La Pirelli è pronta a battere bandiera cinese: questo l’esito delle trattative che entro la fine della prossima estate sanciranno l’ennesimo cambio in testa all’azionariato della Bicocca. Pechino si è assicurata la storica azienda tramite ChemChina, società a controllo statale, un gigante da 36 miliardi di euro specializzato in chimica tradizionale e materiali avanzati.

Ad annunciarlo una nota che spiega come gli azionisti di Camfin e Cnrc, controllata di ChemChina, hanno firmato l’accordo per una partnership industriale di lungo termine per la Pirelli. “L’intesa rappresenta una grande opportunità per Pirelli. L’approccio al business e la visione strategica di Cnrc garantiscono lo sviluppo e la stabilità di Pirelli, che diverrà uno dei maggiori gruppi mondiali del settore”, ha commentato Marco Tronchetti Provera, che negli ultimi tre anni ha cambiato ben tre soci strategici, da Malacalza ai russi di Rosneft, passando per Clessidra, fermo restando l’impegno al suo fianco delle banche creditrici Intesa e Unicredit.

“Sappiamo che sono molte le operazioni di questa natura che rispondono ai processi di globalizzazione – sostiene Rosalba Cicero, segretaria generale Filctem Lombardia –. E se fosse vero che, come ha comunicato Camfin, l’Opa totalitaria è finalizzata a garantire stabilità, autonomia e continuità nel percorso di crescita del gruppo Pirelli, che manterrebbe gli headquarter in Italia, ci potremmo dichiarare solo preoccupati. Peccato che tutta la direzione industriale di questo ventennio da parte di Tronchetti Provera non sia andata sempre in questo verso”.

A dare ragione alla dirigente della Filctem ci sono gli insuccessi industriali di Tronchetti Provera e i successi legati alla vendita di tutti gli asset del gruppo Pirelli (dapprima tutti i diversificati, poi i cavi e adesso il cuore dalla Pirelli), con al centro gli aspetti finanziari e di utile e poi le prospettive industriali. Per non parlare della fallimentare operazione Telecom, che ancora oggi si ripercuote sull’azienda milanese. “Per carità – continua Cicero –, speriamo di essere contraddetti. Speriamo che veramente la direzione industriale, la ricerca e sviluppo, l’industrializzazione e la commercializzazione rimangano in Italia”.

Nel frattempo, siccome i sindacati non si fidano, questi aspetti diventeranno i punti all’ordine del giorno di una forte iniziativa sindacale a tutto campo. “Chiameremo a risponderne il gruppo, ma anche il governo, che non potrà limitarsi a dire che è la globalizzazione e sono capitali esteri che entrano in Italia – commenta la segretaria della Filctem lombarda –. Questo intendevano gli industriali italiani quando dicevano che dopo le norme approvate sul Jobs Act avrebbero ripreso a fare investimenti e ad assumere? Adesso è chiaro: parlavano di industriali stranieri”.

I cinesi hanno garantito a Tronchetti Provera il timone fino al 2021. “Le parti riconoscono il ruolo centrale dell’attuale top management di Pirelli quale elemento chiave del suo successo, della sua crescita e delle sue attività – si legge in una nota –. La partnership si fonda sulla continuità della cultura imprenditoriale e di business di Pirelli”. Mentre il presidente di ChemChina, Jianxin Ren si è detto “molto lieto dell’opportunità di diventare partner di Marco Tronchetti Provera e del suo team per continuare a costruire insieme un gruppo di portata mondiale e un leader del mercato nell’industria globale dei pneumatici”. Oltre al Ceo, resterà italiano anche il “cuore” dell’azienda, con la sede e il centro di ricerca.

