo undici mesi, oggi mi fermo a otto. L'azienda ha trasformato il mio contratto a tempo determinato e sono diventato un lavoratore atipico, cioè un autonomo, privo di assistenza, previdenza, diritti sindacali. Come me, vi sono altre 3.000 persone, e il bacino si allarga sempre più, mentre i dipendenti sono quasi scomparsi, e sempre più spesso molte produzioni sono appaltate ad aziende del tutto esternalizzate. Dopo 30 anni mi sono iscritto alla Cgil, perchè spero in una diversa idea di etica del lavoro e perchè sono stufo di essere ricattato". A passarsela malissimo è Stefano Bacci, con 27 anni di precariato alle spalle, sempre alla Rai come cameraman. "Da ragazzo guadagnavo un bel po' di soldi, tanto che gli amici della mia età mi individiavano. Oggi fatico a superare le 250 euro, che costituisce la metà del minimo consentito dal salario di riferimento. Con gli appalti al massimo ribasso e senza regole ci stanno togliendo la pelle di dosso, e ad abbassarsi non è solo lo stipendio, ma anche la qualità del lavoro".

Isabella Argioni, traduttrice, fa parte di Strade, il sindacato di categoria. "Ci battiamo per tutelare i lavoratori dell'editoria che vivono in regime di cessione del diritto d'autore. La strada giusta è quella dell'allargamento dei diritti per tutti. L'industria editoriale è in grave crisi: non esiste remunerazione del lavoro fisico, nè remunerazione del diritto di sfruttamento della mia opera. Non c'è un contratto modello per il settore che sia minimamente equo, nè esiste, in caso di contenzioso giudiziario, possibilità di rivalsa del lavoratore nei confronti di una casa editrice, che si premunisce trattando prima il tuo compenso su cui tu hai apposto la firma per poter lavorare. Viviamo in regime di ricatto: se non sei d'accordo ti caccio, e il tuo lavoro lo dò a un altro che sta in fila là fuori in attesa di essere chiamato. intercettare gli atipici è difficile, ma tutte le volte che ci siamo presentati al sindacato con una piattaforma di rivendicazioni siamo stati ascoltati e grazie all'Slc ci sarà un contributo all'asssitenza sanitaria integrativa anche per noi, nell'ambito del nuovo contratto dei poligrafici".

Roberto Stocchi è il presidente nazionale dell'associazione dei doppiatori. "Siamo in sciopero per il rinnovo contrattuale, scaduto nel 2011. Le aziende hanno attaccato la nostra organizzazione del lavoro, cercando di precarizzate tutto e tutti. A cominciare dai più giovani free lance, costretti a lavorare per 15 euro per tre ore. Abbiamo alle spalle 21 giorni di lotta, durante  i quali siamo riusciti a bloccare tutte le principali produzioni Rai, Mediaset e Sky. Il comparto è in salute, ma continuano a chiederci incrementi di produttività esagerati, se rapportati alle paghe salariali, sempre più esigue e senza alcun tipo di diritto da esigere. Ma, grazie al sindacato, siamo riusciti a far ripartire il tavolo negoziale e sono nate anche sigle di rappresentanti dei lavoratori a progetto. Adesso possiamo votare e decidere noi stessi". Infine, Maurizio Lefemine, 52 anni, violinista precario del teatro Petruzzelli di Bari: "Sono una delle 180 vittime di Carlo Fuortes, ex commissario straordinario al Petruzzelli, ora sovrintendente al teatro dell'Opera di Roma, dove si appresta a recitare lo stesso copione: licenziare tutto il personale stabile della Fondazioni lirico-sinfoniche. Da due anni abbiamo tutti avviato vertenza e confidiamo nell'Slc".