“No a una politica culturale che procede solo con i tagli ai teatri. Quella di ridurre i contributi ai teatri siciliani è una decisione scellerata, non fa parte di un progetto industriale. Che senso ha chiedere sacrifici ai lavoratori, che hanno contribuito di tasca propria dimezzandosi gli stipendi, se poi si fa scempio della produzione teatrale e non si capisce che la cultura è un volano di sviluppo fondamentale per la Sicilia?”. A lanciare l’allarme sono la Cgil di Palermo e la Slc Cgil di Palermo, che contestano i tagli subiti in Finanziaria dai teatri palermitani, dal Biondo, al Massimo alla Foss e chiedono che un tavolo con le istituzioni dove il settore della cultura venga considerata come opportunità per uscire dalla crisi.

“I teatri, per pianificare la loro attività, hanno bisogno di certezza quinquennale di risorse da parte dei loro soci. Non si può interrompere il processo di crescita in corso con la riduzione del contributo, come puntualmente si verifica a ogni Finanziaria – aggiungono Enzo Campo e Maurizio Rosso - Fino ad oggi è stato chiesto anche ai sindacati di ottimizzare le risorse e lo abbiamo fatto. Abbiamo fatto accordi sindacali che hanno imposto sacrifici, i teatri hanno raddoppiato incassi e abbonati e continuiamo a subire tagli. Chiediamo si comprenda che il lavoro del personale artistico e amministrativo è una ricchezza, senza la quale non si porta avanti l’attività produttiva. Da tempo sollecitiamo una collaborazione seria tra teatri, l’ideazione di un circuito e di brand identificativi che portino i turisti, sovrintendenti e amministratori delegati che svolgano la loro funzione di manager e vadano a caccia di sponsor, l’applicazione delle defiscalizzazioni previste dalla legge Franceschini per i privati che investono nei teatri, la digitalizzazione degli archivi che consentirebbero di ampliare enormemente la platea degli abbonati. L’esperimento della Foss, che ha suonato davanti al teatro Politeama, è stata un trionfo. Questa è la politica culturale che vogliamo. E cosa ha costruito invece la politica siciliana per produrre economie attorno ai teatri? Niente”.