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Con 165 voti favorevoli, 96 contrari e nessun astenuto, il Senato ha approvato definitivamente il decreto recante misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio sul quale il ministro per i rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi aveva posto la questione di fiducia nella seduta di lunedì 1 agosto, .
“Il superamento di vincoli sulle spese del personale e sul settore scolastico-educativo sono conquiste frutto di anni di mobilitazione, ma ci sono anche alcuni aspetti critici che riguardano le province e le città metropolitane”. Un giudizio luci e ombre quello di Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl sul decreto Enti locali.
“Si sono fatti dei passi in avanti – affermano le tre sigle –, una conquista di anni di mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori, specie per quanto riguarda le stabilizzazioni nel settore scolastico-educativo, ma rimane irrisolto il tema dei precari: per oltre duemila lavoratrici e lavoratori delle province e città metropolitane, da anni, spesso decine, impiegati a garantire servizi pubblici in quegli enti e in scadenza alla fine di quest'anno, non c'è al momento alcuna prospettiva. Così come è concreto il rischio per migliaia di dipendenti di enti che hanno sforato il patto di stabilità di vedersi il salario decurtato”.
Per Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl “la scelta di porre la questione di fiducia nei due rami del Parlamento sul testo ha impedito di ottenere quegli avanzamenti, registrati invece in altri punti del decreto, lasciando così senza soluzione il tema dei contratti in scadenza per circa duemila lavoratori precari. Anche sul fronte dei tagli al salario accessorio, come per il tema della sostenibilità finanziaria degli Enti, sono mancate le necessarie risposte”.
Per i sindacati si tratta di “ingiustizie che andranno sanate in autunno, con la prossima legge di stabilità. Insieme al tema delle risorse per i rinnovi contrattuali, infatti, questi due punti critici evidenziati andranno assolutamente risolti. Per questo la pressione e la mobilitazione di lavoratori continuerà: per enti condannati, in ragione dei tagli pesanti, al prossimo dissesto economico-finanziario e alla cancellazione dei servizi offerti, non possono essere le lavoratrici e i lavoratori, né tantomeno i cittadini privati di servizi pubblici essenziali, a pagarne il prezzo più salato”, concludono.