Nella giornata di ieri, un pronunciamento di prima istanza del tribunale di Torino ha stabilito che i rider di Foodora, i fattorini che consegnano cibi e piatti pronti a casa dei clienti sulla base delle istruzioni elaborate da un algoritmo e comunicate attraverso una applicazione sul proprio smartphone, sono da considerarsi non lavoratori dipendenti, ma autonomi senza alcuna relazione di lavoro subordinato con l'azienda, una delle principali piattaforme digitali e uno tra i più conosciuti protagonisti della cosiddetta gig economy. Certo, è alquanto discutibile l'idea che chi, regolarmente e sulla base di precisi ordini ricevuti, consegna cibo ordinato da un utilizzatore finale a un ristorante, per telefono o via Internet, abbia l'autonomia di decidere cosa, quando e a chi consegnare. Questo tipo di attività non pare assimilabile alle caratteristiche tradizionali del lavoro autonomo, ma è evidente che la discussione sul tema continuerà, nelle sedi delle decisioni politiche, degli approfondimenti e degli studi accademici, delle discussioni sindacali, delle aule di giustizia.

Può essere interessante, tuttavia, il fatto che praticamente in coincidenza con il pronunciamento di ieri del tribunale di Torino sia giunta dalla Danimarca la notizia di un significativo e innovativo accordo tra il sindacato e una delle più usate piattaforme digitali in quel Paese. Il sindacato 3F, che organizza i lavoratori delle pulizie e dei servizi in Danimarca, ha siglato un accordo collettivo con Hilfr.dk, una piattaforma che assicura servizi di pulizia per oltre 1.700 clienti di diverse caratteristiche, esigenze e dimensioni. L'accordo, che entrerà in vigore il 1 agosto 2018, garantisce alle persone che lavorano per la piattaforma l’indennità di malattia, il diritto alle ferie e i contributi pensionistici. L'accordo stabilisce, inoltre, un salario minimo di 141,21 corone danesi (l'equivalente di circa 19 euro) per ogni ora di lavoro svolta per la piattaforma.

Secondo l’azienda, l'accordo è importante, perché permette di indicare una prospettiva possibile per le aziende dell'economia digitale, diversa dalla vulgata che le vuole in grado di offrire solo lavoro povero e le presenta sempre alla ricerca di vantaggi sulle tasse. Ed è importante anche perché dimostra che il modello del mercato del lavoro danese (spesso preso a esempio per la grande flessibilità legata ad alti livelli di protezione sociale) è compatibile con il modello di business delle piattaforme digitali. Anche il sindacato 3F sottolinea il carattere positivo e simbolico dell'accordo, che dimostra come il lavoro nelle piattaforme possa essere regolato contrattualmente ed avere diritti: due condizioni per far sì che i benefici delle nuove tecnologie siano equamente distribuiti tra impresa e dipendenti e non determinino obbligatoriamente peggioramenti nei trattamenti salariali e nelle condizioni di lavoro.

Il messaggio è sicuramente incoraggiante per il futuro delle relazioni industriali e del ruolo del sindacato nelle piattaforme e nell'economia digitale. Per sottolineare l'importanza dell'accordo, alla cerimonia svoltasi per la firma del testo da parte dei numeri uno dell'azienda e del sindacato ha partecipato il primo ministro della Danimarca, Lars Løkke Rasmussen. Come è evidente, questo caso positivo conferma – proprio perché accompagnato da esempi negativi e da controversie giuridiche attive in molti paesi europei – la necessità di definire regole certe e standard di natura europea, per realizzare un quadro di coerenza e di certezze per le imprese e i lavoratori e fare in modo che questo nuovo modello di lavoro e di business si svolga all'insegna di equilibrio, rispetto, sostenibilità sociale. C'è da augurarsi che le autorità europee e nazionali si concentrino su questi obiettivi.

Post scriptum. Qualche mese fa, le autorità di governo della Danimarca hanno vietato a Uber di operare nel territorio danese, avendo la stessa Uber dichiarato di non sentirsi vincolata al modello sociale e di lavoro del paese. Mi pare un buon elemento di riflessione.

Fausto Durante è responsabile dell’area Politiche europee e internazionali Cgil