All’indomani dell’insediamento di Claudio Costamagna e Fabio Gallia ai vertici della Cassa depositi e prestiti (Cdp), sono in molti a chiedersi se e come il nuovo management riuscirà a trovare nuove risorse finanziarie indispensabili per imprimere una decisa svolta all’economia italiana. La Cdp, la cui attività potrebbe essere strategica per uscire definitivamente dalla crisi, rappresenta infatti lo snodo fondamentale per l’intervento pubblico nell’economia italiana; mentre occorre sottolineare che nella storia dell’economia internazionale non si è mai usciti da una crisi profonda come l’attuale senza una strategia e un incisivo intervento pubblici e senza un’efficace politica industriale. Lo stimolo pubblico è oggi indispensabile e urgente soprattutto per fare uscire l’economia italiana dalla trappola della liquidità che deprime le imprese nazionali.

Il problema della Cassa depositi e prestiti è però che dovrebbe investire parecchi miliardi, ma che non può mettere a rischio i circa 230 miliardi di risparmio postale. Per ottenere nuove risorse e attuare politiche più rischiose, ma anche più remunerative ed efficaci per l’economia italiana, la Cdp deve trovare nuove fonti di finanziamento. Non a caso, i suoi nuovi vertici hanno indetto recentemente un incontro con i fondi sovrani collegati ai governi esteri (arabi, cinesi ecc.) in modo da trovare nuovi partner e finanziamenti esterni. Ma forse non c’è bisogno di ricorrere al capitale straniero per difendere e sviluppare l’industria nazionale. La Cdp può reperire nuovi mezzi grazie alla creazione di “moneta fiscale”.

La proposta è che che la Cassa depositi e prestiti emetta una notevole quantità (anche decine di miliardi) di obbligazioni fruttifere a lungo termine (per esempio: 30 anni) garantite dallo Stato, per finanziare nuove importanti attività pubbliche e per altri eventuali scopi (acquisizioni, operazioni societarie ecc). Si propone che queste obbligazioni, grazie a un accordo con l’amministrazione fiscale, godano dell’opzione di conversione in credito fiscale pari al loro valore nominale dopo due-tre anni dall’emissione, ovvero anche prima della scadenza. In questo modo, il loro valore sarebbe garantito.

Del resto, esiste già un precedente in Italia: anche i buoni fruttiferi delle Poste sono garantiti dallo Stato e sono sempre riscattabili al loro valore nominale, anche prima della loro scadenza. Le nuove obbligazioni Cdp avrebbero “valore fiscale” senza però creare debito, perché la Cassa è, come noto, al di fuori del perimetro pubblico. Il progetto obbligazioni con valenza fiscale in estrema sintesi potrebbe avere questo schema: • la Cassa depositi e prestiti emette obbligazioni fruttifere a lungo termine. Grazie a un accordo con l’amministrazione statale, nel medio termine le obbligazioni Cdp potranno anche essere accettate dallo Stato come sconto fiscale pari al loro valore nominale. Quindi, il loro rendimento è ancorato a un valore certo e le obbligazioni non subiranno forti oscillazioni. Le obbligazioni avranno anche un rendimento basso, in quanto pienamente garantite dallo Stato come sconto fiscale. Saranno quindi particolarmente convenienti per l’emittente e sicure per gli acquirenti. Le chiameremo obbligazioni con valore fiscale (Ovf).

• Lo Stato, in cambio della garanzia ad accettare le Ovf per il pagamento del fisco, ottiene un credito verso la Cdp pari al valore delle obbligazioni utilizzate come sconto fiscale, più ovviamente un interesse. Il credito dello Stato verso la Cdp è a lungo termine.

• La Cdp utilizza le Ovf: a) per raccogliere soldi sul mercato a basso costo; b) come mezzo di pagamento diretto, in quanto essendo garantite come sconto fiscale sono accettate da tutti, sono “quasi-moneta”.

