L'articolo che segue è tratto da Idea Diffusa, l'inserto sul Lavoro 4.0. Il nuovo numero – che si può scaricare qui – è dedicato all'analisi del Rapporto Istat sulla competitività dei settori produttivi.

Con riferimento alla congiuntura e al ruolo degli investimenti nella ripresa, il recente Rapporto dell’Istat delinea un quadro complesso nel quale emerge un Paese che con fatica sta uscendo dalla drammatica crisi iniziata nel 2008, anche se con circa un anno di ritardo e con ritmo pari alla metà rispetto alla media dell’area euro (0,2 per cento medio annuo contro 0,4 per cento nel periodo dal secondo trimestre 2013 alla fine del 2017). Rispetto alle precedenti fasi storiche di uscita da cicli negativi, la ripresa è più debole principalmente a causa di una meno forte espansione dei consumi finali (+0,2 per cento medio annuo nell’ultimo quinquennio). Tra l’inizio del 2014 e la fine del 2017 si è registrata in Italia una forte accelerazione degli investimenti in capitale materiale al netto delle costruzioni: tasso medio annuo dell’1,8 per cento, ampiamente superiore a quello tedesco e a quello medio europeo.

È molto ragionevole ritenere che tale positivo andamento sia in larga misura imputabile alle politiche del cosiddetto “piano Calenda”. Il Rapporto Istat richiama tuttavia l’attenzione sull’investimento in attività immateriali che assume particolare rilevanza nel contesto della trasformazione digitale in atto: tale tipologia di spesa è cresciuta nella media dell’area euro anche nel drammatico arco temporale 2008-17 segnalando così che l’investimento in proprietà intellettuale è sostenuto da componenti strutturali (dunque non cicliche) molto robuste. In tale componente dell’investimento purtroppo l’Italia è in ritardo (si veda l’infografica qui sotto).

In altri termini, sembra che nel nostro Paese prevalgano tipologie di investimento tradizionali in macchinari e relativamente poco si spenda in forme di investimenti legate all’economia della conoscenza, come i brevetti. Non sorprende dunque che a tali dinamiche si associ una minore crescita della produttività italiana rispetto ai principali paesi europei. In particolare, la produttività totale dei fattori che misura il miglioramento nella capacità di organizzare gli input produttivi è cresciuta nel periodo 2009-16 dello 0,8 per cento medio annuo: meglio del dato francese (0,5), ma inferiore a quello tedesco (1,3). In sintesi, il rapporto implicitamente suggerisce che per rafforzare la ripresa italiana e determinare un’espansione dell’occupazione e un aumento dei salari occorra imboccare con più decisione la strada della “economia della conoscenza” anche investendo in attività immateriali, competenze e formazione a tutti i livelli delle organizzazioni produttive.

Luca Beltrametti è professore ordinario di politica economica all'Università di Genova