A detta del presidente di Mediobanca, le recenti riforme del governo sulle banche sarebbero da apprezzare. Perché non si tratterebbe di un favore agli istituti, ma di un intervento mirato per rimuovere gli handicap strutturali che il sistema bancario italiano per troppo tempo si è portato dietro. “Quella bancaria è una questione nazionale ed europea da cui dipende la crescita, gli investimenti e l'occupazione, eppure il governo non ha aperto un tavolo di confronto con le parti sociali. Perché continuano a ritenere inutile il ruolo dei sindacati e delle parti sociali”. A dirlo, ai microfoni di Italia Parla su RadioArticolo1, è stato Agostino Megale, segretario generale della Fisac Cgil.

 

“Tutti gli interventi riguardanti il sistema bancario, dal decreto sulle popolari, al decreto sulle quattro banche in crisi del 22 novembre, al quello sulla Bcc a quest'ultimo di 10 giorni fa – ha continuato Megale –, sono stati varati in questo modo, invece di far parte di un confronto su una riforma organica e strutturale del sistema bancario. È un problema di metodo, anche se è evidente che le questioni dovevano essere affrontate prima. Quindi nel merito il governo sta facendo alcune cose giuste e altre meno giuste. E tra quelle meno giuste c'è sicuramente la trasformazione delle popolari in Spa”. 

“L'ultimo decreto del governo – ha continuato il segretario Fisac - corregge quello del 22 novembre scorso riferito alle quattro banche in materia di tutela. Finalmente si dà una prima risposta ai risparmiatori, superando la logica secondo la quale sono i lavoratori ad aver venduto quei prodotti. I lavoratori, invece, hanno seguito le disposizioni dei vertici bancari. Con questo decreto, quindi, i risparmiatori potranno essere rimborsati in una misura che non è più limitata ai 120 milioni del fondo. Avrei preferito ci fossero a disposizione 300 milioni, ma il fatto che non è indicato un tetto vuol dire che si rimborserà chi avrà i criteri per rientrare: tutti coloro con un reddito inferiore ai 35.000 e ai 100.000 euro di patrimonio finanziario. Stando ai calcoli, circa il 60% dei risparmiatori dovrebbe avere un rimborso attorno all'80%. Non è poco”. 

“Certo – ha continuato Megale – se ci fosse una soglia a 35.000 e un'altra a 50.000, con un'accelerazione effettiva di procedure automatiche sarebbe molto meglio. Però bisogna riconoscere che da come eravamo messi, questa modifica è un risultato positivo. Frutto delle richieste dei sindacati e delle associazioni dei consumatori. L'intervento sulla riduzione dei tempi, in relazione al recupero dei crediti e delle cosiddette sofferenze bancarie, invece, si rivolge alle imprese, quindi ai soggetti giuridici. Stavolta si evita di prendersela con la vecchietta, il pensionato e la famiglia, che magari non ha pagato le rate del mutuo. Si interviene invece con il cosiddetto pegno non possessorio, che è una norma presente anche in altri paesi europei, e che potrebbe essere utilizzato addirittura per riattivare degli impianti fermi. È un'indubbia novità, utile sia al sistema bancario che alle prospettive di una tenuta dell'occupazione, oltre che del rapporto con i risparmiatori”. 

Infine c'è l'istituzione del Fondo Atlante, che per Megale è “un'operazione di sistema, perché fa sì che tutte le banche debbano intervenire con una quota pro capite, per evitare che a partire dalla Popolare vicentina si potesse riprodurre il caos che c'è stato con le quattro banche in crisi a novembre. Stavolta si è agito in tempo. Se Atlante non ci fosse stato e la Popolare vicentina non fosse stata ricapitalizzata, oggi il problema  sarebbe stato moltiplicato per centomila risparmiatori, un vero boomerang nei confronti del nostro Paese”.