Si è concluso oggi (26 ottobre) a Firenze il convegno 'Per l'Europa del lavoro e della crescita', organizzato congiuntamente dalla Cgil, dall'Associazione Bruno Trentin e dalla Fondazione Friedrich Ebert. Per i sindacati europei è stata l'occasione di fare il punto della situazione, in vista della giornata di mobilitazione di mercoledì 14 novembre. Tra i tanti interventi, anche con opinioni diverse, i leader delle organizzazioni dei lavoratori hanno discusso sui prossimi passi per difendere i lavoratori e contrastare le politiche di austerity.

Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha invitato Cisl e Uil ad andare in piazza insieme, proprio in occasione del 14 novembre. "Pensiamo che nelle piazze il 14 novembre ci debbano essere Cgil, Cisl e Uil nel nome dell'Europa. Sarebbe una vera ferita se non riuscissimo ad esserci  sulla base della forza che la gravità della situazione impone", ha sottolineato. In generale, non vanno le politiche di rigore in tutta l'Unione europea: "L'Europa deve smetterla con il rigore e pensare al suo futuro. Le politiche del rigore stanno tagliando il lavoro e il welfare. Il welfare e' in questa stagione una risposta centrale e non bisogna fare come il nostro governo che qualche volta fa il primo della classe. Noi chiediamo un'Europa dell'uguaglianza e del welfare capace di creare lavoro".

Anche Guglielmo Epifani, presidente dell'associazione Bruno Trentin, ha ricordato la mobilitazione del 14: "La Ces ha deciso una giornata di mobilitazione per tutta Europa - ha detto -.  La crisi toglie la speranza e allarga le disuguaglianze tra generazioni. Oggi l'Europa è una nave con mare in tempesta con troppe guide, in balia di onde e eventi con processi che non si riesce a governare". A suo avviso serve un'agenzia di rating europea. "Abbiamo pensato a una moneta unica ma non a strutture di supporto. Ora ci sono Paesi che ci guadagnano ed altri in difficoltà. Adesso ci vuole un senso di democrazia comune. Pensare a se stessi in Europa non è il futuro: chiudere stabilimenti, fare alleanze a scapito di altri fa nascere i nazionalismi".

"Chi favorisce l'inclusione sociale ha anche migliori risultati economici. Siamo favorevoli ai sacrifici ma vanno fatti insieme, in modo condiviso". Sono le parole di Jesus Caldera Sanchez Capitan, leader del Psoe. "Per molto tempo la politica non ha fissato regole di governo giuste per l'economia - ha spiegato -. Noi dimostrammo che politica ha un valore: abbiamo ritirato 8 giorni dopo il nostro insediamento, truppe da Iraq, abbiamo fatto una legge per l'uguaglianza di genere e alzato il salario minimo, abbiamo messo obblighi alle imprese. I sacrifici devono essere condivisi, si può ridurre il salario ma non si possono non abbassare i prezzi e altro per equità".

Ha parlato anche Zita Gurmai, presidente delle donne del Pse. "La sinistra deve riprendersi i giovani ed è necessario pensare alle donne, troppo poche nelle leadershipe europee - ha sostenuto -. La risposta giusta è quella di Hollande, lui capisce cos'è l'Europa sociale. C'è necessità di Europa dei giovani, oggi ci sono cinque milioni e mezzo di giovani disoccupati: dobbiamo ascoltarli per offrirgli qualcosa. Noi socialdemocratici dobbiamo capire che disuguaglianza di genere è questione di democrazia. Si può vincere solo se si capisce che donne e uomini devono essere sullo stesso cammino".

Klaus Barthel, esponente della Spd, ha affermato: "Dobbiamo dare alla Banca centrale europea possibilità di dare stabilità alla moneta e all'economia, non certo con il solo intervento fiscale. Il gruppo parlamentare della Spd ha votato no al fiscal compact - ha ricordato -. Bisogna ridurre i tassi per mettere fine a speculazione, e poi non dobbiamo permettere che i soldi dei lavoratori e dei cittadini finiscano nella speculazione. L'austerità deve finire  - ha aggiunto Barhel - attraverso riforme, abbiamo bisogno di programma europeo per crescita e investimenti. Serve un 'new deal' per Europa, un più forte settore e maggiori responsabilità dello Stato in Tlc, energia, trasporti in cui dobbiamo fare attenzione. Non c'è solo necessità di investimenti, bisogna sviluppare un modello di cooperazione e partenariato sociale".