• La Cdp, grazie alle Ovf emesse in quantità notevole (miliardi di euro), riesce ad avviare importanti investimenti in infrastrutture immateriali e materiali, e riesce ad attuare un’efficace politica industriale (partecipazioni in aziende ecc.). Le iniziative Cdp dovranno ovviamente avere interessanti prospettive di rendimenti nel medio-lungo termine.

• Lo Stato nel medio termine, a partire da tre anni dall’emissione di Ovf (ma non prima), potrebbe subire ceteris paribus un deficit fiscale pari al valore delle obbligazioni convertite in sconto fiscale. Tuttavia, lo Stato, grazie al moltiplicatore degli investimenti Cdp sui redditi – da considerarsi fortemente elevato –, recupererebbe nel medio-lungo termine il gettito fiscale che ceteris paribus andrebbe perso. E, ovviamente, sarebbe compensato dai crediti verso la Cdp.

La Cassa depositi e prestiti potrebbe emettere queste obbligazioni fruttifere con valenza fiscale anche per qualche decina di miliardi all’anno. Nonostante le politiche di austerità che affliggono l’economia italiana ed europea, grazie a questa manovra la Cdp potrebbe attuare una decisa politica espansiva in grado di risollevare l’industria nazionale e l’occupazione. Si tratta di un progetto “eccentrico” rispetto alle teorie dominanti, certamente innovativo, ma anche praticabile, efficace e concreto. Un progetto che tra l’altro potrebbe diventare un modello anche per le altre società gemelle di Cdp in Germania e Francia, ovvero la Kfw e la Caisse des dépots et consignations.

Il sistema qui proposto è originale, ma già testato: soluzioni analoghe sono infatti già state sperimentate con successo sia in Germania che negli Usa. Un sistema di moneta parallela statale è già stato collaudato con enorme successo, purtroppo, dal ministro dell’economia nazista degli anni trenta, Hjalmar Schacht: non per caso, la sua manovra venne ripetutamente citata da John Maynard Keynes, ovvero dal suo antagonista britannico, come tecnicamente esemplare e come modello di riferimento per azioni monetarie espansive in grado di fare uscire l’economia dalla trappola della liquidità.

A partire dal 1933, in cinque-sei anni Schacht risollevò la disastrata economia tedesca (con il 25% di disoccupazione) grazie all’intervento pubblico interamente finanziato da una moneta parallela, i Mefo-bond. Queste erano obbligazioni fruttifere garantite dallo Stato nazista, ma emesse per molti miliardi di marchi da una società privata, una scatola vuota formata da quattro grandi gruppi tedeschi – Siemens, Gutehoffnungshütte, Krupp e Rheinmetall –. Nonostante le fortissime restrizioni sul marco applicate da Francia e Inghilterra, cioè dai vincitori della prima guerra mondiale, grazie ai Mefo-bond, Schacht riuscì ad aggirare i vincoli monetari e di bilancio e a finanziare nuovi importanti lavori pubblici.

Non solo. In pochi anni, grazie alla nuova “moneta fantasma”, Schacht riuscì ad assorbire circa 6 milioni di disoccupati e a ricostruire l’industria tedesca, garantendo così l’adesione popolare al progetto nazista e la base della potenza bellica germanica che sconvolse il mondo a partire dal 1939. Una manovra di investimenti pubblici che, secondo molti economisti, ebbe purtroppo più successo perfino di quella avviata da Franklin D. Roosevelt negli Usa.

Il caso di successo dell’economia nazista è clamoroso. Ma la moneta parallela con valore fiscale è stata utilizzata anche in California pochi anni fa dalle amministrazioni locali, quando lo Stato stava per fallire: queste allora emisero delle obbligazioni valide solo per il pagamento fiscale al fine di finanziare scuole e ospedali senza spendere soldi pubblici, cioè dollari, che non avevano in cassa. Le opere pubbliche dopo un certo tempo generavano un reddito tale da compensare i deficit di bilancio che altrimenti si sarebbero creati.