Ce lo chiede l'Europa. Basta turni stressanti per i medici italiani. E chissà se questa volta il "mantra", spesso ripetuto su temi assai meno importanti, spingerà il governo ad agire di conseguenza. Dal 25 novembre, infatti, anche l'Italia dovrà rispettare la normativa europea in tema di orario di lavoro in sanità. Per quella data scatterà l'abrogazione della vigente normativa nazionale con la quale si disapplicavano nella sanità alcune disposizione europee sull'orario di lavoro.

E così da quella data la durata media dell'orario di lavoro non potrà in ogni caso superare, per ogni periodo di 7 giorni, le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario; inoltre, è previsto il diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. Il punto, però, fa notare la Fp Cgil, che questo cambiamento renderebbe necessari almeno 5.000 camici bianchi in più. E qui, la questione si aggiunge all'altra, annosa, dei progressivi tagli che, Renzi non escluso, da tempo stanno impoverendo la sanità italiana. 

Molto "precise" anche le sanzioni stabilite dall'Europa: in caso di mancato rispetto le direzioni territoriali del lavoro potranno sanzionare economicamente chi ha disposto la violazione. In caso di violazione delle 48 ore medie settimanali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 200 a 10.000 euro. In caso di violazione delle 11 ore di riposo giornaliere la sanzione va da 100 a 3.000 euro.

Le due nuove regole, sottolinea la Fp-Cgil Medici, servono a garantire la sicurezza delle cure e a ridurre il rischio clinico. A fronte del blocco del turn over in sanità, però, come detto, "negli ospedali potrebbero non esserci medici e infermieri sufficienti a poter rispettare le due regole, nonostante l' attuazione di processi di riorganizzazione, con il rischio di minori prestazioni per i cittadini. Maggiormente a rischio sono le Regioni in piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria (Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia)''. Secondo stime del sindacato, mancherebbero circa 5 mila medici per poter rispettare le normative europee, anche a fronte dei possibili miglioramenti organizzativi. Nelle aziende sanitarie in queste settimane c'é uno '' stato di allerta'', afferma il sindacato: '' Il maggiore allarme è per i piccoli ospedali, le strutture sanitarie territoriali h24, le attività ambulatoriali ospedaliere e i day hospital. Maggiormente colpiti potranno essere l'attività chirurgica (comprensiva dei servizi di anestesia) e i servizi di emodinamica''.

Secondo alcune fonti, il governo starebbe pensando a una proroga, che però non trova il consenso dei sindacati. Gli stessi sindacati sono stati convocati oggi (10/11) all'Aran per fare il punto della situazione. La posizione è chiara: le sigle dei medici bocciano la previsione di un possibile decreto unilaterale, da parte del ministero della Pubblica amministrazione di concerto con il ministero del Lavoro, per la determinazione di deroghe alla normativa Ue. '

I riposi in sanità ''sono fondamentali – spiega Massimo Cozza della Fp-Cgil Medici –. Chi si farebbe operare da un chirurgo stanco''? Ora, commenta, ''invece di deroghe unilaterali, si affronti la questione investendo le necessarie risorse nella legge di stabilità e aprendo le trattative per il rinnovo del contratto 2015-2018”. Considerando anche il gran numero di precari che lavorano nella sanità e che aspettano di essere regolarizzati. Potrebbe essere la volta buona: ce lo chiede l’Europa.