Durissimo contro l’Europa e i suoi governanti l’editoriale di Paul Krugman che pubblica oggi La Repubblica. Scrive il Premio Nobel: “Negli anni Trenta – un'epoca che la moderna Europa sta iniziando a ricalcare in modo sempre più fedele – il requisito basilare per la ripresa fu uscire dal sistema aureo (gold standard). Oggi una mossa equivalente sarebbe uscire dall'euro e ripristinare le valute nazionali. Si potrebbe affermare che ciò è inconcepibile, e senza dubbio si tratterebbe di una soluzione dirompente, dalle enormi ripercussioni sia a livello economico sia politico. D'altro canto, a essere davvero inconcepibile è l'idea di poter continuare lungo questa strada e imporre un'austerità sempre più intransigente a paesi che già soffrono per una disoccupazione a livelli da Grande Depressione.

“Se dunque i leader europei volessero veramente salvare l'euro – scrive ancora Krugman –, starebbero cercando una valida alternativa. L'alternativa possibile sta assumendo di fatto una forma molto chiara: il continente europeo ha bisogno di politiche monetarie più espansive, sotto forma di una disponibilità – una disponibilità dichiarata - da parte della Banca centrale europea ad accettare un' inflazione un po' più alta. Ma l'Europa ha bisogno anche di più espansive politiche fiscali, sotto forma di sistemi di compensazione tra i budget tedeschi e quelli di paesi in difficoltà come la Spagna e altre nazioni inguaiate della periferia europea. Anche così, con queste politiche, le nazioni della periferia d'Europa dovranno affrontare anni di difficoltà. Ma, quanto meno, qualche speranza di ripresa potrebbe esserci.

"Ciò a cui stiamo assistendo – conclude l'economista –, invece, è una totale mancanza di flessibilità. A marzo i leader europei hanno firmato il fiscal compact, un'intesa che di fatto trova la risposta a ogni tipo di problema soltanto nell'austerità fiscale. Nel frattempo, gli alti funzionari della Banca centrale si piccano di sottolineare che al minimo segnale di un aumento dell'inflazione la Banca alzerà i tassi. In conclusione, quindi, è davvero difficile sottrarsi a un certo senso di disperazione. Invece di ammettere di aver sbagliato, i leader europei sembrano determinati a spingere l'economia nel baratro – e con essa le loro società. E a pagarne le conseguenze sarà il mondo intero”.