La povertà è sempre di più la vera emergenza del paese. Lo ribadisce l'Istat nel suo ultimo rapporto che certifica un ulteriore incremento sia di quella assoluta, ovvero di coloro che non raggiungono "standard di vita minimamente accettabili", ormai oltre 5 milioni di persone , che di quella relativa, ovvero di coloro che hanno una spesa mensile per i consumi inferiore alla soglia (1085,22 euro per una famiglia formata da due componenti) ben 9 milioni 368mila individui.

L'incremento nell'arco di un solo anno è impressionante. L'incidenza della povertà assoluta tra gli individui passa dal 7,9% del 2016 all'8,4% del 2017, che in termini assoluti significa circa 300mila poveri assoluti in più. Mentre quella relativa passa addirittura dal 14 al 15,5% con un incremento di 900mila poveri relativi. L'aumento è più marcato, ancora una volta, nel Mezzogiorno, dove ormai risulta in povertà relativa una famiglia su quattro. 

Nel dettaglio territoriale, Valle d’Aosta (4,4%), Emilia-Romagna (4,6%), Trentino Alto Adige (4,9%) e Lombardia (5,5%) mostrano i valori più bassi dell’incidenza di povertà relativa. Dall'altra parte, la Calabria, discostandosi significativamente dalle altre regioni del Mezzogiorno e dalla media di ripartizione, presenta il valore più elevato (35,3%), seguita da Sicilia (29,0%) e Campania (24,4%).

Dal rapporto emergono poi due elementi particolarmente significativi, sottolineati anche dallo stesso Istat: lavoro e scolarizzazione sono antidoti potenti contro la povertà. "Fra le famiglie con persona di riferimento occupata e dipendente - scrive Istat - si confermano i valori più elevati di incidenza di povertà assoluta se la condizione professionale è quella di ‘operaio e assimilato’ (11,8%); l’incidenza di povertà cresce in generale fra i non occupati (da 6,1% del 2016 al 7,7%) e raggiunge il valore massimo tra le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (26,7%); mentre permane al di sotto della media tra le famiglie di ritirati dal lavoro (4,2%)", a testimonianza del ruolo di "welfare familiare" svolto dalle pensionate e dai pensionati italiani. 

Per quanto riguarda l'importanza della scolarizzazione, invece, Istat rileva che "cresce rispetto al 2016 l’incidenza della povertà assoluta per le famiglie con persona di riferimento che ha conseguito al massimo la licenza elementare: dall’8,2% del 2016 si porta al 10,7%. Le famiglie con persona di riferimento almeno diplomata, mostrano valori dell’incidenza molto più contenuti, pari al 3,6%". 


“La crescita continua della povertà assoluta in Italia, che registra il valore più alto dal 2005 e colpisce in particolare i minori e i giovani tra i 18 e i 34 anni, è il segnale di un’emergenza nell’emergenza”. Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, commenta i dati diffusi dall’Istat. “È necessario - aggiunge il leader della Cgil - che la lotta alla povertà diventi la priorità dell’azione di Governo, a prescindere dal passaporto di chi si trova in tale condizione ed è indispensabile mettere in atto tutti gli interventi pubblici, a partire dal rafforzamento del Rei, necessari a garantire percorsi di inclusione scolastica, lavorativa e sociale che garantiscano un futuro di partecipazione attiva a tutti”.

"I dati diffusi dall'Istat certificano, ancora una volta, quanto sia imprescindibile un intervento pubblico strutturale di contrasto alla povertà assoluta", afferma l'Alleanza contro la Povertà, in cui convergono 35 organizzazioni tra realtà associative, rappresentanze dei comuni e delle regioni, enti di rappresentanza del terzo settore, e sindacati. L'Alleanza ha realizzato una piattaforma di proposte finalizzate al rafforzamento del Reddito di Inclusione per dare risposte a tutti coloro che si trovano in condizione di poverta' assoluta.

"Riteniamo - prosegue l'Alleanza - che il Reddito di Inclusione sia la strada giusta ma che, per essere pienamente operativo ed efficace, debba essere adeguatamente implementato con le risorse necessarie a coprire tutta la platea e a rafforzare i servizi pubblici territoriali. Crediamo inoltre che non sia possibile prescindere da un principio di stabilita' della misura, rifuggendo ogni tentazione di 'riforma della riforma'". (Fab.Ri)