Due suicidi certi e una morte su cui sono aperti tanti interrogativi: è il bilancio degli ultimi mesi all’Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) di Barcellona Pozzo di Gotto, dove sabato un uomo di 32 anni si è tolto la vita. “Un’altra morte che con il piano individualizzato di terapia poteva essere evitata” spiega Elvira Morana (del Comitato Stop Opg, costituito da un vasto cartello di associazioni tra cui la Cgil e la Fp Cgil). Il comitato, in una nota, sottolinea che negli Opg si trovano oggi “pazienti da curare che invece sono internati ed esclusi dalla società civile: a questi cittadini va garantito un salto di qualità”.

Il Comitato Stopopg Sicilia chiede dunque che “si ponga fine immediatamente a questa inciviltà e si attui quanto previsto dalla legislazione nazionale, con la dismissione dell’Opg e la presa in carico dei soggetti da parte dei dipartimenti di salute mentale di appartenenza”. Nella nota si rileva infine che “ulteriori rinvii e ritardi potrebbero configurare anche responsabilità penali”.

Chi è rinchiuso negli Opg
Maschio, celibe, quarantenne, con un basso livello di scolarità, ritenuto socialmente pericoloso. È questo il profilo dell’internato negli Ospedali psichiatrici giudiziari italiani: in tutto sono 1.419 persone (di cui 96 donne), recluse in sei strutture sparse per l’Italia. A fornire tutti questi dati è la brillante tesi di laurea in Sociologia del diritto di Michele Miravalle, intitolata “La riforma della sanità penitenziaria: il caso Ospedali psichiatrici giudiziari. Esigenze etiche e giuridiche dell'oltre” (e pubblicata sul sito www.stopopg.it) , ricca di analisi, dati storici e informazioni di carattere sia quantitativo sia qualitativo.

Iniziamo dalle sette “categorie giuridiche” in cui è suddivisa la popolazione internata. Il gruppo più numeroso (37,8 per cento) è anche quello “classico” per cui si entra in un Opg: internati prosciolti per infermità mentale ma ritenuti socialmente pericolosi, quindi sottoposti al ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario. Al secondo gruppo (29,8 per cento) appartengono gli internati in attesa di giudizio definitivo, sottoposti intanto all’uso cautelare della misura di sicurezza in considerazione della loro presunta pericolosità sociale; il terzo (22,2) è quello degli internati non imputabili con infermità mentale sopravvenuta: sono sostanzialmente quelli in cosiddetta “doppia diagnosi”, cioè riconosciuti non imputabili per cause diverse dal vizio di mente (come la cronica intossicazione da alcol o sostanze stupefacenti).

Percentuali marginali hanno invece le altre quattro categorie: internati con vizio parziale di mente e dichiarati socialmente pericolosi, detenuti minorati psichici, detenuti condannati in cui l’infermità di mente sia sopravvenuta durante l’esecuzione della pena, detenuti di cui deve essere accertata l’infermità psichica entro 30 giorni (sono i cosiddetti “osservandi”).

Il folle-reo è anzitutto un soggetto deviante, con grandi difficoltà di inclusione sociale e di costruzione di relazioni affettive. La stragrande maggioranza degli internati (79 per cento) è celibe o nubile, appena il 10 per cento è coniugato o convivente. Riguardo il titolo di studio, largamente predominante è il basso livello di scolarizzazione: il 43 per cento ha il diploma di scuola media (o non l’ha completata), il 31 ha la licenza elementare (o si è fermato prima), il 2,5 è analfabeta,

Il comitato chiede un incontro urgente al governo e alla Conferenza delle Regioni
No alla riapertura dei manicomi. Il comitato ‘Stop Opg’ per l’abolizione degli ospedali psichiatrici giudiziari ha chiesto un incontro urgente al governo e alla Conferenza delle Regioni a pochi giorni dall'emanazione del decreto interministeriale (Salute e Giustizia) relativo alle nuove strutture sostitutive degli attuali Opg.

Il rischio, secondo il comitato, è che “si proceda alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari per riaprire nuovi manicomi”, perpetrando allo stesso tempo “un duro colpo alla legge Basaglia”. Secondo StopOpg il decreto potrebbe provocare “in ogni regione italiana l’apertura di un numero di strutture con caratteristiche strutturali, tecnologiche, organizzative e di sicurezza di tipo manicomiale, in alcuni casi dei veri e propri 'mini Opg'”. Per questi motivi il comitato chiede la ripresa di “un confronto serio e costruttivo, perché nessuno possa dire 'chiudono gli Opg e si (ri)aprono i manicomi'”.