"L'infortunio occorso alla 22enne nigeriana presso l'Italpizza di San Donnino di Modena è emblematico delle nuova organizzazione del lavoro che si sta insediando in molte aziende del territorio modenese". È quanto denunciano in una nota Filcams, Flai e Filt Cgil di Modena secondo le quali "le attività produttive sono ormai completamente appaltate a cooperative di lavoratori, per lo più stranieri, giovani, precari, addetti a mansioni in luoghi di lavoro con rischi elevati".

"Si estremizzano le condizioni di lavoro -  è la denuncia del sindacato - all’insegna della massima flessibilità e della massima saturazione organizzativa possibile, incrementando così i rischi connessi alle attività produttive nonché i cosiddetti 'rischi da interferenza', come quello occorso alla lavoratrice. Il tutto in cambio di retribuzioni e applicazioni contrattuali assolutamente non adeguate".

Questa, continua la Cgil modenese, è anche la fotografia di Italpizza, azienda in continua espansione per la quale recentemente è stata deliberata una variante per l’ampliamento dello stabilimento che, ad oggi, occupa oltre 600 dipendenti, di cui il 90% in attività appaltate. "Questo è un modello che, ci si dirà, è imposto dai fenomeni economici della contemporaneità e dalle sfide della globalizzazione - insiste la Cgil - ma non è certamente il modello che vorremmo per il nostro territorio e immaginiamo che non sia neanche il modello che le nostre istituzioni avevano in mente quando hanno sottoscritto il 'Patto per la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva della città di Modena e del suo territorio', sottoscritto nel 2014 e richiamato appunto nella variante urbanistica prevista per l’ampliamento dello stabilimento Italpizza".

La verità, secondo il sindacato, è invece che, come spesso succede in queste situazioni, "si tratta di un'azienda che ha deciso di puntare tutto sugli appalti di lavorazioni e sulla flessibilità degli orari di lavoro, non garantendo, attraverso questa catena di esternalizzazioni e di vera e propria deresponsabilizzazione di impresa, retribuzioni adeguate agli operatori (veri artefici e custodi di questa produzione tipicamente “made in Italy”) e condizioni di lavoro rispettose, con conseguente aumento dei margini di rischio per le persone impiegate".

"Auspichiamo che la ragazza possa riprendersi velocemente - è la conclusione di Filcams, Flai e Filt di Modena - e che la medicina del lavoro verifichi le responsabilità in un cantiere dove numerose sono le interferenze tra le attività in appalto: attività logistiche e attività di produzione di pizze, attività che ogni qualche anno passano da una cooperativa all'altra".