Claudio Treves, segretario generale di Nidil Cgil, è intervenuto stamane a "Italia Parla", la rubrica di Radioarticolo1 (qui il podcast). Temi all'ordine del giorno, gli ultimi dati sull'occupazione resi noti dal ministero del Lavoro, gli effetti del decreto Poletti sul mercato del lavoro, le nuove polemiche sull'articolo 18, la discussione sul Jobs act al Senato e il lavoro di riscrittura dello Statuto dei diritti dei lavoratori che Cgil e Nidil si accingono a completare.

Nel secondo trimestre 2014 le assunzioni sono aumentate del 3,1%, secondo le statistiche del dicastero di via Flavia, ma solo il 15% dei nuovi contratti risulta a tempo indeterminato. "È la conferma – commenta Treves –  di quello che sia la Cgil che noi abbiamo detto quando il governo Renzi ha preso la prima decisione in materia di lavoro, il decreto Poletti, che liberalizza i contratti a termine. I dati usciti ieri sono i primi in cui si possono vedere gli effetti della nuova legge 78. Dunque, da un lato, è ulteriormente diminuito il peso delle assunzioni a tempo indeterminato, dal 17 al 15%; dall'altro, e la cosa è tragica, è rimasta sostanzialmente invariata la quota di collaborazioni e di altre tipologie, per cui l'annunciata liberalizzazione dei contratti a termine ha avuto come effetto quello che noi temevamo, ossia una compressione della disponibilità delle imprese ad assumere a tempo indeterminato. L'idea del governo di agevolare le assunzioni precarie si dimostra una scelta politica inaccettabile, perché, non a caso, anche se la legislazione ti aiuta, il sistema economico in un contesto recessivo punta proprio a privilegiare i rapporti precari e atipici, che, di conseguenza, tendono ad aumentare".

Sulle polemiche sull'articolo 18, Treves precisa che "è la dimostrazione di un'ottusità ideologica, che però sarebbe facilissimo smontare se solo parlassimo dei numeri. Si dice: difendendo l'articolo 18, il sindacato è quello che protegge i vecchi contro i giovani, i garantiti contro i non garantiti. La verità è un'altra: del milione e 905.000 assunti nel trimestre scorso, un milione e quattrocentomila ha più di 25 anni; contemporaneamente, hanno perso il lavoro un milione e 600.000 persone. Di questi, un milione e 100.000 unità hanno oltre 25 anni. Quindi, siamo di fronte a un mercato del lavoro mobilissimo, in cui giovani e vecchi lavoratori prendono e perdono lavoro. Un siffatto contesto non vede i lavoratori anziani chiusi nella cittadella dell'articolo 18, come dice Pietro Ichino. E i giovani, costretti ad arrabattarsi nella precarietà, non migliorerebbero di certo la loro condizione eliminando l'articolo 18. È una finzione ideologica, che, in realtà, nasconde una cosa molto più semplice, come ha detto in tutta franchezza l'ex ministro Sacconi: il tentativo di liberare le imprese dagli impacci per far sì che tornino ad assumere. Purtroppo, i dati rivelano che il problema dell'articolo 18 è già risolto, nel senso che le imprese scelgono di assumere a termine per periodi sempre più brevi, con addirittura il 18% dei rapporti a termine con una durata inferiore ai tre giorni".

Il dirigente sindacale si è poi soffermato sul Jobs act, in calendario in aula al Senato a partire dal 23 settembre. "Il disegno di legge 1428 è un ddl delega – spiega Treves –, nel senso che il Governo sta chiedendo al Parlamento di essere delegato a fare una serie di cose, di cui almeno tre importantissime: una delega per il riordino degli ammortizzatori sociali, una delega per il riordino dei servizi all'impiego, una delega per il riordino delle tipologie occupazionali. Se dobbiamo parlare di tipologie, appunto il cosiddetto contratto a tutele crescenti, il problema è che il governo si è messo in questa situazione un po' paradossale. Da un lato, ha liberalizzato il contratto a termine con la legge Poletti, dall'altro, chiede oggi al Parlamento: fatemi una delega in base alla quale io posso studiare quante sono le tipologie occupazionali oggi esistenti, e poi, una volta semplificate le tipologie, introduco un'ulteriore tipologia che è per l'appunto il contratto a tutele crescenti. È curioso che il Governo non lo sappia. Glielo diciamo noi: sono 46, come la Cgil ha conteggiato in passato, e se s'introduce il contratto a tutele crescenti diventano 47, anzi, 46 più una, perchè il contratto a tempo determinato è diventato talmente appetibile per le imprese che tutto il resto rischia di essere pura accademia".

Infine, la riscrittura dello Statuto dei diritti dei lavoratori, che la Cgil si appresta a completare. "È un lavoro – precisa Treves – che ha preannunciato la stessa Susanna Camusso. Naturalmente Nidil fornirà tutto il suo contributo, che è quello di un'inclusione normativa attraverso una riscrittura dello Statuto in modo da comprendere nei diritti garantiti ai lavoratori tutte le fattispecie di lavoro oggi presenti, sia quelle di lavoro dipendente sia quelle di lavoro non dipendente. Sarà un grande strumento di risposta alla frenesia, chiamiamola così legislativa, perché appunto pone il tema dell'unità del diritto, dell'unificazione del mondo del lavoro in termini davvero nuovi. L'altro versante che, come Nidil ci vedrà protagonisti, sarà quello sulla contrattazione collettiva di carattere inclusivo, dove andremo a confrontarci con le categorie, facendo ulteriori passi avanti per fare della contrattazione lo strumento attraverso il quale si riporta al lavoro dipendente quello che è impropriamente lavoro non dipendente e nel contempo si tutela con diritti specifici il lavoro non dipendente. Attraverso le nostre proposte, ultime delle quali è appunto quella sullo Statuto, contrasteremo con tutte le nostre forze, con l'ausilio della mobilitazione dei lavoratori, una tendenza che purtroppo il governo Renzi sta esaltando, che è quella della contrapposizione tra garantiti e precari, dicendo a questi ultimi: se siete in quelle condizioni, la colpa è dei lavoratori tutelati dal sindacato, che impediscono l'estensione nei vostri confronti dei diritti. E quindi dobbiamo ridurre le tutele dei lavoratori, conquistate attraverso decenni di lotte, per potervi dare delle briciole. In realtà, il sindacato confederale sta dalla parte di tutti i lavoratori, garantiti e precari, e da questi deve essere visto come il soggetto capace di affrontare e risolvere i problemi di tutti".