Pietro Ingrao. “Un figlio dell’ultimo secolo dello scorso millennio: quel Novecento che ha prodotto gli orrori della bomba atomica e dello sterminio di massa, ma anche le speranze e le lotte di liberazione di milioni di esseri umani. Il mondo è cambiato, ma il tempo delle rivolte non è sopito: rinasce ogni giorno sotto forme nuove. Decidi tu quanto lasciarti interrogare dalle rivolte e dalle passioni del mio tempo, quanto vorrai accantonare, quanto portare con te nel futuro”.


Sono queste le parole scritte sul sito del “comunista eretico che voleva la luna”. È partito per il suo lungo viaggio.

 Molti avranno ricordi personali di Pietro, io tra questi. Per chi ha vissuto solo parte di quel fine secolo, il nome di Ingrao difficilmente si rinchiude nell’esperienza di un partito politico. Non solo perché è stato parlamentare e primo presidente comunista della Camera dei deputati.
 
Ingrao, da comunista, ha rappresentato per il paese il più alto interprete delle istituzioni democratiche, al servizio del popolo.

La loro funzione tutela i più deboli, i lavoratori, le donne, i giovani. Per questo l’impegno per la riforma dello Stato. Il “suo” Centro non elabora tecniche amministrative o sterili architetture burocratiche, ma s’interroga su come le articolazioni dello Stato realizzano l’articolo 3 della Costituzione, il principio di uguaglianza sostanziale dei cittadini. 

Lascia a tutti noi quella passione per la ricerca continua, quella inesauribile. Coltivare il dubbio non porta all’apatia, ma all’azione. È curiosità.


Ci ha insegnato a leggere la realtà, senza mai darla per conosciuta una volta per tutte. E come i fatti sociali non sono mai separati gli uni dagli altri.

 La Pace prima di tutto. E quale stonata coincidenza con i raid francesi sulla Siria. Un nuovo dilemma mondiale c’interroga.