Sta crescendo in modo considerevole, dopo decenni di marginalizzazione, l'attenzione verso il lavoro in agricoltura. Fino al recente passato, la scarsa attenzione per il settore primario era giustificata dal suo carattere declinante nelle economie sviluppate: basti pensare che in Italia, l’occupazione agricola è scesa dal 44 per cento del 1950 al 4,5 dei nostri giorni. Ciononostante, oggi ci sono segnali in controtendenza: l’occupazione agricola tiene meglio di altri settori, gli studenti iscritti negli istituti agrari e nelle facoltà di agraria crescono a due cifre, l’interesse per il lavoro agricolo è in aumento, le opportunità di lavoro sono più promettenti che in altri settori. Ci sono diverse ragioni che hanno portato a questa nuova ripresa d’interesse per il lavoro in agricoltura: la crisi economica, l’aumento di domanda alimentare, il nuovo ruolo dell’agricoltura, le politiche comunitarie.

La crisi economica

Storicamente, l’agricoltura è un settore che nelle recessioni regge meglio di altri in termini occupazionali. La ragione principale della resilienza della dinamica occupazionale in agricoltura risiede nel tessuto di piccole imprese a conduzione familiare, che rende meno facile l’espulsione di manodopera: ciò è sufficiente a spiegare il fenomeno nell’attuale crisi, anche senza immaginare un ritorno alla terra, così come avvenuto nel corso della Grande depressione del 1929, che, almeno nel contesto di un’economia sviluppata, sembra essere decisamente anacronistico. Nel periodo di recessione dell’ultimo quinquennio, caratterizzato da perdita di occupazione in tutti i settori, si vede che: la caduta dell’occupazione agricola rallenta rispetto al trend di costante diminuzione dagli anni cinquanta; • viceversa, la perdita di occupazione nell’industria si approfondisce drammaticamente, nonostante l’ampio ricorso agli ammortizzatori sociali; • l’occupazione nei servizi diminuisce sensibilmente, ma con un certo ritardo, grazie alla maggior tenuta del lavoro nei comparti pubblici. In sostanza, l’agricoltura sembrerebbe comportarsi meglio di altri settori, almeno dal punto di vista occupazionale.

L’aumento di domanda alimentare


Nello scenario mondiale dell’ultimo quinquennio è emerso un fenomeno nuovo: il tema della sicurezza alimentare, non in termini di qualità degli alimenti ( food safety ), di cui si è parlato moltissimo in questi ultimi 20 anni, ma in termini di quantità o meglio di sicurezza degli approvvigionamenti (food security). L’aumento della domanda alimentare è il frutto di due fattori principali a livello mondiale: la crescita della popolazione e l’aumento dei redditi pro capite. La dinamica di questi due fattori è molto variabile a livello mondiale: da una parte, l’Europa e molti paesi sviluppati, in cui la popolazione è sostanzialmente stazionaria e i redditi crescono con percentuali inferiori al 3 per cento annuo; dall’altra, i paesi emergenti (India, Cina, Brasile ecc.), in cui la popolazione è in crescita e i redditi procapite aumentano tra il 6 e il 10 per cento annuo. Quindi, l’aumento della domanda alimentare non interessa uniformemente tutti i paesi del mondo, ma si concentra in alcune aree del pianeta. Tuttavia, i loro effetti sia sui prezzi agricoli che sui prezzi al consumo si estendono a tutto il mondo.

Secondo le stime della Fao la popolazione continuerà ad aumentare fino al 2050. Lo scenario centrale prevede una crescita annuale della popolazione mondiale di 59 milioni, ovvero dello 0,8 per cento, che porterà a una popolazione superiore a 9 miliardi di persone nel 2050. L’aumento dei consumi alimentari mondiali avrà ripercussioni importanti sul ruolo dell’agricoltura, sulla dinamica dei prezzi agricoli e sul livello dei prezzi al consumo. La prima conseguenza è che l’agricoltura torna al centro dell’economia e della politica mondiale; i prezzi delle merci agricole, dopo un lungo periodo di stagnazione, hanno iniziato a salire, anche se con oscillazioni fortissime, ridestando un nuovo interesse per la coltivazione dei campi. La seconda conseguenza riguarda gli approvvigionamenti alimentari. Alcuni paesi, come la Cina, hanno iniziato una politica di approvvigionamento con acquisizione di terre in Africa e accordi commerciali con grandi paesi produttori di derrate alimentari, come l’Argentina, per garantirsi i fabbisogni alimentari per il futuro. La terza conseguenza è l’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli, con le relative ripercussioni sulle classi più povere della popolazione.