In Europa ci sono 25 milioni di disoccupati, ha ricordato l'ex presidente del Senato del Pd, Franco Marini. "In Italia siamo al 10,8%. La media tra i 27 e Eurozona varia, anche se di poco. Mentre in Europa del nord situazione migliora. In Italia, Spagna e Grecia la metà dei giovani è disoccupata. Barroso, Schultz parlano di una chiara presa di coscienza". Se non c'è domanda interna non si esce dalla crisi, ha detto Marini. "Bisogna cambiare la legge di stabilità di Monti, ma bisogna farlo a in direzione del lavoro. L'austerità senza risorse non è buona politica, l'agenda Monti per ora ha prodotto tagli lineari della spesa. Dobbiamo intervenire settore per settore dove si può, toccando anche la spesa pubblica come non si è fatto in passato".

Gli interventi della prima giornata
I lavori sono stati aperti da Alessio Gramolati, segretario generale Cgil Toscana, secondo il quale l’Europa deve tornare ad essere modello di coesione. Gramolati ha sottolineato il “no alla de contrattualizzazione” e un “sì a maggior democrazia in Europa”.

Dopo l’intervento di Gianfranco Simoncini, assessore della Regione Toscana, ha preso la parola Michael Braun, presidente della Fondazione Ebert Italia. “L'anno scorso questa analoga iniziativa si intitolava ‘uscire dal tunnel’ – ha detto Braun -. Qualcosa è accaduto: non c'è più Berlusconi, non c'è più Sarkozy. Ma aumentano le divergenze, c'è divaricazione crescente, rigore, tasse. Sappiamo a cosa è dovuto, alla cancelliera Merkel”. Ma “esiste un'altra Germania”, ha detto Braun, quella della Spd, che insieme ai socialisti francesi e al Pd di Bersani sta “definendo una linea comune per l'Europa”.

Fausto Durante, del segretariato Europa Cgil, ha ricordato lo sciopero dei sindacati europei del 14 novembre: “Stiamo discutendo in Italia cosa fare, anche con altri Paesi. La Ces è orientata a concentrare in unico giorno tutte le iniziative. Anche Cisl e Uil spero siano coerenti con le scelte prese in Europa dei sindacati europei. Occorre unitarietà del mondo del lavoro”. Durante ha sottolineato alcuni “principi fondamentali”: l’“opposizione a misure di austerità. Consolidare l’alleanza tra i sindacati europei per fermare lo smantellamento dello stato sociale”. Inoltre il “Patto di stabilità va allentato per liberare risorse per crescita e produttività”.

Nel suo intervento Klaus Busch, dell’università di Osnabrük, ha sottolineato che “l'indebitamento eccessivo è stata la causa” della crisi, peggiorata dal fatto che “l'Europa non ha un'unione politica”. Secondo lo studioso andrebbero prese alcune misure: 1) Un “new deal”. Attuare programmi ecologici, coordinare autorità con Stati meridionali. 2) Gli Eurobond. 3) Un “governo economico europeo”, secondo Busch è “fondamentale”, perché “la gestione comune del debito evita falle e permette di uscire a tempo debito dalla crisi”.

Michael Sommer, presidente del DGB, la confederazione sindacale tedesca, ha detto che o “l’Europa sarà sociale o non ci sarà Europa. Ora siamo di fronte a un bivio” e “c'è una contraddizione nel movimento sindacale europeo: vediamo diversi interessi ma emergenze diverse. Non è un problema del vertice dei sindacati, ma è una forma di difesa dei propri interessi interni”. Ma bisogna “capire cosa fare nell'interesse dei lavoratori per salvare Europa comune. Se perdiamo questa idea perderemo i nostri lavoratori e lavoratrici. “Una istituzione ha detto Sommer - non può essere salvata se la sua idea fallisce: non posso salvare l’Europa senza modello sociale.” Il Fiscal Compact “concordato contro Lisbona, Maastricht e Roma” è un “passo verso la distruzione del modello sociale”.

