“Si deve ripartire da un piano del lavoro mirato sui giovani, senza il quale il paese non uscirà da questa crisi”. Parlando con La Stampa, Susanna Camusso mette l’accento su quanto sia errato puntare solo sul rigore. “Noi stiamo lavorando a una proposta organica di sviluppo e di crescita. Servono risorse, ma non si può insistere sull’impossibile logica del rigore e del solo controllo del debito. Così si amplifica la recessione ed evidentemente bisogna cambiare politica. Come? Con una vera redistribuzione fiscale attraverso una patrimoniale, che non è una bestemmia; non riducendo il perimetro dello Stato, ma valorizzando beni (non le aziende pubbliche e le municipalizzate) alienabili; mettendo in moto investimenti in grandi imprese; guardando verso il futuro con le reti digitali, l'innovazione, la chimica verde”.

E se le recenti decisioni del vertice Ue di Bruxelles “sono il segno di un cambiamento, la presa d'atto che ci vuole un'Europa politica in grado di contrastare la speculazione”, e “sono merito della riacquisita credibilità dell'Italia, ma soprattutto della vittoria di Hollande in Francia”, “c'è un problema tutto italiano: le politiche di rigore non bastano. Bisogna far emergere risorse sommerse, c'è una distribuzione del reddito iniqua che deprime i consumi e riduce la produzione. Se una parte fondamentale del paese, quella che vive di lavoro e pensioni, non ce la fa, il paese non ha speranza di crescita”.

“La spending review – dice ancora il segretario generale della Cgil – in sé è utile; l'altolà è per le ricette che abbiamo sentito annunciare, che ci sembrano solo una somma di tagli lineari. Bisogna riformare la pubblica amministrazione, eliminare i doppioni? Siamo d'accordo. Bisogna intervenire sugli organici? Cominciamo a tagliare le consulenze, che valgono 1,5 miliardi, e non i ticket restaurant, che ne valgono 10 milioni. Ci sono grandi divari nelle retribuzioni? Paghiamo gli stipendi oltre una certa soglia in titoli pubblici. Eliminiamo le 3.000 società che servono solo alla politica. Invece, si vuol ripetere l'errore della riforma delle pensioni: si taglia sui lavoratori pubblici per fare immediatamente cassa, generando altra iniquità e recessione».

E dal confronto con il governo i sindacati si aspettano “che si apra una discussione. Che si possano fare proposte di riforma della pubblica amministrazione. Che si lasci fuori istruzione e sanità. Che si mettano da parte i tagli lineari, sia pure con altro nome. Non nascondo il timore che il governo voglia ancora comunicarci decisioni già prese, e decisioni sbagliate. Se così fosse non potremmo che decidere come reagire”.