“Nessuno qua sapeva nulla, neanche era nell'aria, abbiamo appreso tutto dai giornali – racconta Antonella Masiero, delegato Rsu Filctem di Pirelli Bicocca –. Poi la situazione è precipitata nel fine settimana fino alla firma dell’accordo. Abbiamo avuto rassicurazioni ufficiali che tutto procederà normalmente e che anzi miglioreranno le condizioni dei lavoratori e lo stato dell'azienda, ma non possiamo nascondere un po’ di preoccupazione di fronte a operazioni come questa. Ora ci interessa sapere quale sarà l’evoluzione della vicenda e quali saranno gli sviluppi a breve termine, quando entro l’estate saranno concluse le operazioni finanziarie. Per il lungo periodo, invece, non possiamo che aspettare”.

Sul fronte industriale è prevista la separazione della produzione di pneumatici per auto e moto (Tyre) da quella per i veicoli pesanti (Truck), destinata a sua volta a combinarsi con Aeolus Tyre (ChemChina), per riuscire così a diventare il quarto produttore mondiale di gomme per camion. “È stata una doccia fredda e all’indomani della firma abbiamo indetto una Rsu urgente, perché noi della produzione siamo quelli più a rischio – osserva preoccupato Raffaele Molinari, delegato Filctem dello stabilimento di Bollate –. Il nostro stabilimento è quello più in pericolo e siamo molto in ansia per gli sviluppi futuri, perché abbiamo visto come vanno queste cose con i cinesi: all’inizio tante belle parole, poi alcune aziende sono arrivate a chiudere”.

Anche le stesse modalità dell'operazione non sono rassicuranti: “Nelle prossime settimane – prosegue Molinari – organizzeremo incontri con le nostre strutture sindacali e i vari livelli dell’azienda per capire meglio cosa succederà. Perché anche se non dovessero prospettarsi esuberi, corriamo comunque il rischio con il Jobs Act di perdere tutti i nostri diritti acquisiti”. Niente di ufficiale invece sul fronte dei debiti a valle dell’operazione. Le parti si sono solo limitate a far sapere che il nuovo socio cinese ha sottoscritto un impegno con J.P. Morgan, che garantirà il finanziamento del debito a servizio dell’acquisizione. La cifra sembrerebbe aggirarsi sui 7,5 miliardi, ma i dettagli si sapranno solo in un secondo momento.

Più chiara, anche se decisamente complessa, è la struttura dell’operazione. È previsto che russi e italiani, ora soci in Camfin, vendano il loro 26,2% di Pirelli a una società creata appositamente, di nome Bidco, per la quota di 1,8 miliardi di euro. La società lancerà poi un’offerta sul restante capitale Pirelli e sarà dal 50,1% in su sotto il controllo di ChemChina, mentre Camfin nei sei mesi successivi avrà la facoltà di portare la propria partecipazione al massimo fino al 49,9 % a seconda degli esiti dell’Opa. Nel caso di adesione massima all’offerta e quindi del ritiro di Pirelli dalla Borsa, i cinesi avranno il 65% del capitale della controllante di Bidco, mentre i russi e gli italiani porterebbero la loro quota dall’attuale 26,2 al 35%, con i primi sostanzialmente invariati al 12,6% e i secondi lievitati al 22,4%.

“Alla fine quello che più conta è che un’altra storica azienda del nostro paese non è più italiana – dichiara Elvira Miriello, segretaria Filctem Milano –. Uno dei più importanti gruppi italiani viene snaturato, oltretutto dopo che appena un mese fa il premier in visita aveva sottolineato l’importanza di questa eccellenza italiana: eccellenza che a quanto pare è durata appena un mese. Siamo preoccupati, è ovvio: preoccupati per la perdita del know how, preoccupati per il rischio di perdere il cuore dell’azienda in Bicocca con i suoi 1.500 impiegati e ricercatori e preoccupati per la deriva che comporta la vendita dei pezzi più pregiati della nostra industria. Ora dobbiamo coordinarci a tutti i livelli per incontrare l’azienda, capire a cosa andremo incontro e quali sono le sue intenzioni”.