È sempre più complicata la situazione della Trony, nota catena di distribuzione di elettrodomestici e prodotti tecnologici. I negozi chiusi sono circa 40, oltre 500 i lavoratori a rischio (180 a Roma, 120 in Puglia, 140 in Lombardia e 70 in Veneto). La Dps Group, una delle società del gruppo Gre (titolare del marchio) che gestiva i negozi ora chiusi, è stata dichiarata fallita il 15 marzo scorso. E mercoledì 28 marzo il giudice fallimentare del Tribunale di Milano non ha autorizzato l'esercizio provvisorio dei punti vendita. Una vertenza davvero difficile, dunque, che viene affrontata oggi (giovedì 5 aprile) a Roma, presso la sede del ministero dello Sviluppo economico, con l’incontro tra governo, azienda e sindacati.

Il mancato accoglimento dell’esercizio provvisorio ha fatto precipitare la situazione. Adesso il curatore fallimentare Alfredo Haumpt procederà alla pubblicità per la messa sul mercato degli asset aziendali, per poi passare alla vendita e agli altri atti di liquidazione, che dovrebbero concretizzarsi entro due mesi. Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil chiedono di fare presto: l'esercizio provvisorio serviva a garantire ammortizzatori sociali ai dipendenti, che ora sono rimasti senza stipendio, né possono usufruire della sospensione dei pagamenti di mutui e debiti. Ai lavoratori, infatti, stanno arrivando le lettere di sospensione senza retribuzione, con la data retroattiva al giorno della dichiarazione di fallimento della società della famiglia Piccinno.

Il marchio Trony è dal 1997 di proprietà del gruppo Grossisti riuniti elettrodomestici (Gre), presente in Italia dal 1972. Il gruppo è composto di più società, tutte italiane, che detengono oltre 200 punti vendita Trony distribuiti sull’intero territorio nazionale e contano oltre 3 mila dipendenti, con un giro d'affari complessivo di oltre un miliardo di euro. Il fallimento, dunque, riguarda soltanto la Dps Group, società appunto appartenente al gruppo Gre, proprietaria solo di alcuni degli oltre 200 negozi. Il gruppo Gre, in una nota, ha invece ribadito “la propria volontà di proseguire nello sviluppo sul territorio italiano, annunciando un piano che prevede per il 2018 circa 40 nuove aperture a marchio Trony”.

Tornando alla procedura fallimentare, per il momento sono arrivate alcune proposte di acquisto per determinati punti vendita, che però – secondo alcune indiscrezioni di stampa – dovrebbero assorbire neanche la metà dei 500 dipendenti. La speranza è che, con la campagna pubblicitaria e la messa sul mercato, possa farsi avanti qualche imprenditore interessato all’acquisizione dell’intero pacchetto. I sindacati, inoltre, rimarcano l’esigenza che l'iter della cessione sia anzitutto rivolto a conservare il maggior numero possibile di lavoratori.

“L'epilogo della Dps Trony è da addebitare all’incapacità imprenditoriale di guardare con maggiore lungimiranza al futuro e al saper far fronte alle trasformazioni investendo e innovando” spiega la Filcams Cgil, rimarcando di aver già dichiarato “poco credibile il piano industriale presentato nel 2017, che vedeva in giugno la nascita di una nuova società, denominata Vertex, che avrebbe dovuto rilanciare, oltre alla rete di vendita, anche il mercato dell'online. Purtroppo la conferma è arrivata quando l'imprenditore è stato costretto a chiedere il concordato preventivo in bianco, neanche sei mesi dopo aver annunciato il rilancio”. Ma la Filcams punta anche l’indice sul mondo della politica, che “nel cavalcare il cambiamento, ha prestato attenzioni esclusivamente alle evoluzioni dell'online, senza però individuare strumenti che avrebbero dovuto accompagnare il cambiamento, per governare il settore e non far ricadere tutto sul mercato del lavoro”.