Mercoledì 24 giugno 2009 è sciopero generale di otto ore in tutte le 1800 aziende italiane del settore chimico-farmaceutico e dell'intero Gruppo Eni (chimica, estrazione, raffinazione, gas). Previsti a Roma (ore 10,00) due presidi, rispettivamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri e presso la Direzione generale di Eni; il terzo a Milano (sempre dalle 10,00) davanti la sede di Federchimica, l'associazione degli imprenditori dell'industria chimica associata a Confindustria. Lo ricorda una nota della Filcem Cgil.

Le conseguenze della crisi
– accusano le Federazioni dei chimici e dell'energia Filcem-Cgil, Femca-Cisl, Uilcem-Uil che hanno proclamato lo sciopero – sono sotto gli occhi di tutti, soprattutto nel settore chimico-farmaceutico ( 81miliardi di euro di fatturato, il 9% del pil): riorganizzazioni, licenziamenti, aumento a dismisura della cassa integrazione, mobilità, possibili chiusure di stabilimenti, mancate conferme di lavoratrici e lavoratori a tempo determinato, oltre a migliaia di addetti “a rischio” nell'indotto e nelle aziende in appalto.

Così come per Fiat e Alitalia, la chimica non è da meno: i sindacati rivendicano da tempo un intervento diretto del Governo italiano, un piano industriale serio di rilancio del settore e l'apertura di un immediato confronto tra le parti (istituzioni, imprese, sindacati) “affinchè si passi dalle parole ai fatti – dicono i segretari generali di Filcem-Cgil, Femca-Cisl, Uilcem-Uil, Alberto Morselli, Sergio Gigli, Augusto Pascucci – e il Paese torni concretamente a ragionare sul futuro della chimica, in assenza del quale sarà inevitabile la dispersione di un significativo patrimonio di conoscenze tecnico-scientifiche e un ulteriore deterioramento della bilancia commerciale dei prodotti chimici, con conseguenze imprevedibili sull'occupazione, sulla bilancia dei pagamenti (il deficit commerciale ha già superato i 10 miliardi di euro, l'83% dei quali derivanti dai prodotti della chimica di base, n.d.r.) e sul resto dell'economia industriale”.