Il nuovo ruolo dell’agricoltura

Negli ultimi anni 20 anni l’agricoltura ha visto ampliarsi il panorama delle attività a essa connesse – o, meglio, connesse alla dimensione rurale –. Il settore primario è entrato sempre più a far parte di un sistema complesso, frutto dei rapporti e delle interazioni con l’ambiente, con gli altri settori dell’economia e con la società nel suo insieme. Questa nuova dimensione dell’agricoltura è identificata con il concetto di multifunzionalità. Vediamo di cosa si tratta. L’agricoltura tradizionale produce le tre f: food (alimenti), feed (mangimi), fiber (fibre). Nell’ultimo decennio, la funzione produttiva dell’agricoltura si è ampliata a una nuova f, fuels , i biocarburanti, e in generale le biomasse destinate alle energie rinnovabili (agroenergie). Per questo, oggi si dice che l’agricoltura moderna produce le 4 f ( food, feed, fiber, fuels ). Non solo. L’azienda agricola fornisce anche prodotti e servizi che hanno effetti sociali (positivi o negativi). L’agricoltore che, per esempio, coltiva l’olivo non produce solo le olive, ma anche beni di valenza sociale: ambiente, presidio del territorio, paesaggio, prodotti tipici locali, occupazione. Analogamente, un’azienda agricola che alleva bovini può produrre anche effetti negativi, come l’inquinamento delle falde o i cattivi odori. L’agricoltura, dunque, svolge funzioni che assumono, oltre che il carattere di bene privato, anche quello di bene pubblico. I beni privati sono alienati dall’agricoltore sul mercato: grano, pomodoro, uva, olive, frutta, latte, carne ecc. I beni pubblici sono quei beni in cui non c’è un mercato o per i quali il mercato non può rappresentare uno strumento adeguato per riconoscere il valore economico.

Basti pensare ai beni di carattere ambientale (mantenimento della biodiversità, salvaguardia idrogeologica, benessere degli animali), territoriale (cura del paesaggio) ed economico-sociale (salvaguardia e mantenimento del tessuto economico locale e della vitalità delle comunità rurali, argine allo spopolamento, prestazione di servizi turistico-ricreativi) connessi all’esercizio dell’attività agricola. Oggi, la produzione di beni pubblici dell’agricoltura è stata riscoperta per i notevoli vantaggi per la collettività: un esempio su tutti, il ruolo nel contrasto al dissesto idrogeologico e nella riduzione dell’effetto serra, visto che l’agricoltura è l’unico settore che cattura l’anidride carbonica. Il concetto di multifunzionalità è ben distinto da quello di diversificazione delle attività agricole. La crescente integrazione dell’agricoltura nell’economia rurale ha creato opportunità per le aziende agrarie anche in campi diversi da quello agricolo. In particolare, si è assistito a una proliferazione delle iniziative volte ad affiancare alla produzione agricola quella di servizi (turistici, ricreativi, educativi, sociali ecc.) e di prodotti non agricoli (energia eolica, solare, da biomasse). La diversificazione rappresenta una precisa scelta imprenditoriale nel produrre beni e servizi diversi da quelli normalmente prodotti, in particolare i servizi alla persona, che hanno colto i nuovi bisogni della società post moderna: alloggio in agriturismo, ristorazione, servizi educativi e ricreativi, sport rurali, servizi faunistico-venatori, servizi sociali (agricoltura sociale), degustazioni, vendita diretta, wellness, attività artigianali, agriasili. La moderna impresa agricola multifunzionale va trattata, quindi, come una realtà produttiva complessa che, diversificando la propria offerta, ridefinisce i suoi assetti organizzativi e, congiuntamente ai prodotti di mercato (monetizzabili), produce anche beni non di mercato (beni pubblici).

Considerazioni finali


In sintesi, nello scenario attuale, l’agricoltura sembrerebbe comportarsi meglio di altri settori, almeno dal punto di vista occupazionale. Un dato che tuttavia si inserisce in un quadro di difficoltà strutturali, in cui l’impatto della recessione non è istantaneo, ma si manifesta come un progressivo deterioramento soprattutto sul lato della gestione finanziaria dell’impresa. Ciò è particolarmente vero nel caso di un tessuto di piccole imprese a conduzione prevalentemente familiare, in cui la liquidità gioca un ruolo fondamentale per la sopravvivenza dell’impresa stessa. Una politica di sostegno all’agricoltura è già fortemente presente grazie alla Pac (Politica agricola comune), che assicura 7,4 miliardi di euro annui all’agricoltura italiana, di cui 660 milioni alla Regione Sicilia. Un’ulteriore spinta può derivare dalle politiche regionali, con azioni a favore dell’accesso al credito e alla terra ai giovani agricoltori.

*Dip. Scienze agrarie alimentari e ambientali Università di Perugia