L'austerità non funziona, l'ideologia neo-liberista non è una risposta, è urgente aprire un nuovo percorso per l'Europa. Questo, in estrema sintesi, il messaggio lanciato ieri (19 marzo) a Bruxelles da un vertice senza precedenti che ha riunito per la prima volta, alla vigilia del Consiglio europeo e a cinque mesi dalle elezioni europee, i leader sindacali dei 28 paesi Ue.

Dal 2009, i salari reali sono diminuiti in 18 dei 28 Stati membri: del 23% in Grecia, del 12% in Ungheria, oltre il 6 % in Spagna e Portogallo e più del 4% nei Paesi Bassi e nel Regno Unito. L'austerità non funziona, ha detto in apertura dei lavori Bernadette Ségol, segretaria generale della Confederazione europea dei sindacati (Ces). Oltre 26 milioni di europei sono disoccupati, 10 milioni in più rispetto al 2008. E quasi 8 milioni di giovani non lavorano, né studiano, né seguono una qualsiasi formazione. La Ces mette sul piatto una proposta: un investimento di 250 miliardi in 10 anni, che genererebbe 11 milioni di nuovi posti di lavoro. 250 miliardi sono troppi? È solo un quarto di quanto è stato speso per salvare le banche e un quarto di ciò che si perde ogni anno a causa di evasione e frode fiscale.

Il Commissario europeo per l'occupazione e gli affari sociali Lásló Andor, ha difeso le politiche della Commissione europea. Un discorso, il suo, caratterizzato da una visione strumentalmente ottimistica, non tanto della crisi, quanto delle risposte politiche messe in piedi dall'Europa. Ciò nonostante, anche secondo lui la fase di crescita che stiamo intravedendo, è una crescita senza occupazione.

Il primo panel di discussione si è concentrato innanzitutto sulla valutazione delle politiche dell'ultimo quinquennio, dal punto di vista delle diverse realtà nazionali, davvero differenti tra loro eppure unite dalle medesime aspettative e preoccupazioni. Al centro del dibattito, la crisi greca, le politiche della Troika, le reazioni di protezionismo e di chiusura verso i lavoratori migranti.

Il secondo panel di discussione è andato alla ricerca delle possibili alternative sindacali per i prossimi 5 anni: dialogo sociale, politiche fiscali più eque, trasparenza dei redditi da capitale, investimenti, occupazione e welfare. E soprattutto, politiche di sinistra, in vista delle prossime elezioni europee.

Credevamo che la carta di Nizza fosse un progetto di eguaglianza, ha concluso Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, e vediamo invece oggi un'Europa delle diseguaglianze. Non basta dire no all'austerità, bisogna dire che le politiche neo-liberiste non possono governare l'Europa. Abbiamo un'altra idea della politica, e dell'Europa. E dobbiamo scongiurare il rischio di avere, a maggio 2014, un parlamento a maggioranbza antieuropea e populista. Il 4 aprile, a Bruxelles, affermeremo che il nostro piano del lavoro, quello per cui chiediamo 250 miliardi di euro, rappresenta un'altra idea dell'Europa. Cambiare le politiche economiche, ma soprattutto le politiche fiscali dell'Europa, questo è il nostro mlessaggio. Le politiche fiscali servono anche per cambiare le condizioni dei lavoratori. Non possiamo essere al tempo stessa l'Europa dei salari minimi, e l'Europa in cui il lavoro vale 25 centesimi.

Questa è un'Europa che vuole contrapporre tra loro i lavoratori dei diversi paesi. La nostra voce, invece - ha aggiunto Camusso - è quella di un sindacato che protegge tutti i lavoratori, di tutti i paesi. Che non può dire noi usciamo dall'Europa. Cosa vuol dire oggi proteggere il modello sociale europeo? Vuol dire creare lavoro, offrire una prospettiva ai giovani europei. E la prospettiva non può essere vagare in giro per l'Europa in cerca di lavoro. Una prospettiva che deve essere verde e sostenibile, e che non può emergere dalle politiche economiche liberiste. È stato detto giustamente che occorrono politiche di sinistra, e che anche la sinistra deve fare autocritica. Ma che vuol dire politiche di sinistra? Noi le riassumiamo in tre parole: investimenti, lavoro, welfare.

Anche secondo Reiner Hoffmann, nuovo presidente del DGB tedesco, il discorso del commissario Andor non ha convinto affatto. Non è questa l'Europa che vogliamo. La Commissione europea di Barroso non ha preso alcuna iniziativa sul dialogo sociale. Siamo completamente fermi. E qual è la strategia contro la disoccupazione dei giovani? La medicina che propone la Commissione non serve a curare, ma a creare maggiore recessione. Noi oggi abbiamo dimostrato che noi, sindacati della Ces, siamo in grado di formulare proposte e risposte. Dobbiamo convincere i governi degli stati membri a investire in politiche fiscali di crescita. Abbiamo bisogno, per questo, anche di maggiore armonizzazione. Armonizzazione, ad esempio, delle regole fiscali delle imprese. E non è una risposta sufficiente la mobilità. Non è un successo se 200.000 giovani del Portogallo si spostano per cercare lavoro in Europa. Noi ci mobiliteremo il 4 aprile per dire quale Europa vogliamo. Perché noi vogliamo più Europa sociale. 

*Osservatorio Inca Cgil per le politiche sociali in Europa