Il cielo dell'Aquila è azzurro e occupato dalle gru. Si vede subito arrivando al parco del Castello dove è in corso il Festival della Partecipazione - organizzato da ActionAid, Cittadinanza attiva e Slow food – che ha invitato il segretario generale della Cgil Susanna Camusso a un pranzo a dir poco singolare, preparato dagli abitanti per una nutrita rappresentanza dei 3500 operai che lavorano alla ricostruzione della città. Sono italiani, soprattutto del Mezzogiorno e stranieri, molti all'Aquila da oltre 5 anni, lontano dalle loro case, dalle famiglie.

Camusso: non basta ricostruire le case, serve il lavoro
REPORTAGEL’Aquila: la grande lentezzaM.Minnucci

Alcuni di loro sono diventati involontari protagonisti della mostra di una giovane e talentuosa fotografa locale, Claudia Pajeswki, che voleva ritrarre la ricostruzione e ha finito per raccontare anche le storie dei lavoratori che la stanno facendo. Perché è impensabile vedersi, incontrarsi tutti i giorni mentre ridanno vita alla tua scuola o rimettono in sesto quello che una volta era il tuo bar preferito e non chiederti chi sono, dov'è il loro bar e la loro scuola. 

Obiettivo dichiarato del pranzo organizzato dal Festival era dare visibilità agli invisibili operai della ricostruzione, e ascolto e sostegno a chi dopo il terremoto non si è arreso e si danna per conquistare un domani per le imprese e il lavoro in questa zona. Una sfida dura, come la gente di montagna solitamente è, ma a guardarsi intorno, si vede che L'Aquila sta diventando un Laboratorio a cielo aperto, che le iniziative per sostenerne la rinascita, le diversità dei tanti lavoratori che sono arrivati per gestire la fase post terremoto e la ricostruzione, e la determinazione degli abitanti per riappropriarsi della propria storia, sta alimentando un circuito di idee e forze che potrebbe diventare un caso scuola per un Paese in cerca di una via.

Ma L'Aquila è anche call center. Sono oltre 1500 le persone nella zona impiegate per lo più per poche ore la settimana nei grandi call center locali che rischiano però di perdere l'occupazione al primo cambio appalto per effetto delle troppo facili delocalizzazioni e della mancata applicazione della clausola sociale. Un gruppo di lavoratori insieme alla Slc - la categoria della cgil che si occupa del settore-,  ha lanciato su twitter una campagna sotto l'hashtag #SaveCallcenterAQ. Al Governo chiedono di rendere obbligatorie la clausola che li tutela nei cambi appalto e a noi di dar loro forza e visibilità rilanciando i loro messaggi. Nell'Italia della crisi quello dei call center non è più un lavoro occasionale ma è diventato professione. Per questo devono essere introdotte regole e strumenti adeguati a tutelare i lavoratori e il loro futuro.