Il traguardo è ormai sempre più vicino. Lunedì 17 ottobre è iniziata alla Camera la discussione sul ddl 2217, di iniziativa governativa, chiamato “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo”. Il disegno di legge è stato approvato prima dal Senato il 1 agosto scorso (con 190 voti a favore, 32 astensioni e nessun contrario), poi è andato in discussione alle Commissioni Lavoro e Giustizia della Camera, che hanno respinto tutti gli emendamenti e inviato il testo ai deputati così come uscito dal Senato.

L’approvazione definitiva è davvero a un passo e potrebbe avvenire – secondo quanto ha detto giovedì 13 il presidente della Commissione Lavoro Cesare Damiano a una delegazione di associazioni (tra cui la Cgil e la Flai) durante la consegna della petizione “Stop al caporalato” – già addirittura oggi. “La volontà del governo e della maggioranza è di varare in via definitiva la legge entro brevissimo tempo" ha dichiarato Damiano: “Si tratta di una felice convergenza tra iniziativa parlamentare e partecipazione dal basso per aggredire una pratica odiosa, quella del caporalato, che continua a insidiare l’agricoltura e il lavoro in tanta parte del nostro paese, provocando sofferenze e sfruttamento di lavoratori italiani e migranti”.

Il disegno di legge, anzitutto, introduce inasprimenti delle pene per i “caporali” mediante la riscrittura dell’articolo 603-bis del Codice penale relativo all'intermediazione illecita e allo sfruttamento del lavoro: si prevede la reclusione da uno a sei anni (più una multa da 500 a mille euro per ciascun lavoratore), reclusione che sale da cinque a otto anni in caso di minacce o violenze (parimenti la multa sale da mille a 2 mila euro per lavoratore). Inoltre, si stabiliscono ulteriori aggravanti se il numero dei lavoratori sfruttati è superiore a tre oppure se vengono reclutati minori.

Il provvedimento prevede anche indennizzi per le vittime (prelevati dal cosiddetto “fondo antitratta”), la responsabilità penale per le aziende che “utilizzano” i lavoratori reperiti dai caporali, la confisca obbligatoria dei beni (come per i reati di associazione mafiosa). Le imprese che vengono coinvolte nei procedimenti giudiziari – allo scopo di evitare il blocco delle attività e la perdita di posti di lavoro – sono affidate dal giudice in gestione ad amministratori da lui nominati. Il disegno di legge, infine, rafforza la “Rete del lavoro agricolo di qualità”, creata da Campolibero nel settembre 2015, articolandola in sezioni territoriali e allargandola a enti locali, centri per l’impiego e parti sociali.