Sommer ha ricordato che oggi il 25% dei lavoratori tedeschi sono in povertà, in seguito alle riforme del lavoro di socialdemocratici e verdi (Agenda 2000). “Oggi la Germania è guarita? Forse sì, ma ci sono state amputate braccia e gambe. Abbiamo accordato politiche di riduzioni e fatto accordi per lavorare”, ma al prezzo di sacrifici e concessioni. “In Germania – ha concluso - è difficile organizzare qualcosa per il 14 novembre e dobbiamo trovare le alternative. Stamani ho parlato con altri sindacati e avremo coinvolgimenti dei rappresentanti nei comitati aziendali, dei delegati. Più di quanto pensavo in partenza. Possiamo farcela e sarà una tappa fondamentale sulla strada comune verso il futuro”.

Marcel Grignard, della segreteria nazionale CFDT, il sindacato francese, ha ricordato che “in Europa c'è una cosa che ci accomuna, l'aumento della disoccupazione e della precarietà, crescerà ancora nel 2013 con la crescita di populismi e demagogia e un conseguente rischio per la democrazia. In Francia è successo qualcosa, c'è stata la vittoria di Hollande. Hollande ha proposto ai sindacati di affrontare i problemi con il dialogo sociale prima che il Parlamento affrontasse gli stessi problemi in termini legislativi. Ci siamo incontrati ed abbiamo trovato un accordo, che sarà molto difficile far passare nel paese e fra gli altri sindacati. I problemi sono iniziati prima della crisi, quando con l'entrata nell'unione dei paesi dell'est si sono create le condizioni per il dumping sociale. La globalizzaione prima e la crisi poi hanno aggravato il tutto”. “Quando aumentano le disuguaglianze – ha proseguito - aumentano anche i rischi per il sindacalismo europeo. Non abbiamo niente da dire in proposito? No, a livello teorico abbiamo delle risposte, la fine dell'austerità è una. Ci mancano proposte concrete, obbiettivi precisi che valgano per tutti i lavoratori di tutti i paesi, che rispondano alle domande dei lavoratori. Se questo non avverrà negli anni a venire il modello sociale scricchiolerà e l'Europa diventerà attore marginale del mondo.”

Georges Dassys, presidente del GSEE greco, ha ricordato che “l'austerità porta a recessione e a misure sbagliate. Perché a livello mondiale non possiamo esprimerci con unica voce? Perché preferiamo gli accordi bilaterali? Spero – ha detto - che tra Ces e sindacati troviamo una linea comune perché non credo sia possibile pretendere accordi dagli altri se non ci mettiamo d'accordo noi”.

Ignacio Fernandéz Toxo, segretario generale delle Comisiones Obreras spagnole, ha definito “storica” l’iniziativa europea comune del 14 novembre. “È un passo avanti da completare con altri passi, senza aspettare troppo. Dopo quattro anni e mezzo di crisi si fa un'azione comune. Una giornata di azione e solidarietà”. In Spagna “austerità e riduzioni di spesa determineranno un 2013 peggiore del durissimo 2012. Quest'anno ci saranno più di sei milioni di disoccupati. Le protezioni sociali hanno limiti e milioni di persone saranno senza alcun tipo di protezione. La disoccupazione giovanile è arrivata quasi al 53%. Lo scoppio della bolla immobiliare ha creato disastri nell'occupazione e nella tenuta del welfare. In Europa (in particolare riguardo a Grecia Italia Portogallo Spagna) la crisi è politica, alimentare, sociale; non solo economica”.

“Nei paesi in crisi cresce l’antipolitica – ha proseguito Toxo -, e c’è anche il tentativo di limitare l’azione sindacale”. Il “modello sociale in ognuno dei Paesi deve essere corretto grazie alla presenza del pubblico in economia e nei servizi. Per iniziare una nuova fase la soluzione è: più Europa. Una cessione di sovranità all’ Europa su altre basi per preservare il modello sociale europeo. Il movimento sindacale deve occupare gli spazi lasciati vuoti. È importante muoversi e il nuovo paradigma deve considerare il lavoro come base, punto centrale per la redistribuzione della ricchezza”.

(la webcronaca integrale)