“Di fronte a un'emergenza che si riassume in quattro milioni di disoccupati e altrettanti di precari, con una marcata tendenza al peggioramento, qualsiasi intervento in tema di occupazione dovrebbe presentare una serie di caratteristiche quali: creare in breve tempo il maggior numero di posti di lavoro; dare priorità alle fasce sociali più colpite, poiché un indicatore negativo che segna il 10 per cento per alcuni può toccare il doppio o il triplo per altri; privilegiare attività ad alta intensità di lavoro; indirizzare i nuovi occupati verso settori di pubblica utilità ed alta priorità, tipo, visto quel che succede, la messa in sicurezza antisismica degli edifici. Gli interventi finora previsti in questo campo dal governo non presentano nessuna di tali caratteristiche”. Lo scrive Luciano Gallino, in un articolo che compare nelle due pagine che La Repubblica, nel suo R2-Diario, dedica al New Deal, accanto a due articoli di Federico Rampini e Guido Crainz.

Un articolo (e un approfondimento) tutto da leggere e che si chiude così “Ripetere che lo stato dovrebbe finalmente decidersi a operare come datore di lavoro di ultima istanza - come chi scrive prova a dire da tempo muovendo proprio dalle realizzazioni del New Deal rooseveltiano - sembra davvero una causa persa. Con un piccolo segno in controtendenza. Il ministro dell'Istruzione Profumo ha annunciato che il suo ministero intende avviare entro il 2012 le procedure per l'assunzione di 25.000 insegnanti, metà per concorso e il resto attingendo dalle graduatorie dei precari della scuola. Non è esattamente il New Deal (…) ma è quanto meno un segno che in un settore vitale come l'istruzione, dove la spesa pubblica è assolutamente insostituibile, pena l'esclusione da esso di milioni di giovani, l'idea di tagliarla ancora perché i costi della macchina statale vanno sempre e comunque ridotti, è stata riposta nel cassetto. Dove si può sperare sia raggiunta presto da altre idee controproduttive intorno allo stesso tema.